Lavoro

Trasferimento di azienda, riconosciuto per la prima volta il diritto di opposizione del lavoratore ceduto

La pronuncia in commento (Tribunale di Ravenna, Sent. 26 giugno 2025) rischia di aprire una breccia in un orientamento, da anni consolidato, che negava il diritto dei lavoratori ad opporsi al trasferimento

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di Michele Giammusso*

La Sentenza in questione tratta di un trasferimento di ramo di azienda con oltre cento dipendenti ceduto da un istituto bancario ad una società di nuova costituzione.

I ricorrenti, la stragrande maggioranza dei lavoratori, dichiaratisi dissenzienti al trasferimento dei loro rapporti di lavoro, impugnano la cessione e chiedono che la banca venga condannata al ripristino del rapporto di lavoro, senza soluzione di continuità rispetto alla cessione. Il Tribunale di Ravenna accoglie il ricorso dei lavoratori.

In punto di trasferimento d’azienda, la giurisprudenza ha da sempre ritenuto che il lavoratore non avesse diritto ad opporsi alla cessione. Ciò in quanto la cessione d’azienda configurerebbe una successione legale nel contratto di lavoro, con conseguente esclusione, ai fini del perfezionamento del contratto di cessione, del consenso dei lavoratori ceduti.

Il Tribunale di Ravenna ritiene che detto orientamento giurisprudenziale non sia conforme ai principi comunitari in materia e che debba quindi essere disatteso.

In particolare, le sentenze della corte di giustizia europea riconoscono espressamente il diritto del lavoratore ad opporsi alla cessione automatica del proprio rapporto di lavoro ed è in questo senso che va interpretata la normativa italiana in materia di cessione d’azienda.

Pertanto, per i lavoratori che si oppongano al trasferimento non si configura alcun automatico passaggio alle dipendenze del cessionario, ma essi hanno diritto a rimanere alle dipendenze del cedente.

Il Tribunale di Ravenna argomenta così la sua decisione

L’art. 2112 c.c., che disciplina i diritto dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda è stato novellato in attuazione delle direttive comunitarie 77/187/CEE, 98/50/CE e 2001/23/CE. Lo scopo di tali direttive era quello di tutela dei lavoratori a fonte del passaggio ad un altro soggetto dell’azienda nella quale i primi lavoravano e vogliono continuare a lavorare ed è per questa ragione che è stata adottata una nozione iper-estensiva di “azienda” e di “ramo d’azienda – nozione che considera ramo d’azienda qualsiasi “articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento” (art. 2112, c.c. , ult. comma).

Tuttavia, sottolinea il Tribunale di Ravenna, la nozioni iper-estensive di azienda e di ramo d’azienda vanno applicate alle ipotesi in cui i lavoratori aspirano a rimanere a lavorare all’interno dell’azienda ceduta e, dunque, di “passare” dal cedente al cessionario, con il passaggio dell’azienda.

Quando invece i lavoratori non volessero passare alle dipendenze del cessionario, la CGUE (sentenze Katsikas, Merckx e Temco) riconosce che il trasferimento automatico del rapporto di lavoro alle dipendenze del cessionario non opera e che in caso di dissenso rispetto al trasferimento, visto che il rapporto non prosegue con la cessionaria – “o il contratto può essere considerato risolto, nell’impresa cedente, su domanda del datore di lavoro o su domanda del dipendente, o il contratto può continuare con tale impresa” (sentenza CGUE Temco).

In conclusione, in caso di opposizione dei lavoratori al trasferimento, non c’è alcun “passaggio” automatico alle dipendenze del cessionario ma vanno invece applicate le norme generali che nel caso di specie sono gli art. 1372 e 1406 c.c., con la conseguenza che per il transito dei rapporti di lavoro al cessionario occorre il consenso del lavoratore ceduto.

Si tratta senza dubbio di una pronuncia che farà molto discutere e da cui possono derivare conseguenze dirompenti nelle operazioni di trasferimento d’azienda.

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*Michele Giammusso, Avvocato Giuslavorista presso Nunziante Magrone

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