Penale

Concordato in appello, richiesta «telematica» possibile per tutti i reati

Eliminata la norma che escludeva molte fattispecie, tra cui mafia e terrorismo. Cambia anche la procedura: la domanda va fatta almeno 15 giorni prima dell’udienza

di Guido Camera

Il concordato in appello si allarga e diventa esperibile per tutti i reati. A prevederlo è la riforma della giustizia penale, contenuta nel decreto legislativo 150/2022, con una disposizione in linea con la spinta verso forme di risoluzione negoziale delle controversie penali, che permea tutto il testo.

Prima della riforma, infatti, il concordato era vietato per un esteso catalogo di delitti, non solo di criminalità organizzata o terrorismo: erano elencati dal comma 2 dell’articolo 599-bis del Codice di procedura penale, che però ora è stato abrogato con l’entrata in vigore del decreto 150, avvenuta il 30 dicembre scorso. Dietro a questa scelta ci sono le aspettative di deflazione del lavoro delle Corti d’appello e l’obiettivo di ridurre i tempi processuali.

Il concordato in appello era stato soppresso dalla legge 125/2008, per dare un segnale di severità e rafforzare il patteggiamento preprocessuale previsto dall’articolo 444 del Codice di procedura penale, che sembrava disincentivato dall’opportunità offerta all’imputato di ottenere un accordo con l’accusa anche dopo la celebrazione del giudizio di primo grado. Tuttavia, il crescente numero dei procedimenti d’appello pendenti che l’abrogazione ha comportato – passati da 157.996 nel 2007 a 275.596 nel 2017 – ha indotto il legislatore a ripristinarlo con la legge 103/2017, che però ne ha limitato il raggio d’azione.

Ora il legislatore punta a tornare ai numeri precedenti al 2008 (e a migliorarli, con le riforme su sanzioni e riti alternativi).

Cambia anche la procedura di richiesta di concordato, che non potrà più essere avanzata direttamente in udienza. La riforma prevede che, a pena di decadenza, la dichiarazione congiunta delle parti sull’accordo debba essere presentata alla Corte 15 giorni prima dell’udienza con le nuove forme “telematiche” previste per la presentazione e la rinuncia alle impugnazioni.

Se i giudici d’appello non ritengono di poter accogliere la richiesta concordata tra le parti, la procedura si biforca, in base al fatto che sia stata chiesta, o meno, la trattazione orale della causa. Nel primo caso, i giudici di secondo grado disporranno direttamente la prosecuzione del giudizio; se invece manca la richiesta di trattazione orale della causa, la Corte dovrà convocare le parti in udienza. In entrambi i casi la richiesta perderà effetto ma i giudici non saranno incompatibili, come chiarito dalla Cassazione (da ultimo, sentenza 12061/2020).

Per quanto concerne la possibilità di riproporre la richiesta di concordato nel giudizio di appello, le nuove norme lo prevedono esplicitamente solo in relazione ai giudizi per cui non sia stata chiesta la trattazione orale.

Tuttavia, la lettura sistematica della disposizione, unita alle evidenti e ingiustificate disparità di trattamento che una diversa interpretazione comporterebbe, non fa pensare che possa essere preclusa una nuova richiesta di concordato nel giudizio anche se sia stata richiesta la trattazione orale.

La disciplina transitoria del concordato in appello va ricavata dall’articolo 94 del decreto 150, come modificato dal decreto legge 162/2022.

La lettura coordinata delle norme che riguardano il giudizio di appello con quelle relative all’entrata in vigore del processo penale telematico propendono per l’applicazione immediata ai procedimenti pendenti dell’abrogazione delle preclusioni contenute nel decreto 150, se la discussione non sia ancora incominciata. Viceversa, la nuova disposizione che prevede l’obbligo di avanzare la richiesta di concordato 15 giorni prima dell’udienza è applicabile solo alle impugnazioni proposte dopo il 30 giugno 2023.

Sino ad allora continuerà a essere vigente la disciplina emergenziale contenuta nel decreto legge 137/2020, che non prevedeva l’obbligo di avanzare la richiesta di concordato 15 giorni prima dell’udienza.

I punti chiave


1- L’evoluzione

- La storia del concordato in appello è travagliata. Nato con il nuovo Codice di procedura penale del 1988, è stato significativamente ridimensionato dalla Corte costituzionale con la sentenza 435/1990, che ha circoscritto l’accordo esclusivamente a tematiche attinenti alla pena.

- Con la legge 14/1999 l’istituto è stato rilanciato, ma la legge 125/2008 lo ha soppresso.

- È stato nuovamente introdotto dalla legge 103/2017, con l’esclusione di una vasta gamma di reati.

- Il decreto legislativo 150/2022 ha eliminato ogni preclusione


2 - La definizione

- Il concordato in appello consiste in un accordo tra pubblico ministero, imputato e civilmente obbligato alla pena pecuniaria in ordine all’accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello, con rinuncia agli altri, in modo da raggiungere una nuova, e consensuale, determinazione della pena.

- Si differenzia dal “patteggiamento” (articolo 444 Codice procedura penale) perché il concordato in appello può riguardare anche il giudizio di responsabilità e non solamente la determinazione della pena

3 - La decisione
- I criteri per la valutazione delle richieste di concordato avanzate ai pubblici ministeri dagli interessati sono decisi dal Procuratore generale della Corte d’appello.

- Nella formulazione futura di questi criteri è auspicabile che, in seguito all’introduzione delle nuove norme in materia di giustizia riparativa contenute nel decreto legislativo 150/2022, venga attribuita importanza anche a questo fattore – in linea con lo spirito complessivo della riforma – che fa scattare rilevanti meccanismi premiali per la condotta di resipiscenza successiva al reato


4 - Il vaglio del giudice

- La giurisprudenza ha stabilito che, in presenza di accordo tra le parti, il sindacato della Corte d’appello è limitato allo stesso. Pertanto, non può pronunciare sentenza di proscioglimento d’ufficio (sentenza 51564/2018) e il recepimento parziale delle richieste concordate rende prive di effetto le medesime e le rinunce agli altri motivi (sentenza 12613/2020).

- Il ricorso per Cassazione contro la sentenza che recepisce il concordato è esperibile solo in caso di vizi relativi al consenso (sentenza 4709/2020) o di applicazione di pena illegale, anche accessoria (29898/2019)

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