Il CommentoResponsabilità

Responsabilità per danno ambientale ai sensi del regolamento Roma II, il rinvio alla regola generale

La disciplina prevista in materia di responsabilità extracontrattuale da danno ambientale si colloca su una linea mediana tra i due poli rappresentati dalla regola generale e dalle norme specifiche, atteso che l'art. 7 del regolamento rinvia alla norma generale, ma al contempo introduce delle specificità caratterizzanti il solo ambito delle obbligazioni extracontrattuali da danno ambientale

di Federica Sartori*

L'art. 7 regolamento CE 864/2007 disciplina la legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali per responsabilità da danno ambientale. Tale norma presenta delle notevoli peculiarità poiché non solo richiama la regola generale di cui all'art. 4 del medesimo regolamento, ma altresì introduce delle specificità legate alla ratio sottesa alla previsione di tale tipologia di illecito.

Il regolamento Roma II definisce il "danno ambientale" al Considerando 24, qualificandolo come il "mutamento negativo di una risorsa naturale, come l'acqua, il terreno o l'aria, il deterioramento di una funzione svolta da tale risorsa naturale a vantaggio di un'altra risorsa naturale o del pubblico, oppure il deterioramento della variabilità tra gli organismi viventi.".
Tale definizione si discosta leggermente da quella rinvenibile nella disciplina sostanziale di cui alla Direttiva 2004/35/CE, che prevede altresì requisiti di misurabilità di tali mutamenti in senso peggiorativo per l'ambiente.

Tornando alla disciplina internazionalprivatistica, l'ambito di applicazione della normativa in esame risulta particolarmente ampio atteso che l'art. 7 , rubricato "danno ambientale", riguarda sia il danno diretto sia quello indiretto, vale a dire sia il danno all'ambiente tout court sia il danno alle persone o ai beni a causa del danno all'ambiente, sicché, in sostanza, la distinzione del danno in tali due tipologie, nonché l'ubicazione del danno indiretto, risultano irrilevanti atteso che la normativa è la medesima in entrambi i casi.

La disciplina è volta, quindi, ad individuare la legge applicabile non solo riguardo a fattispecie in cui risulti leso il diritto di un privato, laddove il danno lamentato sia causalmente riconducibile al danno ambientale, ma anche a ipotesi in cui legittimata attiva sia l'autorità pubblica, allorché sia stato cagionato un cd. danno ecologico (o danno ambientale strictu sensu inteso), indipendentemente da eventuali lesioni ai diritti dell'individuo, purché in tale ultimo caso lo Stato agisca iure privatorum, ad esempio in caso di azione di recupero delle spese sostenute per il risanamento dell'ambiente o per la prevenzione di danni ambientali ai sensi della disciplina di diritto privato.

In tal modo è stata estesa la nozione di "materia civile", che caratterizza l'ambito di applicazione dell'intero regolamento Roma II, anche a fattispecie in cui è la Pubblica Amministrazione la sola legittimata ad agire per il risarcimento dei danni ambientali di natura pubblica , come previsto altresì in molti ordinamenti nazionali, tra cui il nostro, e nello stesso ordinamento europeo ai sensi della Direttiva 2004/35/CE ( Cass. pen., sez. I, sentenza n. 44528/2019; Cass. pen., sez. III, sentenza n. 6727/2018; Cass. pen., sez. III, sentenza n. 24677/2015; Cass. pen., sez. III, sentenza n. 41015/2010; sentenza CGUE, causa Gemeente Steenbergen c. Baten, causa C-271/00 ).

Ai sensi dell'art. 7 di tale regolamento, rubricato appunto "Danno ambientale", "La legge applicabile all'obbligazione extracontrattuale che deriva da danno ambientale o da danni arrecati alle persone o ai beni per effetto di un tale danno è quella risultante dall'articolo 4, paragrafo 1, a meno che la persona che chiede il risarcimento dei danni scelga di fondare le sue pretese sulla legge del paese in cui il fatto che ha determinato il danno si è verificato.".

Sulla scorta dell'espresso richiamo alla norma generale, giova dapprima analizzare nel dettaglio tale disciplina al fine di meglio comprendere le ragioni sottese al suddetto rinvio, sì da poter procedere poi all'illustrazione della disciplina particolare prevista in materia di responsabilità per danno ambientale.

Come evidenziato nei Considerando 14 e seguenti del regolamento, la frammentarietà di disciplina tra i diversi Stati membri in materia di obbligazioni extracontrattuali comporta una diffusa incertezza nell'individuazione della legge applicabile, sicché al fine di ovviare a tali inconvenienti soccorre la normativa europea volta proprio da un lato a soddisfare quell'esigenza di uniformità e certezza del diritto e di conseguente prevedibilità delle decisioni in materia, e dall'altra ad assicurare un ragionevole punto di equilibrio tra gli interessi in gioco, da un lato quelli del presunto responsabile e dall'altro lato quelli della parte lesa.

A tali fini, prosegue il Considerando 17, "La legge applicabile dovrebbe essere determinata sulla base del luogo in cui si verifica il danno, a prescindere dal paese o dai paesi in cui potrebbero verificarsi le conseguenze indirette.", precisando che per "luogo in cui si verifica il danno" debba intendersi "il paese in cui è stata rispettivamente subita la lesione alla sfera personale o si è verificato il danno patrimoniale".

Coerentemente a tale impostazione teorica, corrispondente altresì "alla moderna concezione del diritto della responsabilità civile e all'evoluzione dei sistemi di responsabilità oggettiva", il Considerando 18 dipana il dubbio su quale criterio di localizzazione spaziale della fattispecie debba applicarsi: non già la lex loci delicti commissi, come ricorre nella maggior parte degli ordinamenti nazionali anche intra-europei, bensì la lex loci damni, individuandola espressamente quale "regola generale" in quanto in grado di consentire in generale il raggiungimento di un equilibrio ragionevole tra gli interessi in gioco.

Nella consapevolezza che, tuttavia, le specificità del caso concreto possano far ritenere la regola generale non conforme alla suddetta ratio, lo stesso legislatore europeo prevede un'eccezione al paragrafo 2 dell'art. 4, "in quanto crea una connessione speciale qualora le parti siano abitualmente residenti nello stesso paese", nonché una clausola di salvaguardia al successivo paragrafo 3, "qualora risulti chiaramente da tutte le circostanze del caso che il fatto illecito presenta manifestamente un collegamento più stretto con un altro paese".

Alla luce di tali premesse, l'art. 4 del regolamento Roma II prevede che
"1. Salvo se diversamente previsto nel presente regolamento, la legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali che derivano da un fatto illecito è quella del paese in cui il danno si verifica, indipendentemente dal paese nel quale è avvenuto il fatto che ha dato origine al danno e a prescindere dal paese o dai paesi in cui si verificano le conseguenze indirette di tale fatto.
2. Tuttavia, qualora il presunto responsabile e la parte lesa risiedano abitualmente nello stesso paese nel momento in cui il danno si verifica, si applica la legge di tale paese.
3. Se dal complesso delle circostanze del caso risulta chiaramente che il fatto illecito presenta collegamenti manifestamente più stretti con un paese diverso da quello di cui ai paragrafi 1 o 2, si applica la legge di quest'altro paese. Un collegamento manifestamente più stretto con un altro paese potrebbe fondarsi segnatamente su una relazione preesistente tra le parti, quale un contratto, che presenti uno stretto collegamento con il fatto illecito in questione.".


La giurisprudenza della Corte di Giustizia si è posta in linea di continuità con le rationes sottese alla disciplina e individuate nei Considerando sopra citati per quanto riguarda l'ambito della legge applicabile (si pensi ai casi Corte di Giustizia, 19.09.1995, causa C-364/93, Marinari e 10.06.2004, causa C-168/02, Kronhofer), mentre, come noto, dal punto di vista della giurisdizione, nell'interpretazione del corrispondente (ratione materiae) art. 5 n. 3 della Convenzione di Bruxelles del 1968 (ora art. 7 n. 2 regolamento UE 1215/2012), con particolare riferimento ai cd. illeciti a distanza, la Corte ha optato per la teoria dell'ubiquità dell'illecito ritenendo che "il giudice del luogo in cui l'evento dannoso è avvenuto" possa individuarsi sia nel foro ove è avvenuto il fatto generatore del danno sia nel foro ove si è manifestato il danno" (il riferimento è al noto caso Mines de Potasse del 1976, CGUE, 30.11.1976, causa C-2176; sentenza 16.05.2013, causa C-228/11, Melzer).

Tale interpretazione, da intendersi comunque di natura restrittiva , conferisce all'attore la possibilità di scegliere tra tali due fori alternativi in luogo del foro generale del domicilio del convenuto, consentendo così l'esplicazione di quell'effetto utile perseguito quale obiettivo di fondo dall'intera disciplina europea, oltre che da quella internazionalprivatistica di tale stessa matrice.

Con particolare riguardo ai cd. illeciti ad evento plurilocalizzato (anche detti complessi, diffusi o a distanza), la giurisprudenza ha accolto la soluzione di matrice tedesca del cd. trattamento a mosaico della fattispecie , secondo cui la legge di ciascuno Stato in cui si è verificato il danno disciplinerà i profili risarcitori per quanto di propria competenza territoriale, secondo una logica distributiva.

Sulla scorta di tali coordinate teorico-normative, ben si comprende la consistenza ontologica dell'impianto strutturale della disciplina prevista dal regolamento Roma II il quale, oltre a prevedere una regola generale con le peculiarità sopra esplicate, introduce altresì delle "norme specifiche in relazione a tipologie speciali di fatto illecito" allorché l'applicazione della prima non sia stata ritenuta in astratto idonea ai fini del raggiungimento di un equilibrio ragionevole tra gli interessi in gioco. Infatti, la disciplina prevista in materia di responsabilità extracontrattuale da danno ambientale si colloca su una linea mediana tra i due poli rappresentati dalla regola generale e dalle norme specifiche, atteso che l'art. 7 del regolamento rinvia alla norma generale, ma al contempo introduce delle specificità caratterizzanti il solo ambito delle obbligazioni extracontrattuali da danno ambientale.

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*A cura dell' Avv. Federica Sartori - Dottoranda di ricerca in Diritto Pubblico, Giustizia Penale e Internazionale presso l'Università degli Studi di Pavia