Amministrativo

Subappalto: estinzione del contratto continuativo di cooperazione di servizi/forniture o sua nuova vita?

Il contratto di cooperazione continuativa ex art. 105, comma 3, lett. c-bis) del D.Lgs. 50/16 consentirebbe di dare concreta linfa all'abolizione del divieto di subappalto incrociato – abolizione che rischierebbe di restare lettera morta alla luce delle possibili persistenti criticità in materia di diritto antitrust

di Stefano Giberti, Francesca Romana Correnti*

Ai sensi dell'art. 105, co. 3 lett. c-bis), del D.Lgs. 50/16 ("Codice Appalti"), non costituiscono subappalto "le prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell'appalto.".
A rigor di norma, quindi, non è subappalto il contratto continuativo di cooperazione ("accordo quadro") che
(i) sia antecedente alla gara a cui si intende partecipare,
(ii) disciplini, non la collaborazione per una specifica procedura, ma le condizioni generali sempre valide fra le parti per una o più prestazioni d'opera, servizio e/o fornitura continuativamente rese da un contraente in favore dell'altro.

Con tale disposizione, il legislatore ha bilanciato gli stringenti canoni dell'evidenza pubblica con i principi costituzionali di libertà d'impresa, escludendo dalla rigida disciplina del subappalto tutti quei rapporti che, pur formalmente esterni alle singole società, per la loro costante periodicità si configurino tuttavia come parte sostanziale e integrante dell'organizzazione dell'azienda.

L'accordo quadro è stato oggetto di ampio uso da parte degli operatori economici, soprattutto perché non soggiaceva al previgente tetto quantitativo massimo del subappalto (comma 2 dell'art. 105), né al previgente divieto di subappalto incrociato fra concorrenti alla medesima gara (comma 4 lett. a) dell'art. 105).
In tale contesto è però intervenuta una giurisprudenza molto restrittiva [1], secondo cui, affinché possano essere considerati diversi dal subappalto, oltre alle condizioni risultanti letteralmente dalla norma, gli accordi quadro
(i) devono disciplinare attività rivolte esclusivamente all'aggiudicatario, mentre la stazione appaltante non deve ricevere la prestazione diretta del terzo parte dell'accordo quadro [2] e (ii) non possono avere ad oggetto alcuna parte dell'appalto pubblico.

Tale impostazione ha tuttavia svuotato di senso l'art. 105, co. 3, lett. c-bis), conducendolo, in sostanza, a una norma inutile. Se il terzo non può accedere ai luoghi della stazione appaltante, ma entrare in contatto solo con l'aggiudicatario, e se la prestazione non potrà coincidere con alcuna parte dell'oggetto dell'appalto, allora l'accordo quadro sarà al di fuori della disciplina del subappalto solo nel caso delle sub-forniture. Peccato che queste ultime fossero (e siano) escluse dal regime del subappalto già in base all'art. 105, co. 2, secondo periodo, del Codice Appalti e che, quindi, al legislatore non sarebbe servito scomodare l'accordo quadro per "liberarle" dagli obblighi in materia.

Oggi, però, sembra inutile soffermarsi sulle critiche ai suddetti arresti giurisprudenziali, in quanto, molto di recente, la normativa in tema di subappalto ha subito nuove profonde modifiche.
In primo luogo, dal novembre 2021, è divenuta efficace la norma di cui al D.L. 77/2021, che ha abolito il tetto quantitativo massimo al subappalto [3].
In secondo luogo, dal febbraio 2022, non vige più il divieto di subappalto incrociato, grazie all'abrogazione del comma 4, lett. a), dell'art. 105 Codice Appalti da parte della L. 238/2021. Di conseguenza, più che per i limiti posti dalla giurisprudenza, è proprio per queste novità che l'utilizzo dell'accordo quadro in materia di appalti pubblici potrebbe ridursi notevolmente.

Inizia, infatti, una fase nuova. Ogni concorrente imposterà le proprie strategie partecipative senza più preoccuparsi dell'erosione dei tetti massimi di subappalto e del divieto di subappalto incrociato. Ed è proprio quest'ultimo l'aspetto più interessante: il diritto di rivestire, nell'ambito di un medesimo affidamento pubblico, la veste di concorrente e di subappaltatore di un altro partecipante. Con il che, oltre a predisporre l'offerta di gara, per una o più prestazioni oggetto della stessa, l'operatore potrà essere chiamato a formulare delle quotazioni in subappalto in favore di un altro player interessato a partecipare.

Ora, se tale "incrocio" è ormai ammissibile ai sensi del Codice Appalti, occorre chiedersi se non persistano delle criticità in materia di diritto antitrust. Infatti, normalmente le condizioni economiche attuate per il subappalto differiscono da quelle concepite per la partecipazione diretta. Però, soprattutto nei mercati a concorrenza limitata, le prime potrebbero svelare le strategie di costo che il subappaltatore intenda praticare come concorrente alla medesima gara. Siffatto flusso informativo, già nel medio termine, potrebbe impattare sulle dinamiche del gioco concorrenziale, intaccando i principi di riservatezza e indipendenza delle offerte e incentivando accordi impliciti sui prezzi di settore, con conseguente possibile spartizione del mercato. [4]

Qualcuno potrebbe allora osservare che, onde evitare simili scenari, ogni contatto circa un eventuale subappalto debba attivarsi, fra le imprese, solo una volta scaduti i termini di partecipazione, se non addirittura a fine gara. Tale approccio comporterebbe tuttavia altre problematiche. Intanto, non terrebbe conto del fatto che, non potendo ottenere subito le quotazioni del subappalto, l'operatore economico potrebbe essere costretto
(i) o a un'ATI (quando sono le stesse direttive appalti a prevedere due distinti e discrezionali istituti in favore della più ampia partecipazione - appunto sia il raggruppamento sia il subappalto, e non solo il primo) o (ii) addirittura a non partecipare.
Né tale contrazione delle possibilità di accesso alle gare è superabile considerando il residuale diritto di ricorrere al subappalto dopo la scadenza della procedura. Infatti, secondo il principio di necessaria remuneratività delle offerte (cfr. art. 87 del Codice Appalti), il concorrente non è solo tenuto a rispettare la base d'asta, ma anche a proporre, a pena di esclusione, un prezzo che garantisca sempre un margine di utile sostenibile. Ora, in ipotesi di partecipazione con subappalto volontario, detto calcolo risulterebbe impossibilitato, perché, in mancanza delle relative quotazioni, l'impresa non saprà quanta parte del prezzo debba destinare alla remunerazione del subappaltatore e non avrà, così, tutti gli elementi necessari a calibrare consapevolmente un'offerta tanto competitiva quanto, però, non anomala.

In un simile quadro, chi scrive ritiene che esista una soluzione ancora inesplorata: proprio l'accordo quadro ex art. 105, comma 3, lett. c-bis), del Codice Appalti.

Questo, come detto, contiene la disciplina dei rapporti fra imprese che uniscono le rispettive organizzazioni al fine di collaborare - non su un singolo progetto – ma in tutta una serie di possibili ipotesi, predeterminando sia le caratteristiche prestazionali sia i corrispettivi di volta in volta applicabili nei casi di cooperazione. Insomma, pur dovendo essere ormai trattato in gara come subappalto per volere della giurisprudenza (ma tanto, come detto, non ci sono più limiti quantitativi diversi dal divieto di subappalto integrale [5]), l'accordo quadro ha il pregio di evitare, fra le concorrenti, qualsiasi contatto finalizzato alla partecipazione alla specifica gara.
Le condizioni di collaborazione, anche economiche, risulterebbero già note, in quanto prestabilite a monte e a prescindere dalla singola procedura; non sarebbero espressive, quindi, delle logiche partecipative dei due competitor. Il che renderebbe del tutto inutile anche la sola formale richiesta di subappalto prima della scadenza della gara e non trafilerebbe nemmeno l'informazione sul se un partner dell'accordo quadro intenda o meno partecipare alla medesima gara [6].

Ed ecco la nuova vita dell'accordo quadro: da istituto discusso, perché ritenuto oggetto di un utilizzo elusivo della disciplina del subappalto, a – invece – una particolare tipologia di subappalto che, in caso di offerte incrociate, lascerebbe inalterati i principi di segretezza e indipendenza delle stesse, senza andare però a discapito del diritto dei concorrenti a scegliere liberamente la forma partecipativa desiderata e ad avere tutti gli elementi di costo necessari per evitare l'anomalia dei prezzi. Insomma, il contratto di cooperazione continuativa ex art. 105, comma 3, lett. c-bis) del D.Lgs. 50/16 consentirebbe di dare concreta linfa all'abolizione del divieto di subappalto incrociato – abolizione che rischierebbe di restare lettera morta alla luce delle possibili persistenti criticità in materia di diritto antitrust.

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*A cura di di Stefano Giberti, partner Life Sciences e Francesca Romana Correnti, of Counsel Life Sciences - Studio legale Franzosi Dal Negro Setti

[1] Ex multis, Cons. St., nn. 607/2020, 2553/2020, 2962/2021, 3169/2020, 7142/2020; TAR Lazio, Roma, n. 4816/2021.
[2] Secondo la giurisprudenza, il terzo cooperante non può rendere una prestazione direttamente in favore della stazione appaltante poiché, fra l'altro, difettano per tale soggetto gli accertamenti sui requisiti ex art. 80 del D.Lgs. 50/2016 su quelli speciali di partecipazione.
[3] Resta il divieto del subappalto integrale ex art. 105, co. 1, del Codice Appalti e si è aggiunta la possibilità per le stazioni appaltanti, su stretta base motivazionale e secondo stringenti presupposti, di indicare in lex specialis eventuali prestazioni da svolgersi ad esclusiva cura dell'aggiudicatario.
[4] Per alcune fattispecie rilevanti ai sensi dell'art. 101 TFUE e esaminate dall'AGCM quando era ancora vigente il divieto di subappalto incrociato, vd. Provv. 29683 Adunanza 25 maggio 2021 (I845), ma anche Provv. 26316 Adunanza 21 dicembre 2016 (I792). Sul punto, fra l'altro, vd. Comunicazione Commissione Europea (2021/C 91/01) "Comunicazione sugli strumenti per combattere la collusione negli appalti pubblici e sugli orientamenti riguardanti le modalità di applicazione del relativo motivo di esclusione", GUUE C91/1 del 18/3/21 "I casi di subappalto reciproco tra due offerenti possono anch'essi essere considerati dall'amministrazione aggiudicatrice come un'indicazione potenziale di collusione … dato che tali accordi di subappalto di norma consentono alle parti di venire a conoscenza delle rispettive offerte finanziarie, sollevando così dubbi riguardo all'indipendenza delle parti nel formulare le proprie offerte" (par 5.6).
[5] Fermo che occorrerà mantenere un atteggiamento prudenziale fino a maggiori chiarimenti da parte di ANAC e giurisprudenza, evitando di raggiungere quote di subappalto troppo vicine al 100% e, quindi, sostanzialmente elusive.
[6] Per gli obblighi di riservatezza che gravano in capo alle stazioni appaltanti una volta ricevute le offerte, vd. artt. 52, comma 5, e 53, comma 2, lett. a) e c), del D.Lgs. 50/16.

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