Famiglia

Famiglia e successioni: il punto sulla giurisprudenza dei giudici di merito

La selezione delle pronunce di merito in tema di diritto di famiglia e delle successioni del 2022

di Valeria Cianciolo

Si segnalano in questa sede i depositi della giurisprudenza di merito 2022 in materia di diritto di famiglia e delle successioni. Le pronunce in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni:
1.Donazione - Donazione indiretta modale di un'autovettura e sua risoluzione per inadempimento
2.Misure alternative al testamento - Differenze fra il contratto vitalizio alimentare e di rendita vitalizia
3.Amministrazione di sostegno – Interdizione per la persona incapace di provvedere ai propri interessi per effetto di grave e permanente infermità di mente
4.Comodato e casa familiare - Restituzione della casa familiare in comodato nell'ipotesi di sopravvenienza di un bisogno
5.Contratti atipici - Il contratto atipico di mantenimento quale contratto oneroso a prestazioni corrispettive

6.Successioni - L'onere di indicare entro quali limiti è stata lesa la legittima

1. DONAZIONE - Risoluzione per inadempimento della donazione indiretta modale di un'autovettura (Cc, articoli 770, 783, 784, 785 e 793)
In caso di donazione gravata da un onere modale che si concreti in una prestazione vitalizia di assistenza in favore del donante, spetta a costui, se agisca per l'adempimento dell'onere, provare la misura complessiva della prestazione dovuta dal donatario, contenuta, ai sensi dell'articolo 793, comma 2, c.c., nei limiti del valore del bene donato; il donatario può limitarsi a sostenere di avere già esattamente adempiuto l'onere, in quanto l'assistenza prestata superava il valore del bene ricevuto in donazione.
Nel giudizio di risoluzione della donazione per inadempimento dell'onere è il donatario-debitore che deve provare la causa non imputabile dell'inadempimento, mentre il donante-creditore è tenuto unicamente ad allegare ed indicare l'inadempimento del donatario.
Tribunale Sciacca, sentenza 1 marzo 2022, n. 98 - G.O.T. Barba

2. MISURE ALTERNATIVE AL TESTAMENTO – Differenze fra il contratto vitalizio alimentare e di rendita vitalizia (Cc, articolo 1872)
Il vitalizio alimentare, con il quale una parte si obbliga, in corrispettivo dell'alienazione di un immobile o della attribuzione di altri beni od utilità, a fornire all'altra parte vitto, alloggio ed assistenza, per tutta la durata della vita e in correlazione ai suoi bisogni, è un contratto atipico, autonomo e distinto da quello, nominato, di rendita vitalizia di cui all'articolo 1872 c.c.: i due negozi, omogenei quanto al profilo della aleatorietà, si differenziano perché, nella rendita alimentare, le obbligazioni dedotte nel rapporto hanno ad oggetto prestazioni assistenziali di dare prevalentemente fungibili (e, quindi, assoggettabili, quanto alla relativa regolamentazione, alla disciplina degli obblighi alimentari dettata dall'articolo 433 cod. civ.), mentre nel vitalizio alimentare le obbligazioni contrattuali hanno come contenuto prestazioni (di dare e di fare) in parte di carattere accentuatamente spirituale e, in ragione di ciò, eseguibili unicamente da un vitaliziante specificamente individuato alla luce delle sue proprie qualità personali.
Nel contratto atipico di vitalizio alimentare o assistenziale, l'aleatorietà, che ne costituisce elemento essenziale, va accertata con riguardo al momento della conclusione del contratto stesso, il quale è caratterizzato dalla incertezza obiettiva iniziale in ordine alla durata di vita del vitaliziato e dalla correlativa eguale incertezza in relazione al rapporto tra il valore complessivo delle prestazioni dovute dal vitaliziante (dipendenti non soltanto dalla sopravvivenza del beneficiario, ma anche dalle sue condizioni di salute, il cui peggioramento implica un aggravio delle cure) e il valore del cespite patrimoniale ceduto in corrispettivo del vitalizio. È stato ulteriormente evidenziato che, nel contratto atipico di vitalizio alimentare o assistenziale, l'alea è più accentuata rispetto al contratto di rendita vitalizia configurato dall'articolo 1872 c.c., in quanto le prestazioni non sono predeterminate nel loro ammontare, ma variano, giorno per giorno, secondo i bisogni (anche in ragione dell'età e della salute) del beneficiario.
Con riferimento all'età e allo stato di salute, l'alea è esclusa soltanto se, al momento della conclusione, il beneficiario era affetto da malattia che, per natura e gravità, rendeva estremamente probabile un rapido esito letale, e che ne abbia in effetti provocato la morte dopo breve tempo, ovvero se il beneficiario abbia un'età talmente avanzata da non poter certamente sopravvivere, anche secondo le previsioni più ottimistiche, oltre un arco di tempo determinabile.
Corte d'Appello Venezia Sez. II, sentenza 24 febbraio 2022 – Pres. Santoro, Cons. rel. ed est. Vono

3. AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO – Interdizione per la persona incapace di provvedere ai propri interessi per effetto di grave e permanente infermità di mente (Cc, articolo 404)
L'ambito di applicazione degli istituti dell'interdizione e dell'amministrazione di sostegno deve essere individuato avendo riguardo non già al diverso grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, in ipotesi più intenso per l'interdizione, ma alla maggiore idoneità dell'amministrazione di sostegno ad adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa.
Tribunale Torino, SezioneVII, sentenza 21 aprile 2022, n. 3604 - Pres. Silva, Giudice Rel. Est. Boemio

4. CASA FAMILIARE – Restituzione della casa familiare in comodato nell'ipotesi di sopravvenienza di un bisogno (Cc, articoli 1809 e 1810)
Ove il comodato di un bene immobile sia stato stipulato senza limiti di durata in favore di un nucleo familiare (nella specie: dal genitore di uno dei coniugi), si versa nell'ipotesi del comodato a tempo indeterminato, caratterizzato dalla non prevedibilità del momento in cui la destinazione del bene verrà a cessare. In tal caso, per effetto della concorde volontà delle parti, si è impresso allo stesso un vincolo di destinazione alle esigenze abitative familiari (e perciò non solo e non tanto a titolo personale del comodatario) idoneo a conferire all'uso - cui la cosa deve essere destinata - il carattere implicito della durata del rapporto, anche oltre la eventuale crisi coniugale e senza possibilità di far dipendere la cessazione del vincolo esclusivamente dalla volontà, ad nutum, del comodante, salva la facoltà di quest'ultimo di chiedere la restituzione nell'ipotesi di sopravvenienza di un bisogno, ai sensi dell'articolo 1809, c. 2, c.c., segnato dai requisiti della urgenza e della non previsione
NOTA
La sentenza in commento, per la decisione del caso concreto, ha ritenuto di poter utilizzare il principio di diritto, formulato dalle Sezioni unite della Cassazione, 29 settembre 2014, n. 20448, in occasione della richiesta proposta dal comodante di restituzione del bene comodato destinato, per volontà delle parti, a casa familiare.
Nel caso prospettatosi alle Sezioni unite, il ricorrente aveva concesso in comodato al figlio un immobile da destinare a casa familiare. In sede di separazione personale tra il figlio e la di lui moglie, veniva assegnata quest'ultima l'immobile a titolo di casa familiare. Il comodante ne chiedeva la restituzione immediata del bene comodato sulla base della qualificazione della fattispecie come contratto a tempo indeterminato ed a titolo precario da cui deriva, ai sensi dell'articolo 1810 c.c., l'obbligo per il comodatario di restituire l'immobile al comodante non appena questi ne faccia richiesta.
La Suprema Corte ripropone un principio già in precedenza deciso in una fattispecie in cui aveva escluso che la concessione in comodato di un immobile da destinare a casa familiare configurasse un comodato precario, bensì fosse più consono ritenere che le parti avessero concluso un contratto di comodato ai sensi dell'articolo 1809, 1 comma, c.c., sicché ove il termine di scadenza non fosse esplicitamente indicato, il comodatario è tenuto a restituire il bene solo qualora se ne sia servito in conformità all'uso convenuto nel contratto. D'altro canto, il comodante può richiedere la restituzione anticipata qualora, ai sensi dell'articolo 1809, 2 comma, c.c., provi che è sopraggiunto, dopo la conclusione del contratto, un urgente ed imprevedibile bisogno del bene.

In forza di tale principio, la Suprema la Corte ha deciso che nell'ipotesi di concessione in comodato di un immobile destinato a casa familiare, il successivo provvedimento di assegnazione in favore del coniuge convivente con i figli minorenni o con figli maggiorenni non autosufficienti senza loro colpa, emesso nel giudizio di separazione o di divorzio, non modifica la natura ed il contenuto del titolo di godimento sull'immobile, ma determina una concentrazione, nella persona dell'assegnatario, di detto titolo di godimento, che resta regolato dalla disciplina del comodato, con la conseguenza che il comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento per l'uso previsto nel contratto, salva l'ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed imprevisto bisogno, ai sensi dell'articolo 1809, 2 comma, c.c.
Da tale premessa deriva che il vincolo di destinazione conferito dalle parti al bene comodato a servire a casa familiare consente di individuare il termine implicito di durata del rapporto come richiesto dall'articolo 1809, 1 comma, c.c. Pertanto solo qualora finisca la convivenza tra i coniugi in funzione della quale era stato stipulato il contratto di comodato ed in mancanza di un provvedimento giudiziale di assegnazione del bene ad un coniuge, questo deve essere restituito al comodante poiché è venuto meno lo scopo per il quale il comodato era finalizzato.
Nel caso di comodato in cui sia stabilito in maniera espressa un termine di scadenza ovvero nel caso in cui la scadenza sia desumibile dall'uso al quale la cosa è destinata per volontà delle parti del rapporto contrattuale, il recesso anticipato del comodante è possibile solo qualora, ai sensi dell'articolo 1809, 2 comma, c.c., fornisca la rigorosa prova della sopravvenienza di un urgente ed impreveduto bisogno del bene.

Tribunale Verona, sentenza 5 marzo 2022 - GOT Favaro

5. CONTRATTO ATIPICO DI MANTENIMENTO - Il contratto atipico di mantenimento è contratto oneroso a prestazioni corrispettive (Cc, articolo 1872)
Il contratto atipico di mantenimento è contratto oneroso a prestazioni corrispettive, in cui il trasferimento nel caso di specie, della nuda proprietà rappresenta il corrispettivo dell'obbligo assunto dalla cessionaria di effettuare, in favore della cedente, e per l'intero arco della vita della stessa, una serie di prestazioni costituite "dall'alloggio, il vitto, il vestiario, l'assistenza nonché, per l'ipotesi di malattia, dall'assunzione di tutte le spese mediche necessarie ed occorrenti, il pagamento delle spese per forniture di utenze ed imposte e tasse, il servizio e quant'altro comunque utile o necessario per una decorosa esistenza della vitaliziata".
NOTA
Nel contratto atipico di vitalizio alimentare o assistenziale, l'aleatorietà, che ne costituisce elemento essenziale, va accertata con riguardo al momento della conclusione del contratto stesso, il quale è caratterizzato dalla incertezza obiettiva iniziale in ordine alla durata di vita del vitaliziato e dalla correlativa eguale incertezza in relazione al rapporto tra il valore complessivo delle prestazioni dovute dal vitaliziante (dipendenti non soltanto dalla sopravvivenza del beneficiario, ma anche dalle sue condizioni di salute, il cui peggioramento implica un aggravio delle cure) ed il valore del cespite patrimoniale ceduto in corrispettivo del vitalizio.
In altri termini, la rendita vitalizia ha natura di contratto aleatorio, richiedendo la presenza di una situazione di incertezza circa il vantaggio o lo svantaggio economico che potrà alternativamente realizzarsi nello svolgimento e nella durata del rapporto, con la conseguenza che la mancanza di alea (riscontrabile tutte le volte in cui l'entità della prestazione assicurata sia inferiore o pari ai frutti o agli utili ricavabili dal cespite ceduto, ovvero quando il beneficiario della rendita sia da ritenere prossimo alla morte per malattia o per età) rende nullo il contratto per difetto di causa.

Tribunale Civitavecchia, senenza 12 gennaio 2022 n. 29 - Presidente rel. Vigorito

6. SUCCESSIONI - Il legittimario che propone l'azione di riduzione ha l'onere di indicare entro quali limiti è stata lesa la legittima (Cc, articoli . 555 e 559)
Il legittimario che propone l'azione di riduzione ha l'onere di indicare entro quali limiti è stata lesa la legittima, determinando con esattezza il valore della massa ereditaria nonchè il valore della quota di legittima violata dal testatore. In particolare, ha l'onere di allegare e comprovare tutti gli elementi occorrenti per stabilire se sia, o meno, avvenuta, ed in quale misura, la lesione della sua quota di riserva, potendo solo in tal modo il giudice procedere alla sua reintegrazione. Sebbene l'azione di riduzione non esiga l'uso di formule sacramentali essa, poi, richiede, oltre la deduzione della lesione della quota di riserva, l'espressa istanza di conseguire la legittima, previa determinazione di essa mediante il calcolo della disponibilità e la susseguente riduzione della donazione posta in essere in vita dal de cuius.
NOTA
In tema di oneri posti a carico di chi agisce in riduzione, la giurisprudenza ha affermato che il legittimario che intende proporre l'azione di riduzione ha l'onere di allegare e comprovare tutti gli elementi occorrenti per stabilire se sia, o meno, avvenuta, ed in quale misura, la lesione della sua quota di riserva, potendo solo in tal modo il giudice procedere alla sua reintegrazione; in particolare, in relazione al principio sancito dagli articoli 555 e 559 c.c. egli ha l'onere di indicare, oltre al valore, l'ordine cronologico in cui sono stati posti in essere i vari atti di disposizione, non potendo l'azione di riduzione essere sperimentata rispetto alle donazioni se non dopo esaurito il valore dei beni di cui è' stato disposto per testamento e cominciando, comunque, dall'ultima e risalendo via via alle anteriori.
La prova della consistenza dell'asse e della conseguente lesione dei diritti di legittimario può essere fornita anche attraverso presunzioni ai sensi dell'articolo 2729 c.c.: tale principio ribadito anche di recente secondo cui, ancorché il legittimario che agisca in riduzione abbia l'onere d'indicare entro quali limiti sia stata lesa la sua quota di riserva, determinando con esattezza il valore della massa ereditaria, nonché quello della quota di legittima violata, può, a tal fine, allegare e provare, anche ricorrendo a presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, tutti gli elementi occorrenti per stabilire se, ed in quale misura, sia avvenuta la lesione della riserva, aggiungendo altresì che una volta ravvisata la ricorrenza delle presunzioni come sopra connotate, risulta legittimo anche l'esperimento della C.T.U. d'ufficio, atteso che, una volta che l'attore in riduzione ha assolto il suo onere probatorio, il giudice ha il dovere di disporre la C.T.U. per stimare il valore dei beni costituenti il relictum e il donatum.

Tribunale Barcellona Pozzo Di Gotto, sentenza 23 marzo 2022, n. 354 – Pres. De Marco, Giud. est. Di Giovanni

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