Civile

Tribunali civili: le principali sentenze di merito della settimana

La selezione delle pronunce della giustizia civile nel periodo compreso tra il 5 e il 9 dicembre 2022

di Giuseppe Cassano

Nel corso di questa settima le Corti d'Appello si sono pronunciate in tema di nullità parziale del contratto, presunzione di condominialità, frasi offensive negli atti giudiziari, consorzi di urbanizzazione e, infine, contratto di ospitalità.
A loro volta i Tribunali si soffermano in materia di azione generale di rescissione per lesione, compenso per l'amministratore di una società, assicurazione per conto di chi spetta, diritti di autore e, infine, responsabilità sanitaria.


CONTRATTO
Contratto – Nullità parziale – Onere della prova
(Cc, articoli 1362, 1371, 1419)
La Corte d'Appello di Brescia è chiamata a soffermarsi sull'istituto della nullità parziale del contratto come regolato dall'articolo 1419 c.c. secondo cui "la nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell'intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità".
E cioè a dire, la nullità di singole clausole contrattuali si estende all'intero contratto solo ove l'interessato dimostri che la porzione colpita da invalidità non abbia un'esistenza autonoma, né persegua un risultato distinto, ma sia in correlazione inscindibile con il resto, nel senso che i contraenti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo contenuto colpita da nullità. Costituisce, così, onere specifico della parte che reclama la nullità allegare le circostanze idonee a riscontrare la valenza decisiva delle clausole nulle.
Nel sistema del codice civile, precisamente, il principio della conservazione degli effetti del negozio giuridico affetto da nullità parziale (utile per inutile non vitiatur) costituisce la regola, mentre l'estensione all'intero negozio degli effetti di tale nullità costituisce l'eccezione.
Si giustifica così perché spetta a colui il quale pretenda che la dichiarazione di nullità abbia fatto tabula rasa del contratto dimostrare che la clausola, della cui sopravvivenza si controverte, non aveva una giustificazione autonoma e non perseguiva alcun risultato distinto ed ulteriore, ma era inscindibilmente connessa con le restanti clausole, rispetto alle quali fungeva da condicio causam dans, o da condicio sine qua non.
Tale dimostrazione non potrà che essere fornita con gli strumenti della logica deduttiva, o con presunzioni semplici, oppure offrendo una interpretazione del contratto che, in applicazione dei criteri di cui agli articoli 1362-1371 c.c., sveli la suddetta intima connessione tra la parte ed il tutto del testo contrattuale.
Aggiungasi che, in ogni caso, la regola utile per inutile non vitiatur deve trovare applicazione con riferimento a tutte le clausole, dichiarazioni di volontà o dichiarazioni di scienza contenute nel contratto, le quali perseguano un risultato configurabile come distinto ed abbiano un'esistenza autonoma; e non v'è dubbio che la quietanza incorporata in un contratto di vendita (o di promessa di vendita) abbia scopo e natura distinti ed autonomi rispetto a quest'ultimo.
Corte di Appello di Brescia, sezione I, sentenza 5 dicembre 2022 n. 1451

CONDOMINIO
Edificio condominiale – Parti comuni - Presunzione di condominialità
(Cc, articoli 1117, 1117 bis: disposizioni di attuazione Cc, articoli 61, 62)
La Corte d'Appello di Cagliari afferma in sentenza il principio di diritto a tenore del quale, in considerazione del rapporto di accessorietà necessaria che lega le parti comuni dell'edificio condominiale (oggetto di elencazione in via esemplificativa ex articolo 1117 c.c.) alle proprietà singole, delle quali le prime rendono possibile l'esistenza stessa o l'uso, la nozione di condominio in senso proprio è configurabile non solo nell'ipotesi di fabbricati che si estendono in senso verticale, ma anche nel caso di costruzioni adiacenti orizzontalmente (ad esempio le cosiddette case a schiera), se dotate delle strutture portanti e degli impianti essenziali indicati dal citato art. 1117 c.c..
In particolare, anche quando manchi uno stretto nesso causale, materiale e funzionale, non può essere esclusa la condominialità neppure per un insieme di edifici indipendenti, giacché, secondo quanto si desume dagli articoli 61 e 62 disp. att. c.c. – che consentono lo scioglimento del condominio nel caso in cui un gruppo di edifici si possa dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi – è possibile la costituzione ab origine di un condominio fra fabbricati a sé stanti, aventi in comune solo alcuni elementi, o locali, o servizi o impianti condominiali.
La presunzione di condominialità – sottolinea ancora l'adita Corte - è applicabile (come conferma l'articolo 1117 bis c.c.) anche quando si tratti non di parti comuni di uno stesso edificio, bensì di parti comuni di edifici limitrofi ed autonomi, oggettivamente e stabilmente destinate alla conservazione, all'uso o al servizio di tali edifici, ancorché insistenti su un'area appartenente al proprietario di uno solo degli immobili.
Pertanto, la contitolarità necessaria in capo a tutti i condòmini si presume qualora, per le sue caratteristiche funzionali e strutturali, il bene serva al godimento delle parti singole dell'edificio comune, indipendentemente dal fatto che la cosa sia, o possa essere, utilizzata da tutti i condomini o soltanto da alcuni di essi.
Per contro, la parte che voglia vincere la presunzione di condominialità (derivante sia dall'attitudine oggettiva, che dalla concreta destinazione al servizio comune) ha l'onere di fornire la prova contraria, non potendo al riguardo valere né le risultanze del regolamento condominiale, né l'eventuale inclusione del bene nelle tabelle millesimali come proprietà esclusiva del singolo condomino.
Corte di Appello di Cagliari, sentenza 6 dicembre 2022 n. 508

RESPONSABILITA' E RISARCIMENTO
Espressioni sconvenienti od offensive – Risarcimento danni - Azione (Cpc, articolo 89; Cp, articolo 598)
In sentenza la Corte d'Appello di Bari affronta il tema dei danni da cosiddette "frasi offensive" avendo così modo di chiarire che l'articolo 89 c.p.c. non sanziona un abuso del processo nel suo complesso considerato, e cioè l'esercizio della potestas agendi per scopi sostanzialmente diversi da quelli per i quali è in astratto riconosciuto all'agente, ma, più limitatamente, singole condotte offensive, lesive in se stesse del principio generale del neminem laedere e in quanto tali riconducibili alla generale azione di responsabilità aquiliana. Tanto consente di qualificare l'azione all'interno dello stesso processo, obiettivamente di maggior favore per il danneggiato (in quanto risolta in un mero, agile e deformalizzato, subprocedimento del giudizio principale, del quale mutua interamente il materiale probatorio), come una facoltà per quest'ultimo, riservatagli e al contempo impostagli quando la sua tutela sia possibile nel processo medesimo.
Con la precisazione che non si può escludere la possibilità di agire direttamente, quando sia preclusa l'azione in seno allo stesso processo (istituzionalmente essendo una tale azione suscettibile di essere diretta soltanto contro la "parte"), per il tempo in cui la condotta è stata posta in essere o per la prospettazione, frutto della libera determinazione dell'agente, di una responsabilità esclusiva del difensore, in luogo della parte.
Alla competenza generale è necessario derogare quando il Giudice non possa, o non possa più, provvedere con sentenza sulla domanda di risarcimento. Il che accade, in particolare, nei seguenti casi: a) quando le espressioni offensive siano contenute in atti del processo di esecuzione, che per tale sua natura non può avere per oggetto un'azione di cognizione e quindi in quanto tale ad essere decisa con sentenza; b) quando le espressioni offensive siano contenute in atti di un processo di cognizione che, per qualsiasi motivo, non si concluda con sentenza (come nel caso di estinzione del processo); c) quando i danni si manifestino in uno stadio processuale in cui non sia più possibile farli valere tempestivamente davanti al Giudice di merito (come nel caso in cui le frasi offensive siano contenute nella comparsa conclusionale del giudizio di primo grado); d) quando la domanda di risarcimento sia proposta nei confronti non della parte ma del suo difensore.
Corte di Appello di Bari, sezione III, sentenza 7 dicembre 2022 n. 1764

CONSORZI
Consorzi di urbanizzazione – Natura giuridica – Diritto di credito

Secondo la Corte d'Appello di Firenze i consorzi di urbanizzazione - consistenti in aggregazioni di persone fisiche o giuridiche, preordinate alla sistemazione o al miglior godimento di uno specifico comprensorio mediante la realizzazione e la fornitura di opere e servizi – sono figure atipiche, nelle quali i connotati delle associazioni non riconosciute si coniugano con un forte profilo di realità, sicché il Giudice, nell'individuare la disciplina applicabile, deve avere riguardo, in primo luogo, alla volontà manifestata nello statuto e, solo ove questo non disponga, alla normativa delle associazioni o della comunione.
Detta atipicità, precisamente, non consente di applicare in via indiscriminata ed esclusiva le norme sulle associazioni non riconosciute, né quelle in tema di comunione e condominio, posto che i connotati delle associazioni non riconosciute, si coniugano con un forte profilo di realità, essendo gli stessi consorzi disciplinati – come detto - principalmente dagli accordi tra le parti espressi nello statuto e, solo sussidiariamente, dalla normativa in tema di associazioni non riconosciute e di comunione.
Il diritto di credito di un tale consorzio, ove abbia ad oggetto i contributi da parte dei consociati, non può essere considerato alla stregua di un'obbligazione propter rem, priva del carattere di periodicità, e quindi imprescrittibile.
L'obbligo di chi subentra nella proprietà di un immobile facente parte di un consorzio, dunque, non può essere affermato ritenendo l'obbligazione di pagamento delle spese consortili una obbligazione propter rem, giacché tali obbligazioni sono caratterizzate dal requisito della tipicità, con la conseguenza che possono sorgere per contratto solo nei casi e con il contenuto espressamente previsti dalla legge.
In altre parole, la fonte delle obbligazioni gravanti sul consorziato non discende dal titolo di proprietà, ma dalla contrattualizzazione dell'obbligo nel contratto di acquisto, con la relativa accettazione della convenzione da parte del proprietario associato, non in quanto proprietario, e nemmeno in quanto condomino, bensì per la sua volontaria adesione al contratto aperto, per effetto del quale il consorzio è stato costituito.
Corte di Appello di Firenze, sezione II, sentenza 7 dicembre 2022 n. 2741

SANITA'
Contratto di ospitalità – Natura giuridica – Corrispettivo – Pagamento
(Legge 833/1978; legge 730/1983, articolo 30)
La Corte d'Appello di Milano è chiamata pronunciarsi sul cosiddetto contratto di ospitalità da intendersi quale contratto misto-atipico avente a oggetto l'esecuzione di prestazioni sia assistenziali, sia sanitarie, a fronte del pagamento di un corrispettivo economico.
Nel contratto atipico di ospitalità possono venire in rilievo (come è stato nel caso oggetto di esame da parte dell'adita Corte) tre parti contrattuali: la struttura ospitante – RSA (obbligata all'esecuzione delle prestazioni assistenziali e sanitarie), il paziente (quale soggetto obbligato principale al pagamento del corrispettivo pattuito in quanto utente dei servizi prestati dalla RSA contraente) e un familiare del paziente (coobbligato solidale alla prestazione economica).
Ciò posto, la Corte ricorda come la legge di riforma sanitaria (n. 833/1978) abbia previsto l'erogazione gratuita delle prestazioni a tutti i cittadini, da parte del Ssn, entro i livelli di assistenza uniformi definiti con il piano sanitario nazionale.
Le prestazioni socio-assistenziali erogate in favore delle persone disabili, o anziane non autosufficienti, trovano, poi, disciplina nell'articolo 30 della legge n. 730/1983, a norma del quale, per l'esercizio delle proprie competenze nelle attività di tipo socio-assistenziale, gli enti locali e le regioni possono avvalersi in tutto o in parte delle unità sanitarie locali, rimanendo a carico del fondo sanitario nazionale gli oneri relativi alle attività di rilievo sanitario.
Sono intervenuti nel tempo altri provvedimenti e si è distinto – ai fini della ripartizione delle spese - tra prestazioni a rilevanza sociale, prestazioni socio sanitarie ad elevata integrazione sanitaria, prestazioni sanitarie, nelle forme di lungo-assistenza semiresidenziali o residenziali.
L'attuale quadro normativo consente di affermare che l'integrale copertura da parte del Ssn dei costi richiede una valutazione in concreto sulla natura delle prestazioni erogate, che deve estendersi all'inscindibilità delle prestazioni di natura sanitaria rispetto a quelle assistenziali, e sulla tipologia e durata del trattamento erogato (non potendo quindi escludersi a priori la previsione di una quota di compartecipazione a carico dell'assistito per le prestazioni erogate nella fase di lunga degenza).
Corte di Appello di Milano, sezione I, sentenza 7 dicembre 2022 n. 3877

OBBLIGAZIONI
Azione generale di rescissione per lesione - Stato di bisogno - Rilevanza
(Cc, articoli 1436, 1447, 1448)
Il Tribunale di Torino osserva in sentenza (tra l'altro) come rientri nella nozione di stato di bisogno, per gli effetti dell'articolo 1448 c.c. (azione generale di rescissione per lesione), una condizione oggettiva di carenza di mezzi patrimoniali, pur se non assoluta, e anche una semplice contingente mancanza di liquidità o situazione di difficoltà economica.
La rilevanza dello stato di bisogno, agli effetti della citata disposizione codicistica, non può prescindere da un nesso di strumentalità tale da incidere sulla libera determinazione a contrarre, nel senso che le momentanee criticità economiche devono costituire il motivo per cui è stata accettata la sproporzione tra le prestazioni.
Non solo. Precisa ancora l'adito Tribunale che lo stato di bisogno si comunica a chiunque, per la sua situazione personale o familiare, abbia una necessità qualificata di contrattare per contribuire alla risoluzione di uno stato di bisogno anche di "altri" (come prevede l'articolo 1447 c.c.) o di "prossimi congiunti" (come prevede l'articolo 1436 c.c.) o, più ampiamente, di una persona altrimenti legata al contraente.
L'azione de qua richiede, in particolare, la simultanea ricorrenza di tre requisiti e cioè l'eccedenza di oltre la metà della prestazione rispetto alla controprestazione, l'esistenza di uno stato di bisogno, che funzioni come motivo dell'accettazione della sproporzione fra le prestazioni da parte del contraente danneggiato e, infine, l'avere il contraente avvantaggiato tratto profitto dall'altrui stato di bisogno del quale era consapevole.
Tra i tre predetti elementi non intercede alcun rapporto di subordinazione, né alcun ordine di priorità o precedenza, per cui riscontrata la mancanza o l'omessa dimostrazione dell'esistenza di uno dei tre elementi, diviene superflua l'indagine circa la sussistenza degli altri due e l'azione di rescissione dovrà essere respinta.
Tribunale di Torino, sezione I, sentenza 5 dicembre 2022 n. 4730

SOCIETA'
Rapporti societari –Amministratore - Compenso
(Cost., articolo 36; Dlgs 168/2003, articolo 3)
Osserva il Tribunale di Milano che tra una società (s.r.l.) e il suo amministratore si instaura un rapporto contrattuale, dovendosi considerare che, nei rapporti tra loro ("interni"), essi devono essere considerati, come sono, due soggetti di diritto autonomi e distinti dei quali l'uno svolge una prestazione in favore dell'altra, talché la questione maggiormente problematica ha riguardato l'individuazione del tipo negoziale all'interno del quale il predetto rapporto deve essere sussunto.
In proposito, da un lato, è escluso che la prestazione dell'amministratore possa essere assimilata a quella di un lavoratore subordinato o parasubordinato ovvero di un prestatore d'opera, non essendo soggetta ad alcun coordinamento o eterodirezione (neppure da parte dell'assemblea dei soci); dall'altro, si riconduce il rapporto tra la società e l'amministratore nell'ambito dei rapporti societari cui fa riferimento l'articolo 3, II, lettera a), del Dlgs 168/2003.
Precisamente, tra i rapporti societari deve necessariamente comprendersi il rapporto tra società ed amministratori, data l'essenzialità del rapporto di rappresentanza in capo a questi ultimi come rapporto che, essendo funzionale, secondo la figura della cosiddetta immedesimazione organica, alla vita della società, consente alla stessa di agire. In altri termini, tale rapporto è rapporto "di società" perché serve ad assicurare l'agire della società, non assimilabile, in quest'ordine di idee, né ad un contratto d'opera, né tanto meno ad un rapporto di tipo subordinato o parasubordinato (con conseguente inapplicabilità dell'articolo 36 Cost.).
E così, il rapporto societario di amministrazione può configurarsi anche come contratto a titolo gratuito; il diritto al compenso è rinunciabile da parte dell'amministratore, anche tacitamente, mediante un comportamento concludente che riveli in modo univoco la sua effettiva e definitiva volontà dismissiva del diritto.
In linea generale, dunque, nel rapporto interno con l'amministratore e sul piano contrattuale, le scelte negoziali per conto della società sono assunte ed espresse dai soci, ai quali spetta ex lege il potere di nominare e revocare gli amministratori e di determinarne, eventualmente, il compenso.
Tribunale di Milano, sezione XV, spec. impresa "B", sentenza 6 dicembre 2022 n. 9603

ASSICURAZIONE
Assicurazione per conto di chi spetta – Rapporto contrattuale – Rapporto assicurativo
(Cc, articoli 1411, 1510, 1891)
L'assicurazione per conto altrui, e quella per conto di chi spetta – secondo quanto afferma il Tribunale di Bari - sono accomunate, entrambe, dalla dissociazione fra contraente e assicurato, sebbene siano diverse perché, nella prima, l'assicurato normalmente è individuato ab initio, nella seconda potrà essere individuato in un diverso momento, ossia in quello dell'eventuale sinistro, nel soggetto che è titolare della situazione giuridica soggettiva (normalmente proprietaria) sul bene.
In particolare, nell'assicurazione per conto di chi spetta la stipulazione fa sorgere due rapporti, uno (contrattuale) tra contraente e assicuratore, e uno (assicurativo) tra assicuratore e assicurato, giacché, secondo il disposto dell'articolo 1891 c.c. il contraente assume gli obblighi derivanti dal contratto – salvo quelli che per loro natura non possono che essere adempiuti dall'assicurato – e, primo tra tutti, quello al pagamento dei premi, mentre l'assicurato, quale titolare dell'interesse sotteso alla copertura, acquista i diritti derivanti dalla polizza, in primo luogo il diritto a riscuotere l'indennità assicurativa.
E così, nell'assicurazione contro i rischi di danni alla merce trasportata, stipulata per conto di chi spetta, la persona legittimata a domandare l'indennizzo è il destinatario se il trasporto viene affidato dal venditore ad un vettore o ad uno spedizioniere, perché in tal caso, per effetto della consegna della merce alla persona incaricata del trasporto, si trasferisce in capo al destinatario il rischio del perimento di essa, ai sensi dell'articolo 1510 c.c..
Con la precisazione che per stipulare un contratto di assicurazione per conto altrui o per conto di chi spetta devono rispettarsi non solo le norme del contratto assicurativo ma anche quelle del contratto a favore di terzi ex articolo 1411 c.c., per cui il requisito dell'interesse va valutato, ai fini della validità del contratto, sia quanto alla posizione del terzo sia quanto alla posizione del contraente ex articolo 1411 c.c. (quest'ultimo interesse può essere anche di puro fatto).
Tribunale di Bari, sezione II, sentenza 7 dicembre 2022 n. 4525

DIRITTO DI AUTORE
Diritto di autore – Diritto morali – Diritti a contenuto patrimoniale
(Legge 633/1941, articoli 1, 12, 20, 24; Cc, articoli 2582, 2756)
Il Tribunale di Bologna precisa in sentenza come noto, ex articolo 1 della legge n. 633/1941 , siano protette dal diritto d'autore le opere dell'ingegno aventi carattere creativo, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione.
Il diritto d'autore si acquista, a titolo originario, al momento della creazione dell'opera quale particolare espressione del lavoro intellettuale, senza che siano richiesti formalità o atti quali deposito, registrazione o pubblicazione (articolo 2576 c.c.).
Il contenuto del diritto d'autore è costituito da un complesso di facoltà, parte delle quali di natura morale e personale (diritti morali), altre di carattere patrimoniale (diritti di utilizzazione economica) concernenti l'opera creata.
I diritti morali d'autore sono strettamente legati alla persona dell'autore e vengono normalmente inquadrati tra i diritti della personalità; la loro specifica disciplina, contenuta negli articoli 20-24 legge 633/1941 e dall'articolo 2582 c.c., è diretta a tutelare sia interessi di natura patrimoniale che non patrimoniale.
Tra gli interessi patrimoniali discendenti dai diritti morali vanno annoverati l'interesse a godere della gamma di vantaggi sociali ed economici che discendono dalla notorietà di creativo intellettuale, quello a fruire dei vantaggi economici derivanti dall'essere indicato al pubblico quale autore, ed altresì quello a monetizzare l'indicazione di paternità offrendo di riferirla a chi sia disposto a pagare un compenso.
Tra gli interessi morali rientra, in particolare, quello ad acquisire e a conservare la reputazione derivante dalla corretta comunicazione agli altri delle proprie opere.
Tra i diritti morali va incluso, inoltre, il diritto al riconoscimento della paternità dell'opera, che si estrinseca nella facoltà di: a) essere pubblicamente indicato e riconosciuto come autore dell'opera; b) rivelarsi e farsi riconoscere in giudizio quale autore; c) rivendicare la paternità dell'opera opponendosi a qualsiasi deformazione, mutilazione o altra modificazione, d) disconoscere la paternità di un'opera.
A loro volta, i diritti a contenuto patrimoniale, detti anche diritti di utilizzazione economica, a differenza dei diritti morali, possono essere trasferiti oppure degradati a diritti a compenso in caso di utilizzazione dell'opera da parte di terzi.
Tribunale di Bologna, sezione IV, spec. mat. impr., sentenza 7 dicembre 2022 n. 3047

RESPONSABILITÀ SANITARIA
Responsabilità sanitaria – Responsabilità contrattuale – Onere della prova
(Cc, artticoli 1218, 2236)
Secondo il Tribunale di Palermo, intervenuto in tema di responsabilità contrattuale del medico nei confronti del paziente, quanto all'onere di allegazione e di prova, l'attore è tenuto a provare l'esistenza di un contratto intercorrente tra le parti (o contatto sociale), e ad allegare la sussistenza di qualificate inadempienze astrattamente idonee a provocare (quale causa o concausa efficiente) il danno lamentato, rimanendo, invece, a carico del debitore convenuto l'onere di dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato, ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante.
In particolare, in tema di responsabilità professionale del medico-chirurgo, sussistendo un rapporto contrattuale (quand'anche fondato sul solo contatto sociale), in base alla regola di cui all'articolo 1218 c.c., il paziente ha l'onere di allegare l'inesattezza dell'inadempimento, non la colpa né, tanto meno, la gravità di essa, dovendo il difetto di colpa o la non qualificabilità della stessa in termini di gravità (nel caso di cui all'articolo 2236 c.c.) essere allegata e provata dal medico.
In particolare, nel settore della responsabilità sanitaria occorre conciliare la fattispecie di cui al citato articolo 2236 c.c. (che limita la responsabilità del professionista intellettuale ai casi di dolo o colpa grave ove la prestazione implichi la soluzione di problemi di speciale difficoltà) con quella ex articolo 1176 c.c., ove è prevista una particolare diligenza, da valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata, nei casi in cui l'adempimento rientri nell'esercizio di un'attività professionale.
Le due disposizioni citate, apparentemente contrastanti atteso che l'una limita la responsabilità del professionista nei casi in cui l'altra gli impone una particolare diligenza, devono essere interpretate nel senso di ammettere l'esenzione di cui all'articolo 2236 c.c. nei soli casi d'imperizia, dovendo il medico rispondere anche per colpa lieve in ogni caso di negligenza o imprudenza.
Il Giudice, al fine di escludere la responsabilità del medico nella suddetta ipotesi, non può limitarsi a rilevare l'accertata insorgenza di complicanze ma deve, altresì, verificare la loro eventuale imprevedibilità ed inevitabilità, nonché l'insussistenza del nesso causale tra le cure prescelte e l'insorgenza delle predette complicanze, unitamente all'adeguatezza delle tecniche scelte dal medico per porvi rimedio.
Tribunale di Palermo, sezione III, sentenza 7 dicembre 2022 n. 5116

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