Comunitario e Internazionale

La valorizzazione dei beni sottratti a organizzazioni criminali quali efficace strumento per il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile

La disciplina ESG è stata concepita con la finalità di quantificare gli aspetti qualitativi della sostenibilità e, quindi, consentire di passare da un sistema qualitativo a un sistema quantitativo

di Marco Letizi*

Esistono interrelazioni tra i beni sequestrati e confiscati alle organizzazioni criminali e lo sviluppo sostenibile?

Per rispondere a questa domanda, che mette in relazione due ambiti, a un primo livello di analisi, apparentemente eterogenei tra loro, è necessario effettuare una doverosa premessa metodologica. È del tutto evidente come il complesso tema della sostenibilità includa elementi di natura diversa, qualitativi e quantitativi e afferenti alla dimensione ambientale, sociale e di governance.

La disciplina ESG è stata concepita con la finalità di quantificare gli aspetti qualitativi della sostenibilità e, quindi, consentire di passare da un sistema qualitativo a un sistema quantitativo.

Tale misurazione è possibile per talune componenti relative alla dimensione ambientale, mentre appare di più ardua realizzazione quando tali componenti appartengono alla dimensione social e di governance.

La complessità del sistema in esame non dipende solo dalla difficoltà (a volte impossibilità) di attribuire dei valori numerici a talune variabili qualitative ma soprattutto dalla consapevolezza che tutte le variabili in gioco nel sistema - a prescindere dalla loro natura (qualitativa o quantitativa) o dalla dimensione (ambientale, sociale, governance) a cui si riferiscono - sono intimamente connesse, tanto da compenetrarsi e influenzarsi reciprocamente.

L'affermazione della sostenibilità richiede quindi un approccio olistico, cioè un intervento ad ampio spettro sulle interrelazioni e sulle interdipendenze funzionali tra le sue componenti e l'ecosistema degli enti (pubblici e privati); infatti, se ben praticato, l'intero complesso potenzia l'efficienza delle strutture di cui è composto o, meglio, l'intero sistema definisce, migliorandolo, il comportamento delle singole parti.

Tenendo conto dell'estrema eterogeneità dei topics correlati al tema della sostenibilità, l'approccio olistico rappresenta il percorso necessario per conseguire l'obiettivo di orientare in maniera innovativa e secondo logiche multidisciplinari, interdisciplinari e convergenti le strategie degli enti verso la creazione di valore condiviso, con prospettive di medio-lungo termine.

L'approccio multidisciplinare ci consente di condividere gli obiettivi di ricerca, lavorando sullo stesso problema ma osservandolo dalla prospettiva delle diverse discipline, in modo indipendente. I risultati di ciascuna disciplina sono tra loro complementari e il vantaggio della ricerca multidisciplinare consiste nel fatto che ogni aspetto può essere analizzato da una particolare specialità, il che è spesso necessario per rispondere a problemi di ricerca complessi. Ma la complessa tematica della sostenibilità impone al lavoro di ricerca di compiere un passo in più rispetto a più discipline che guardano a un problema, ciascuna con la propria lente.

Al riguardo, un rapporto delle National Academies intitolato Facilitating Interdisciplinary Research definisce la ricerca interdisciplinare come "una modalità di ricerca da parte di gruppi o individui che integra informazioni, dati, tecniche, strumenti, prospettive, concetti e/o teorie provenienti da due o più discipline o corpi di conoscenze specializzate per far progredire la comprensione fondamentale o per risolvere problemi la cui soluzione va oltre la portata di una singola disciplina o area di pratica della ricerca". In altre parole, anziché lavorare in modo indipendente, con la ricerca interdisciplinare le discipline interagiscono e lavorano in modo collaborativo.

L'integrazione delle vare discipline si basa sulla conoscenza condivisa ed è in grado di generare un nuovo campo interdisciplinare. La ricerca sulla convergenza presenta analogie con la ricerca multidisciplinare e interdisciplinare. Al pari della ricerca interdisciplinare, la ricerca sulla convergenza comporta l'integrazione delle discipline e lo spostamento dei processi di pensiero, ma la ricerca sulla convergenza si spinge oltre.

Nel rapporto delle National Academies intitolato Convergence: Facilitating Transdisciplinary Integration of Life Sciences, Physical Sciences, Engineering and Beyond, la ricerca sulla convergenza è spiegata come "un quadro sintetico completo per affrontare le sfide scientifiche e sociali che esistono alle interfacce di più campi. Unendo queste diverse aree di competenza in una rete di partnership, la convergenza stimola l'innovazione dalla scoperta delle scienze di base all'applicazione traslazionale". Pertanto, l'approccio alla ricerca basato sulla convergenza integra le intuizioni e gli approcci di quelle che storicamente sono state discipline scientifiche e tecnologiche distinte, in una prospettiva profondamente collaborativa e di intima integrazione tra le varie discipline con un impatto positivo sulla società.

L'approccio olistico, che si declina in un metodo di analisi multilivello di tipo multidisciplinare, interdisciplinare e di convergenza, ci consente di mettere a sistema anche settori che sembrano, solo in apparenza, molto distanti tra loro ma che, in realtà, sono intimamente connessi. È il caso dei beni sequestrati e confiscati a organizzazioni criminali e lo sviluppo sostenibile.

Per dimostrare le intime connessioni tra i beni confiscati alle organizzazioni criminali e lo sviluppo sostenibile svilupperemo un'analisi su più livelli, mettendo in relazione le potenzialità offerte dall'utilizzo degli assets sottratti alle organizzazioni criminali sia con i principi contenuti negli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (SDGs) che con le potenzialità offerte dalla dimensione ambientale, sociale e di governance, propria della disciplina ESG.

Prima di operare tale analisi, è fondamentale soffermarsi sul concetto di beni confiscati alle organizzazioni criminali.

La confisca degli assets criminali non consente soltanto di privare le organizzazioni criminali e mafiose delle risorse economico- finanziarie di cui le stesse necessitano per reiterare la loro attività criminosa e sviluppare il loro business, ma essa rappresenta, altresì, l'affermazione del principio di legalità, il vessillo di una conquista di civiltà, la restituzione alla comunità dei beni che le erano stati indebitamente sottratti e, quindi, una redistribuzione della ricchezza sul territorio, la libertà dall'assoggettamento al potere mafioso. È evidente che i beni confiscati presentino un valore dicotomico: da un lato, essi hanno una valenza morale, culturale, politica e sociale; dall'altro, costituiscono una risorsa economico- finanziaria per l'erario dello Stato.

Tali valori si manifestano in concreto attraverso l'utilizzo dei beni, che determina refluenze tangibili sotto il profilo economico e sociale.

Anzitutto, detti beni rappresentano un indicatore fondamentale per misurare il livello di efficacia del sistema di asset recovery di un Paese e la confisca, quale atto finale di un complesso processo investigativo, rappresenta lo strumento più incisivo per sottrarre alle organizzazioni criminali e mafiose le risorse economico- finanziarie necessarie a queste ultime per poter continuare a finanziarie le proprie attività, reinvestire i proventi illeciti nell'economia legale e illegale e, quindi, sviluppare il proprio business e accrescere le proprie ricchezze.

Il processo di confisca è caratterizzato da una dimensione investigativa e giudiziaria con la repressione dell'economia criminale; una dimensione politica nel momento in cui si restituisce ai cittadini la fiducia nelle istituzioni e nella vita democratica del Paese; una dimensione economica con la redistribuzione in favore della comunità delle ricchezze sottratte alle organizzazioni criminali e mafiose, valorizzando il territorio con l'avvio di iniziative imprenditoriali che rappresentano un'opportunità di lavoro, di crescita e sviluppo tangibile; una dimensione sociale, culturale ed educativa, dimostrando che le mafie non sono invincibile, che ciascuno deve fare la sua parte e che insieme si può.

L'insieme dei valori che i beni confiscati rappresentano e il potenziale offerto dal loro molteplice utilizzo dimostrano come gli assets sottratti alla criminalità organizzata esprimano molti dei concetti contenuti negli SDGs e come la loro dimensione valoriale (statica) e funzionale (dinamica) possano, in realtà, considerarsi un sottoinsieme della più ampia Agenda 2030 lanciata dalle Nazioni Unite nel 2015.

A tal fine, è possibile associare alcuni degli SDGs - che esprimono principi di carattere generale - agli elementi riferiti alla dimensione valoriale e funzionale dei beni confiscati che ai primi sembrano ispirarsi (Obiettivo 2: porre fine alla fame, realizzare la sicurezza alimentare e una migliore nutrizione e promuovere l'agricoltura sostenibile, Obiettivo 3: Garantire una vita sana e promuovere il benessere per tutti a tutte le età, Obiettivo 4: Garantire un'istruzione di qualità inclusiva e paritaria e di promuovere opportunità di apprendimento permanente per tutti, Obiettivo 5. Raggiungere la parità di genere e l'empowerment di tutte le donne e le ragazze, Obiettivo 8: Promuovere una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, la piena e produttiva occupazione e un lavoro dignitoso per tutti, Obiettivo 9: Costruire infrastrutture resistenti, promuovere l'industrializzazione inclusiva e sostenibile e promuovere l'innovazione, Obiettivo 10: Ridurre le disuguaglianze all'interno e tra i paesi, Obiettivo 11: rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, flessibili e sostenibili, Obiettivo 12: Garantire modelli di consumo e produzione sostenibili, Obiettivo 15: proteggere, restaurare e promuovere l'uso sostenibile degli ecosistemi terrestri, gestire in modo sostenibile le foreste, lotta alla desertificazione, e fermare e invertire il degrado del suolo e arrestare la perdita di biodiversità, Obiettivo 16: promuovere società pacifiche e inclusivi per lo sviluppo sostenibile, fornire l'accesso alla giustizia per tutti e costruire istituzioni efficaci, responsabili e inclusive a tutti i livelli).

Com'è noto, la disciplina ESG si è ispirata agli SDGs delle Nazioni Unite, trasponendo detti principi di portata generale a un livello più operativo riferito al mondo delle imprese e declinando, in termini quantitativi, gli obiettivi riferiti al settore ambientale attraverso i criteri della tassonomia europea. La Dichiarazione a carattere non Finanziario (DNF), introdotta dalla disciplina ESG, prevede che le imprese effettuino una vera e propria disclosure informativa, indicando le informazioni relative alle loro attività nel settore ambientale, sociale e di governance.

Oltre alla evidenziata profonda correlazione esistente tra i principi di carattere generale degli SDGs, sussiste anche una stretta interrelazione tra le informazioni richieste nella DNF e la dimensione valoriale e funzionale degli assets di derivazione illecita; in particolare, la dimensione valoriale di tali beni è rappresentata dal valore simbolico rivestito dall'emersione alla legalità dell'impresa, mentre quella funzionale può identificarsi nel valore economico- finanziario del soggetto economico e dalle opportunità di lavoro correlate alla prosecuzione dell'attività economica, al mantenimento ed eventuale incremento dei livelli occupazionali, in un'ottica di crescita economica e valorizzazione del territorio. È del tutto evidente che il bene confiscato cristallizzi in sé molti dei principi contenuti negli obiettivi di sviluppo sostenibile, i quali, sul piano pratico e con riferimento agli enti possono essere misurati sulla base dei criteri propri della disciplina ESG.

Infatti, prendendo in prestito la classificazione operata dalla disciplina ESG, la valorizzazione del bene confiscato, in un'ottica di sviluppo sostenibile, implica delle refluenze sotto il profilo ambientale, sociale e di governance. Sotto il profilo ambientale, un immobile confiscato dovrà quindi essere rigenerato in linea con l'obiettivo 11 dell'Agenda ONU nell'ottica di una crescita sostenibile, che implica la costruzione o ristrutturazione di case sicure, comode e ben attrezzate per tutti, utilizzando materiali ecosostenibili e sistemi di energia rinnovabile, a basso impatto ambientale.

Gli immobili devono essere inseriti in un contesto urbano inclusivo, sicuro, duraturo e sostenibile, dotato di un sistema di trasporti a basso impatto ambientale, conveniente e ben diffuso, di grandi aree verdi, di spazi sociali (piazze, giardini, luoghi pubblici al coperto), di reti e servizi efficienti (acqua, elettricità, gas, raccolta dei rifiuti, telefoni, rete wi-fi per tutti), di servizi assistenziali per tutte le fasce di età con particolare riguardo ai soggetti più deboli (anziani, persone con disabilità, bambini), di spazi comuni dedicati ai giovani, di hubs che incentivino la creatività, la socialità e l'innovazione. Inoltre, sarà importante che tra i possibili utilizzi del bene confiscato si valorizzi la politica abitativa (social housing), in favore delle famiglie svantaggiate e dei soggetti più deboli. L'utilizzo dei beni confiscati alle mafie in un'ottica di sviluppo sostenibile è finalizzato a favorire l'inclusione sociale e abitativa delle persone fragili, a rischio povertà, senza dimora, vittime di violenza, anziani e disabili nell'ambito di un processo rigenerativo degli spazi pubblici e di potenziamento dei servizi al cittadino, attraverso la realizzazione, favorire l'occupazione dei giovani o delle persone a rischio esclusione.

Nell'ambito della valorizzazione dei beni confiscati in un'ottica ecosostenibile e circolare, è auspicabile sviluppare comunità energetiche, che diffondano modelli di consumo responsabili e la produzione di energia rinnovabile. In questa prospettiva, l'energia è un veicolo strumentale per avvicinare le persone e le imprese, in modo sostenibile e partecipativo, alla propria value chain energetica, stravolgendo il tradizionale paradigma cliente/fornitore da sempre connotato da evidenti asimmetrie informative e poca trasparenza.

L'impresa confiscata che diventa membro di una community energetica è un soggetto economico che ha già avviato o intende intraprendere un percorso in senso ecosostenibile e che considera la sostenibilità quale asset strategico utile per collocarsi sul mercato in modo più strutturato e competitivo.

È evidente come la lotta al cambiamento climatico passi anche attraverso la corretta selezione, gestione e smaltimento dei rifiuti. Al riguardo, le più recenti stime evidenziano che la gestione dei rifiuti sia ritenuta responsabile di circa il 5% delle emissioni di gas climalteranti (GHG) a livello globale, equivalente ai GHG emessi da tutti i voli commerciali mondiali o al 65% della CO2 prodotta, su base annuale, da tutte le automobili nel mondo. Peraltro, la gestione e lo smaltimento dei rifiuti è un tema strettamente correlato a quello di circular economy; infatti, una riorganizzazione della "piramide" dei rifiuti, che preveda un sistema di raccolta, gestione e smaltimento del rifiuto, integrato con il concetto di circular economy, determina refluenze estremamente positive in termini di riduzione e riutilizzo dei rifiuti e contestuale contenimento delle emissioni di CO2. Le interrelazioni tra circolarità, neutralità climatica e obiettivo "inquinamento zero" sono state delineate nella comunicazione dell'11 marzo 2020 della Commissione "Nuovo piano d'azione per l'economia circolare per un'Europa più pulita e più competitiva".

L'Action Plan della Commissione parte da un dato estremamente allarmante: nonostante gli sforzi compiuti a livello nazionale ed eurounitario, la quantità di rifiuti prodotti non è in diminuzione; ogni anno nell'Unione le attività economiche generano complessivamente 2,5 miliardi di tonnellate di rifiuti, equivalenti a 5 tonnellate pro capite, mentre nello stesso periodo ogni cittadino produce quasi mezza tonnellata di rifiuti urbani.

Pertanto, anche i beni confiscati devono essere ripensati in linea con l'obiettivo indicato nell'Action Plan della Commissione europea del marzo 2020 di non produrre scarti, aumentando la propensione al riutilizzo, riciclaggio e recupero, nell'ottica della condivisione del principio "rifiuti zero" e del risparmio energetico attraverso la diminuzione dello scarto. Le imprese confiscate dovrebbero, pertanto, revisionare i propri processi produttivi aziendali, al fine di incrementare la loro propensione al riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti (si pensi, ad esempio, all'utilizzo di processi alternativi di verniciatura, a diversi tipi di vernici, a differenti sistemi di pulizia dei serbatoi, a un altro modo di trattamento superficiale dei metalli, ecc.), nonché ripensare alla fase di progettazione dei prodotti (ecodesign). Anche le imprese confiscate dovrebbero misurare quanta parte di CAPEX (CAPital EXpenditure), OPEX (OPerating EXpense) e Turnover (ricavi) connessi alle attività economiche dell'impresa rispettino i criteri fissati nella tassonomia europea, introdotta con il Regolamento (UE) 2020/852 attraverso il calcolo del rapporto tra i Key Performance Indicators (KPIs) connessi alle attività conformi ai criteri stabiliti nel Regolamento (UE) 2020/852 e i KPIs totali riferiti all'intera impresa, in modo da fornire la percentuale di CAPEX, OPEX e Turnover allineati ai requisiti della tassonomia.

I soggetti economici sottratti alle organizzazioni criminali dovrebbero escludere dal loro sistema produttivo l'uso di sostanze ambientalmente dannose e, nel contempo, rendere efficienti i sistemi di depurazione delle acque.

In Italia ci sono circa 35mila beni confiscati alle mafie per un valore di oltre 30 miliardi di euro. Attesa la significatività dei dati, appare evidente come una rigenerazione di detti beni in senso ecosostenibile, nell'ottica di una razionalizzazione energetica e di una gestione circolare dei rifiuti possa contribuire a innescare quella tanto auspicata transizione ambientale ed energetica nel nostro Paese. Sotto il profilo sociale, il riutilizzo dei beni confiscati deve essere considerato in un'ottica di sviluppo comunitario in termini occupazionali, di inclusione sociale, di miglioramento della qualità della vita e di partecipazione democratica. In tale contesto, è chiaro che la promozione, la diffusione e l'attuazione dei progetti per la valorizzazione dei beni confiscati contribuiscano al rafforzamento delle politiche di coesione sociale, di lavoro per i giovani e di sviluppo di reti relazionali, attraverso il metodo della private and public partnership (PPPT). Il riuso sociale dei beni confiscati è una testimonianza della proficua collaborazione tra lo Stato e i rappresentanti della società civile organizzata (comunità, cooperative, associazioni di volontariato e di promozione sociale, onlus, imprese sociali) che produce i positivi effetti di una nuova cultura della valorizzazione e promozione del bene comune.

Esiste, pertanto, un'intima correlazione tra utilizzo ai fini sociali dei beni confiscati e sviluppo dell'economia sociale, capace di produrre beni e servizi di utilità pubblica e ricchezza intesa come "beni comuni" fruibili dall'intera comunità. Il riuso dei beni confiscati ai fini sociali deve essere necessariamente inquadrato nell'ambito di un nuovo modello di sviluppo a livello territoriale, idoneo a ricostruire un tessuto sociale frammentato e impoverito, che si fondi sul binomio imprescindibile di contrasto alla criminalità organizzata e costruzione di giustizia sociale.

Ancora, il riuso dei beni confiscati per finalità sociali consente di realizzare forme di welfare dal valore fortemente inclusivo tali da far uscire dalla marginalità sociale e dalla povertà le persone più svantaggiate, creare nuove opportunità, redistribuire ricchezza sul territorio e benessere collettivo.

Nell'ambito della lettera "S" dell'acronimo ESG rientra la lotta alla corruzione e la violazione dei diritti umani. Al riguardo, la riemersione nel mercato legale dell'impresa ex mafiosa rappresenta la dimostrazione più concreta del processo di riaffermazione della legalità subìto dal soggetto economico attraverso l'epurazione della proprietà e del management aziendali preesistenti e il sostenimento dei necessari "costi della legalità".

L'impresa ex mafiosa che rientra nel mercato legale è un soggetto economico che ha posto in essere tutte le misure idonee a prevenire ed eventualmente denunziare casi di corruttela o di violazione dei diritti umani. Nell'ambito della lettera "G" dell'acronimo ESG viene inclusa, tra gli altri, anche l'adozione di una efficace tax compliance e di idonee misure antiriciclaggio (ove previste). Al riguardo, valgono le osservazioni già formulate in precedenza con riferimento alla riemersione dell'impresa ex mafiosa nel mercato legale e il sostenimento dei "costi della legalità".

La multidimensionalità del bene confiscato e il portato valoriale che esso rappresenta (culturale, sociale, politico ed economico) lo include a pieno titolo tra gli strumenti più efficaci per contribuire al conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Il livello di ecosostenibilità dei beni e delle attività imprenditoriali confiscati può essere misurato attraverso gli indicatori di performance introdotti dalla disciplina ESG e dal regolamento tassonomia.

La confisca dei beni di derivazione illecita è senza dubbio lo strumento più efficace nella lotta ai gruppi criminali organizzati e alle mafie. Non può, pertanto, consentirsi che tali ingenti patrimoni, considerati nella loro dimensione statica e dinamica, rimangano inutilizzati o vengano parzialmente utilizzati. Gli assets sottratti alle organizzazioni criminali devono essere considerati come una risorsa per il nostro Paese, una vera e propria esternalità positiva e non più come un problema da gestire. Ma perché detti beni possano esprimere appieno le loro potenzialità e incidere significativamente sul nostro tessuto economico- sociale, è essenziale un impegno condiviso per potenziare e ottimizzare le attività connesse alla gestione e alla destinazione dei beni confiscati in un'ottica ecosostenibile, circolare e sociosostenibile, in linea con gli SDGs. In ultima analisi, la valorizzazione dei beni sottratti alle organizzazioni criminali e mafiose rappresenta uno strumento efficace per il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e favorire la tanto auspicata green transition.

*di Marco Letizi, Avvocato, Dottore Commercialista e Revisore LegaleAdvisor della Commissione europea, del Consiglio d'Europa e delle Nazioni UnitePhD Researcher. Autore

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