Famiglia

Assegno di mantenimento da restituire se il beneficiario è autonomo

La Cassazione conferma i principi affermati dalle Sezioni Unite

di Giorgio Vaccaro

La revoca dell’assegno di mantenimento pagato da un coniuge separato all’altro opera retroattivamente se, nella valutazione della situazione economica del coniuge beneficiario, è emerso che dispone di una stabile capacità lavorativa e reddituale. Lo ha chiarito la Cassazione che, con l’ordinanza 477 dell’11 gennaio 2023, ha applicato i principi stabiliti dalle Sezioni Unite con la sentenza 32914 dell’8 novembre 2022 e ha condannato la moglie separata beneficiaria dell’assegno di mantenimento revocato a restituire le somme incassate a partire dalla data della domanda di ripetizione dell’indebito presentata dal coniuge.

Le Sezioni Unite hanno infatti chiarito, ricorda la Cassazione, che «ove si accerti nel corso del giudizio – nella sentenza di primo o secondo grado – l’insussistenza ab origine, in capo all’avente diritto, dei presupposti per il versamento del contributo, ancorché riconosciuto in sede presidenziale o dal giudice istruttore in sede di conferma o modifica, opera la regola generale della “condictio indebiti”», che comporta l’obbligo di restituire le somme percepite.

Il «principio di irripetibilità» resta limitato a «due ipotesi: ove si escluda la debenza del contributo, in virtù di una diversa valutazione con effetto ex tunc delle sole condizioni economiche dell’obbligato già esistenti al tempo della pronuncia, e ove si proceda soltanto ad una rimodulazione al ribasso, di una misura originaria idonea a soddisfare esclusivamente i bisogni essenziali del richiedente, sempre che la modifica avvenga nell’ambito di somme modeste, che si presume siano destinate ragionevolmente al consumo da un coniuge, o ex coniuge, in condizioni di debolezza economica».

In buona sostanza, nel primo caso la diversa valutazione deve riguardare il soggetto onerato dal pagamento, per cui l’approfondimento processuale ha portato a escludere il pagamento, per il futuro; ma, oltre alla sospensione dei pagamenti futuri, non deve essere disposta la restituzione di quanto ricevuto a carico del coniuge, che resta comunque debole economicamente. Nel secondo caso, la mera “riduzione” non ha effetto retroattivo sempre che «la modifica avvenga nell’ambito di somme modeste».

Nel caso concreto esaminato dalla Cassazione, il Tribunale aveva revocato l’assegno di mantenimento in quanto dagli elementi acquisiti era emerso che la beneficiaria «disponeva pacificamente di una propria stabile capacità lavorativa e reddituale». La Corte d’appello aveva respinto il gravame aderendo all’orientamento, precedente alla sentenza a Sezioni Unite, che «escludeva in ogni caso la retroattività della revoca, valorizzando la valenza alimentare dell’assegno». Ma questa motivazione «confligge – scrive la Cassazione – con le argomentazioni espresse dalla citata sentenza delle Sezioni Unite che ha ricostruito la fattispecie della retroattività della revoca dell’assegno attraverso diversi parametri valutativi, modulando la ripetibilità delle somme già versate in corso di causa a seconda delle vicende relative ai presupposti fattuali della pronuncia di revoca».


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