Società

Nuovi strumenti di finanziamento per le PMI, il "Private Debt"

Il Private Debt quale opzione finanziaria per lo sviluppo e la crescita delle PMI italiane

di Francesco Minnetti*

Il mercato italiano del Private Debt comincia ad essere una realtà pur essendo ancora nella fase iniziale del suo sviluppo.

Nell'ambito degli investimenti diretti, il cd. "core" Private Debt comprende il Venture Debt, il Direct Lending, i Bond e i Finanziamenti Mezzanini.

Negli ultimi sei anni il comparto ha avuto il seguente crescente trend in termini di raccolta, investimenti e rimborsi (dati AIFI):

I dati sono dunque confortanti e danno chiara evidenza di un mercato che si sta muovendo nel modo giusto ed in scia alla costante crescita del Private Equity, che di fatto rappresenta la principale fonte di operazioni per il Private Debt inteso come finanziamento di operazioni di Leveraged Buyout.

Dalle ricerche e dagli studi che periodicamente vengono realizzati, sono molte nel nostro Paese le PMI che hanno i requisiti per accedere al mercato del capitale di debito, storicamente sfruttato solo dalle grandi imprese, riducendo in tal modo la tradizionale ed elevata dipendenza dal credito bancario.

Dare spazio a nuovi strumenti di finanziamento per le PMI, oltre che alla loro capitalizzazione, permette peraltro di avere, a livello di sistema, una visuale strategica di lungo periodo sulla sostenibilità del nostro apparato economico-produttivo e di facilitare l'acquisizione delle risorse finanziarie atte a supportarne la vita e lo sviluppo.

Tuttavia, è evidente come per le imprese la crescita dimensionale realizzata tramite l'accesso a fonti di finanziamento alternative (quali per l'appunto il Private Debt) comporti oneri di trasparenza ed un adeguato sviluppo del processo informativo e della rilevazione dei dati economico-patrimoniali aziendali. Si tratta comunque di un'apertura meno invasiva rispetto a quella che si richiede nei casi in cui l'impresa veda l'ingresso nel suo capitale di un operatore di private equity o decida di procedere con la quotazione.

Si pensi che, differentemente dal fronte dell'equity, i finanziatori sono fondamentalmente interessati a verificare che le condizioni economico-patrimoniali e le prospettive di business, che li avevano indotti a valutare positivamente l'investimento, permangano nel corso della vita del prestito e che l'impresa faccia fronte ai propri impegni finanziari. Interesse che non è in contrasto con quello dell'azienda che ricorre a tale opzione di funding per poter attivare piani di crescita e sviluppo altrimenti difficilmente perseguibili. In tal senso la fissazione di opportuni covenant, e fra questi l'obbligo di una dettagliata reportistica periodica, è l'elemento di equilibrio in grado di contemperare le diverse esigenze.

Nella fase iniziale del processo, invece, l'"istruttoria", ancorché semplificata nell'iter procedurale, non è dissimile rispetto a quanto si verifica nelle operazioni di Private Equity e nelle Ipo, dovendosi parimenti rappresentare fedelmente i propri fondamentali, i progetti di investimento sottesi all'operazione e gli altri elementi di rilievo in modo da intercettare l'offerta di fondi del mercato.

Da questo punto di vista, nel Private Debt la maggiore rischiosità dell'investimento e l'elevata illiquidità delle posizioni implica, lato investitori/finanziatori, l'esigenza di un'approfondita attività di due diligence sulla Pmi da finanziare, che approfondisca le dinamiche di settore, il posizionamento competitivo, la corporate governance, la strategia, la struttura del capitale, le performance storiche e prospettiche. Ciò tanto ai fini della valutazione preliminare e della successiva decisione in merito al perfezionamento o meno dell'operazione, quanto, in caso affermativo, per la determinazione del pricing e delle condizioni contrattuali.

È importante sottolineare come le Pmi concorrano fra di loro nell'acquisizione delle risorse complessivamente disponibili e per questo debbano presentarsi pronte alla valutazione da parte dei potenziali investitori/finanziatori. Tra le best practices si segnalano la certificazione dei bilanci ad opera di primarie società di revisione, la predisposizione di un piano industriale e l'attribuzione di un giudizio di rating, che costituiscono di fatto l'essenziale base di riferimento per la valutazione dell'operazione e che vengono valorizzati a vario titolo nelle fasi del processo e della strutturazione del prestito.

Di primaria importanza risulta la presentazione alla comunità finanziaria del piano industriale legato alla richiesta di finanziamento. In tal senso, è quanto mai opportuno costruire un business plan dettagliato, credibile e sostenibile in relazione ai ragionevoli obiettivi di espansione produttiva. In molti casi scende in campo l'Advisor, che svolge tutta una serie di attività a supporto, fra le quali l'analisi dei requisiti di base per la realizzazione del progetto imprenditoriale, l'elaborazione di un piano industriale con orizzonte di tre/cinque anni, la predisposizione dell'information memorandum che – oltre a evidenziare le caratteristiche, i dati e i piani di sviluppo della società – definisce la struttura di base dell'operazione di prestito.

Anche il ruolo del rating rimane un importante requisito per costruire una filiera di interesse per il mercato di capitali. L'assegnazione del rating, dovendosi basare su criteri di oggettività e indipendenza, fornisce infatti ai potenziali investitori/finanziatori quella valutazione sintetica di affidabilità che più di qualsiasi altro elemento consente di qualificare l'operazione. Peraltro, l'attribuzione di un rating pubblico ha una valenza che va oltre l'operazione singola, potendo essere utilizzata anche in altri ambiti ed in particolare nei rapporti con il sistema bancario.

Quelle appena evidenziate rappresentano le condizioni imprescindibili per poter partecipare a un processo di selezione da parte del mercato. L'impresa che si è adeguatamente strutturata e presenta i requisiti teorici considerati necessari è poi infatti chiamata a calarsi sul terreno della competizione vera e propria dovendosi confrontare con la platea dei potenziali investitori/finanziatori con l'obiettivo di raccoglierne l'interesse e l'adesione.

La fase dell'"incontro" è senz'altro quella più importante e delicata e qui entrano in gioco le analisi e le valutazioni degli operatori finanziari che si sono attivati nel comparto con iniziative specifiche, quali banche, fondi di investimento focalizzati, piattaforme ad hoc, i quali andranno a "premiare" le aziende che, a parità di profilo rischio/rendimento, si saranno meglio preparate sul terreno della governance, della trasparenza e della disclosure .

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*A cura di Francesco Minnetti, professore ordinario di economia degli intermediari finanziari presso l'Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale

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