Famiglia

Famiglia e successioni: il punto sulla giurisprudenza dei giudici di merito

La selezione delle pronunce di merito del 2022

di Valeria Cianciolo

Si segnalano in questa sede i depositi della giurisprudenza di merito in materia di diritto di famiglia e delle successioni 2022. Le pronunce in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni:

1.   Separazione con addebito. Espressioni offensive e gelosia patologica nei confronti del marito ed inserimento di microspie sul luogo di lavoro; 

2.     Revocatoria ordinaria , adempimento di accordi assunti nell'ambito di procedimento divorzile e giurisdizione;

3.     Configurazione del reato di maltrattamenti per l’imposizione del velo islamico;

4.     Riconoscimento giudiziale di paternità e prova dell'illecito endo-familiare;

5.     Separazione. Distinzione tra spese ordinarie e spese straordinarie;

6.     Minori e vaccini. Il giudice può rigettare la richiesta di vaccinare i minori se li considera immaturi;

7.     Onere della prova ai fini del conferimento dell'assegno sociale.

 

1. SEPARAZIONE CON ADDEBITO - Espressioni offensive e gelosia patologica nei confronti del marito ed inserimento di microspie sul luogo di lavoro  (Cc, articoli 151, 156, 337-ter e 433)
Riconosciuto l’addebito della separazione se provato il nesso causale tra la esagerata gelosia mostrata dalla moglie e gli epiteti volgari in più occasioni pronunciati nei confronti del marito ed il fallimento dell'unione matrimoniale.
L’addebito della separazione alla moglie è stata motivata della gelosia "tanto patologica quanto immotivata" mostrata dalla donna  ed estrinsecatasi anche nella collocazione di due "microspie" o "cimici" all'interno dello studio professionale del marito e nelle ripetute aggressioni verbali, anche tramite missive o messaggi telefonici, poste in essere nei confronti del coniuge al quale erano addebitati inesistenti tradimenti, nonché dell'utilizzo pressoché continuo di epiteti ingiuriosi e volgari nei confronti non solo del marito e della sua presunta amante.
L'esclusione del diritto all'assegno per il coniuge cui sia stata addebitata la separazione non priva completamente di tutela il marito o la moglie economicamente più debole, cui vengono comunque garantiti il diritto agli alimenti e, in caso di morte del coniuge, quello ad un assegno vitalizio in sostituzione della quota di riserva.
Tribunale di Forlì, sentenza 2 febbraio 2022 n. 107 – Pres. Talia, Giud. Est. Orlandi

 

2. REVOCATORIA ORDINARIA - Adempimento di accordi assunti nell'ambito di procedimento divorzile e giurisdizione (Cc, articolo 2901; Legge 31 maggio 1995 n. 218, articolo 3)

  Il difetto di giurisdizione può essere rilevato, in qualunque stato e grado del processo, soltanto dal convenuto costituito che non abbia espressamente o tacitamente accettato la giurisdizione italiana. E' rilevato dal giudice d'ufficio, sempre in qualunque stato e grado del processo, se il convenuto è contumace, se ricorre l'ipotesi di cui all'art. 5, ovvero se la giurisdizione italiana è esclusa per effetto di una norma internazionale . L'atto con il quale un coniuge, in esecuzione degli accordi intervenuti in sede di separazione consensuale, trasferisca all'altro il diritto di proprietà (ovvero costituisca diritti reali minori) su un immobile è suscettibile di azione revocatoria ordinaria, non trovando tale azione ostacolo né nell'avvenuta omologazione dell'accordo suddetto - cui resta estranea la funzione di tutela dei terzi creditori e che, comunque, lascia inalterata la natura negoziale della pattuizione -, né nella circostanza che l'atto sia stato posto in essere in funzione solutoria dell'obbligo di mantenimento del coniuge economicamente più debole o di contribuzione al mantenimento dei figli, venendo nella specie in contestazione non già la sussistenza dell'obbligo in sé, di fonte legale, ma le concrete modalità di assolvimento del medesimo, convenzionalmente stabilite dalle parti. Ai fini dell'applicazione della differenziata disciplina di cui all'art. 2901 c.c., la qualificazione dell'atto come oneroso o gratuito discende dalla verifica, in concreto, se lo stesso si inserisca, o meno, nell'ambito di una più ampia sistemazione "solutorio-compensativa" di tutti i rapporti aventi riflessi patrimoniali, maturati nel corso della quotidiana convivenza matrimoniale"

(Nel caso in esame, non è stato dimostrato adeguatamente da parte convenuta, che non ha offerto in comunicazione idonea documentazione né si è messa altrimenti in prova in ordine agli accordi economici di divorzio e alla pretesa natura sostanzialmente solutoria e compensativa del trasferimento immobiliare.).

Tribunale di Forlì, sentenza 17 gennaio 2022 n. 46 - Giudice Sarton i

 

3. MALTRATTAMENTI - L’imposizione del velo islamico contro la volontà di chi la subisce integra il reato di maltrattamenti (Cp articoli 29, 32 133 e 572)
Se l'integrazione non impone l'abbandono della cultura di origine, in consonanza con la previsione dell'art. 2 Cost. che valorizza il pluralismo sociale, il limite invalicabile è costituito dal rispetto dei diritti umani e della civiltà giuridica della società ospitante. E' quindi essenziale l'obbligo per l'immigrato di conformare i propri valori a quelli del mondo occidentale, in cui ha liberamente scelto di inserirsi, e di verificare preventivamente la compatibilità dei propri comportamenti con i principi che la regolano e quindi della liceità di essi in relazione all'ordinamento giuridico che la disciplina. La decisione di stabilirsi in una società in cui è noto, e si ha consapevolezza, che i valori di riferimento sono diversi da quella di provenienza ne impone il rispetto e non è tollerabile che l'attaccamento ai propri valori, seppure leciti secondo le leggi vigenti nel paese di provenienza, porti alla violazione cosciente di quelli della società ospitante.La società multietnica è una necessità, ma deve rispettare l'unicità del tessuto culturale e giuridico del nostro paese.Nessun ostacolo viene in tal modo posto alla libertà di religione, al libero esercizio del culto e all'osservanza dei riti che non si rivelino contrari al buon costume. La libertà religiosa, garantita dall'art. 19 Cost. deve essere rispettosa della pacifica convivenza e della sicurezza.La sentenza valorizza l'autodeterminazione personale riconducendo la nozione di maltrattamento, ex art. 572 cod. pen., a qualsiasi condotta impositiva di regole o costumi contro la volontà di chi la subisce.
Tribunale di Lecce, sentenza 23 febbraio 2022 n. 531 – Giud. Marian o

 

NOTA

Sebbene il provvedimento del Tribunale di Lecce non ne faccia menzione, la sentenza si allinea a quell’orientamento giurisprudenziale, ormai affermatosi da tempo in Italia in tema di reati culturalmente orientati. Il nostro Paese è diventato ormai da più di vent’anni un luogo a forte concentrazione immigratoria di provenienza maghrebina o comunque, di area musulmana e il diritto si è dovuto misurare con nuove realtà. La Cassazione argomenta incisivamente il netto rifiuto nei confronti di un’applicazione “culturalmente differenziata” del diritto penale, calibrata cioè sulle tradizioni religiose e sul background etnico e culturale del destinatario della norma penale.

Per comprendere pienamente il significato di questa pronuncia, è necessario prendere le mosse dalla nozione di reato c.d. “culturalmente orientato” (o “culturale”) fatta propria dalla giurisprudenza e dalla dottrina: si parla di reato “culturale” quando “un’azione commessa da un immigrant, da un indigeno o da un appartenente ad una cultura minoritaria, pur se considerata come reato dal sistema penale (espressione della cultura maggioritaria), viene giustificata, accettata, promossa o approvata all’interno del proprio gruppo. Il reato culturale, pertanto, si configura soltanto dinanzi al presupposto che il background culturale dell’agente ha avuto un ruolo importante, anzi decisivo, nella realizzazione della condotta criminosa…” ( MonticelliLe cultural defences (esimenti culturali) e i reati «culturalmente orientati». Possibili divergenze tra pluralismo culturale e sistema penale, in Indice Pen., 2003, 540. Secondo De MaglieSocietà multiculturali e diritto penale: la cultural defence, in Studi Marinucci, Milano, 2006, 229, chi commette un reato culturale si trova in una situazione di «conflitto esterno» tra le norme di condotta del suo gruppo, interiorizzate nei primi anni della sua vita, e i valori del nuovo sistema, che egli non ha ancora acquisito completamente. In questo caso, «non è l’individuo ad essere deviante rispetto alle norme della società ospitante, ma è il gruppo a cui lui fa riferimento».).

In relazione al tema dei reati culturalmente orientati, la giurisprudenza di legittimità, specie per il delitto di maltrattamenti in famiglia, tende a essere piuttosto rigorosa, negando la possibilità di escludere la colpevolezza del soggetto attivo (sia sul piano del dolo, sia in relazione all’ignoranza della legge penale).

La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, affermato che il giudice non può mai sottrarsi al suo compito di applicare le norme vigenti, non potendosi ammettere qualsiasi soluzione interpretativa che pretenda di escludere la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, invocando le convinzioni religiose e il retaggio culturale dell’imputato. Tale interpretazione, infatti, si porrebbe in contrasto con le norme cardine che informano e stanno alla base dell’ordinamento giuridico italiano e della regolamentazione concreta dei rapporti interpersonali. In particolare, nei confronti di soggetti che risultino portatori di tradizioni sociali o religiose e abitudini antropologiche confliggenti con la norma penale, il compito del giudice non può mai attuarsi al di fuori o contro le regole che, nel nostro sistema, fissano i limiti della condotta consentita e i profili soggettivi, nella cornice della irrilevanza dell’ignorantia iuris, pur letta in conformità all’interpretazione della Corte costituzionale

La giurisprudenza esclude anche la possibilità di ricorrere a cause di giustificazione, quali l’esercizio di un diritto o il consenso dell’avente diritto, in quanto ci si trova di fronte a condotte contrarie ai principi cardine del nostro ordinamento, ex artt. 2, 29 e 30 Cost..

 

4. RICONOSCIMENTO GIUDIZIALE DI PATERNITÀ - L'illecito endofamiliare deve essere provato da chi agisce in giudizio (Cc, articoli 147, 148 e 254)

In tema di danno per mancato riconoscimento di paternità, l'illecito endofamiliare attribuito al padre che abbia generato ma non riconosciuto il figlio, implica la consapevolezza della procreazione che, pur non identificandosi con la certezza assoluta derivante esclusivamente dalla prova ematologica, presuppone comunque la maturata conoscenza dell'avvenuta procreazione, non evincibile tuttavia in via automatica dal fatto storico della sola consumazione di rapporti sessuali non protetti con la madre, ma anche da altri elementi rilevanti, specificatamente allegati e provati da chi agisce in giudizio.

(Nella specie l'attore non ha dato prova corrispondente del fatto costitutivo della domanda, ed in particolare del fatto che il padre convenuto avesse avuto conoscenza della gravidanza prima e della nascita poi, da consentirgli l'assolvimento degli obblighi giuridici connessi alla filiazione ex art.147 c. civ., sin quando tali doveri fossero stati attuali.).

T ribunale Taranto, sezione I, sentenza 2 marzo 2022, n. 534 – Giud. Magg i

 

NOTA

Affinchè si possa parlare di responsabilità del genitore e del consequenziale diritto del figlio al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali occorre l’abbandono e la consapevolezza del concepimento da parte del genitore inadempiente che non si identifica con la certezza assoluta della procreazione, ma con la prova della verosimile derivazione biologica del figlio dal genitore convenuto in giudizio.

Nel caso in esame, l’attore, se avesse avuto realmente il bisogno di un padre affettivo e sostentativo, avrebbe dovuto chiederlo subito, cioè al compimento della maggiore età. Il Tribunale non ha riconosciuto alcun ristoro economico fondamentalmente perché solo prossimo ai trent’anni di età ha avuto uno sporadico rapporto con il padre e dunque, non può ora dolersi, per ragioni squisitamente economiche, della sua prolungata assenza, poiché questa era dovuta principalmente alla sua inerzia, in termini di concorso al prodursi dell’evento lesivo. Se è vero che la legge (art. 270 c.c.) dichiara imprescrittibile la relativa azione, è anche vero che ciò riguarda il diritto di vedersi riconosciuto un padre, che non ha natura economica, ma non il diritto di far maturare sine die le conseguenze economiche del mancato riconoscimento.

Sicché il danno da attività illecita di questo tipo deve essere circoscritto al c.d. pretium doloris, e la misura del ristoro non patrimoniale da mancato riconoscimento della paternità naturale non può che riferirsi all’arco della vita che va dalla nascita al compimento della maggiore età, in quanto il figlio può scegliere se agire o meno contro il padre, se è a conoscenza della sua identità (e qui lo era, per la stessa narrativa attorea).

Il criterio temporale dei 18 anni di vuoto affettivo risulta idoneo anche sotto il profilo della congruità rapportata all 'id quod plerumque accidit, secondo cui è nei primi anni di vita, fino al raggiungimento della maggiore età, che più si sente il vuoto genitoriale, poi inevitabilmente colmato col tempo dall'abitudine e dalle esperienze personali, e non può sostenersi che il vuoto affettivo possa essere durato tutta la vita.

 

 

5. SEPARAZIONE - Distinzione tra spese ordinarie e spese straordinarie (Cc, articolo 337-bis)

Quanto agli obblighi di mantenimento nei confronti dei figli, il coniuge non affidatario dei figli minori deve contribuire al mantenimento di questi, versando un assegno mensile di cui deve essere determinata l'entità, rivalutabile in rapporto all'aumento del costo della vita.

Egli deve inoltre contribuire alle spese straordinarie che devono essere sostenute a favore dei figli (Nel caso in esame, previste nella misura del 50%).

Tribunale Savona, sezione Unica, sentenza 24 febbraio 2022, n. 189 - Pres. Atzeni, Giud. Est. Passalalpi

 

NOTA

Non essendovi una definizione di spesa straordinaria, la giurisprudenza ha dettato dei criteri per perimetrarne il concetto:

1. Per "spese straordinarie" devono intendersi quelle spese concernenti situazioni prevalentemente eccezionali o comunque episodiche nella vita dei figli, come le spese per interventi chirurgici, odontoiatrici, viaggi di studio;

2. la giurisprudenza reputa rientrino nel concetto di spese straordinarie anche gli eventi, che seppure prevedibili, non possono considerarsi inclusi nella normale contribuzione al mantenimento poiché comportano una significativa modificazione della regolamentazione delle spese già definita dell'assegno di mantenimento a causa del loro elevato ammontare. In questa categoria sono state individuate le spese per tasse scolastiche ed universitarie, per libri di testo e materiale scolastico di inizio anno, dove la straordinarietà della spesa deriva dalla sua incidenza nella complessiva economia del nucleo familiare;

3. sono escluse dal concetto di spese straordinarie le spese medico-farmaceutiche o per il materiale scolastico, qualora l'acquisto sia di moderato importo e risultino prevedibili nel corso dell'anno. Sono dunque, a carico al singolo genitore che avrà cura dei figli in coincidenza con il presentarsi della necessità della spesa;

4. le spese più importanti concernenti lo studio, lo svago e la salute, devono, in regime di affidamento condiviso, essere previamente concordate tra i coniugi. Pertanto, il coniuge non collocatario ha il diritto di sapere le eventuali necessità dei figli e di stimarne la congruità e la correttezza salvo le spese urgenti, poiché la bigenitorialità richiede che le scelte relative ai figli siano concordate, non solamente nei loro riflessi economici, ma anche in funzione del concorso dei genitori nel perseguimento dell'interesse dei minori;

5. se così è, le spese sportive, ricreative e relative agli studi dovrebbero essere sempre concordate, indipendentemente da specifiche previsioni sul punto, in conformità ai principi della bigenitorialità e del diritto di partecipazione dell'altro coniuge alle scelte relative ai minori su temi educativi e formativi, in quanto ampiamente preventivabili, e suscettibili di orientare comunque la vita sociale e di relazione del figlio, oltre che concorrere allo sviluppo della personalità dello stesso, nonché di incidere sui coniugi nel corso dell'anno.

 

 

 

6. MINORI E VACCINI – Il giudice può rigettare la richiesta di vaccinare i minori se li considera immaturi (Cc, articolo 316)

Il giudice può rigettare la richiesta avanzata da uno dei genitori in ordine alla vaccinazione dei figli minori qualora ne prospetti l’immaturità stante la mancata percezione o comunque considerazione degli aspetti sanitari.

(Il provvedimento si discosta dalla giurisprudenza di merito che si è consolidata negli ultimi tempi in tema di vaccini. Nel caso in esame, i due figli più piccoli della coppia hanno evidenziato una immaturità e consapevolezza in ordine alla richiesta medica avanzata come pure le dichiarazioni rese dall'altro figlio in sede di ascolto davanti al giudice non avendo il ragazzo minimamente considerato l'aspetto dei possibili rischi per la propria salute e dimostrando di avere una conoscenza superficiale degli effetti benefici dei vaccini, specie in punto di efficacia nella prevenzione dei contagi.).

Tribunale Pistoia, sentenza 4 marzo 2022

 

 

7. ASSEGNO SOCIALE – Onere della prova ai fini del conferimento dell'assegno sociale (Legge 8 agosto 1995, n. 335, articolo 3; Cc art. 2697)

Ai fini del conferimento dell'assegno sociale, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge n. 335 del 1995 spetta all'interessato che ne abbia fatto istanza l'onere di dimostrare il possesso del requisito reddituale, determinato in base ai rigorosi criteri richiesti dalla legge speciale.

(Nel caso di specie, parte ricorrente non ha offerto prova idonea al fine di dimostrare il possesso di redditi inferiori al limite previsto per poter beneficiare dell'assegno sociale e neppure a fronte della specifica contestazione sul punto da parte dell'Inps in merito all'assenza del requisito reddituale, ha offerto prova idonea al fine di dimostrare il possesso di redditi inferiori al limite previsto per poter beneficiare dell'assegno sociale, essendosi limitata a produrre attestazione ISEE 2020 che alcun valore probatorio riveste in sede processuale).

Tribunale Cosenza, sezione lavoro, sentenza 12 gennaio 2022, n. 18 – Giud. Cavalcan ti

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