Civile

Sì al patrocinio gratuito in mediazione: la Consulta rafforza la riforma civile

Illegittime le norme che non prevedono sostegni quando l’iter è obbligatorio

ADOBESTOCK

di Marco Marinaro

Il patrocinio a spese dello Stato deve essere garantito ai non abbienti anche nel procedimento di mediazione obbligatoria che si concluda con l’accordo. Si tratta infatti di una spesa costituzionalmente necessaria per assicurare l’effettività dell’inviolabile diritto al processo e alla difesa. Sono le conclusioni cui perviene la Corte costituzionale con la sentenza 10 del 20 gennaio scorso, che anticipa e rafforza il principio di delega contenuto nella riforma del processo civile (legge 206 del 2021). La delega stabilisce infatti «l’estensione del patrocinio a spese dello Stato alle procedure di mediazione e di negoziazione assistita». E i principi affermati dalla Corte costituzionale rappresentano altrettanti punti fermi di cui si dovrà tenere conto nella sua attuazione.

La questione

La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità degli articoli 74, comma 2, 75, comma 1, e 83, comma 2, del Dpr 115 del 2002 (Testo unico delle spese di giustizia), nella parte in cui non prevedono che il patrocinio a spese dello Stato sia applicabile anche all’attività difensiva svolta nell’ambito dei procedimenti di mediazione indicati dall’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 28 del 2010, quando nel corso degli stessi è stato raggiunto un accordo, nonché dell’articolo 83, comma 2, del medesimo Dpr 115 del 2002, nella parte in cui non prevede che, in questi casi, alla liquidazione in favore del difensore provveda l’autorità giudiziaria che sarebbe stata competente a decidere la controversia (per violazione degli articoli 3, commi 1 e 2, e 24, comma 3, della Costituzione).

La Consulta interviene con una sentenza di accoglimento additiva in esito alle rimessioni delle questioni di costituzionalità del Tribunale di Oristano (ordinanza dell’8 luglio 2020) e del Tribunale di Palermo (ordinanza del 17 marzo 2021) ponendo rimedio a un vuoto normativo che aveva condotto la giurisprudenza di merito ad assumere posizioni contrapposte.

La giurisprudenza

La questione interpretativa era stata inizialmente affrontata dal Tribunale di Firenze (con due provvedimenti del 13 gennaio 2015 e del 13 dicembre 2016) che giungeva alla soluzione positiva (seguita anche dai Tribunali di Ascoli Piceno e di Bologna), facendo leva soprattutto su una rilettura delle norme alla luce dei princìpi costituzionali nel sistema italo-comunitario delle fonti.

In senso opposto, invece, si erano pronunciati altri Tribunali, come ad esempio il Tribunale di Roma, che aveva deciso di non accogliere l’istanza perché mancava la necessaria disposizione ad hoc e ritenendo che il legislatore non avesse inteso estendere alla mediazione il patrocinio a spese dello Stato (Tribunale di Roma, 11 gennaio 2018).

Sulla questione era poi intervenuta la Cassazione (18123 del 2020), che aveva escluso la possibilità di liquidare l’attività professionale svolta dall’avvocato nella mediazione, dovendosi ritenere escluse dal novero delle attività suscettibili di essere svolte con oneri a carico dell’Erario tutta l’attività stragiudiziale (nell’ambito della quale va inquadrata quella svolta per la mediazione) non seguita da un processo.

I principi affermati dalla Consulta

La Corte costituzionale ritiene che sia irragionevole imporre un procedimento in determinate materie per finalità deflattive senza poi riconoscere anche la possibilità di ottenere il patrocinio a spese dello Stato proprio quando quelle finalità sono state conseguite: ciò potrebbe indurre a non raggiungere, strumentalmente, l’accordo in fase di mediazione per rivolgersi al giudice al solo scopo di ottenere, una volta introdotto il processo, il pagamento a carico delle Stato delle spese difensive.

Inoltre, è lesivo del diritto di difesa prevedere come obbligatorio un procedimento che può persino condizionare l’esercizio del diritto di azione e non assicurare, al contempo, la possibilità per i non abbienti di avvalersi del patrocinio a spese dello Stato.

In queste ipotesi, chiarisce la Consulta, si tratta «di spese costituzionalmente necessarie» e «l’argomento dell’equilibrio di bilancio recede di fronte alla possibilità, per il legislatore, di intervenire, se del caso, a ridurre quelle spese che non rivestono il medesimo carattere di priorità: è anche in tal senso che questa Corte ha affermato che è la garanzia dei diritti incomprimibili a incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione».

Peraltro, la Corte prende atto dell’entrata in vigore della legge delega di riforma della giustizia civile, che però non basta - rilevano i giudici - a escludere l’applicazione delle disposizioni censurate. Infatti, sarà il legislatore delegato a dover dare piena attuazione nei prossimi mesi alla «estensione del patrocinio a spese dello Stato alle procedure di mediazione e di negoziazione assistita» (articolo 1, comma 4, lettera a, legge 206/2021), principio di delega che ora appare consolidato perché si radica nelle puntuali motivazioni della Consulta.

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