Civile

Consulta: Iva all’importazione non è dazio, cumulo sanzionatorio sproporzionato

La Corte costituzionale, con la sentenza numero 93/2025, ha accolto le questioni sollevate dalle Sezioni Unite della Cassazione sull’articolo 70, comma 1, del Dpr 633/1972

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Anche «se ora esplicitamente qualificata dal legislatore come diritto di confine, l’IVA all’importazione ha una natura radicalmente diversa dai dazi doganali e tale struttura non può essere incisa dalla suddetta qualificazione. La prima, infatti, a differenza dei secondi, è strutturata sulla base del principio di neutralità fiscale rispetto a tutte le attività economiche, il che implica il diritto per il soggetto passivo di detrarre l’Iva dovuta o assolta a seguito della cessione di beni o di prestazione di servizi. […] I dazi e le misure a essi equivalenti, invece, sono diritti di confine che svolgono funzioni ben diverse, essendo diretti ad aumentare il prezzo di specifiche merci nella prospettiva di proteggere l’economia e il mercato interno nonché ad alimentare le risorse proprie dell’Unione europea». La Corte costituzionale, con la sentenza numero 93/2025, depositata giovedì 3 luglio, ha accolto le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle Sezioni unite della Corte di cassazione, sull’articolo 70, primo comma, del Dpr 26 ottobre 1972, numero 633 (Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto), in relazione agli articoli 282 e 301 del Dpr 23 gennaio 1973, numero 43.

In base a tali disposizioni, infatti, l’apparato sanzionatorio, applicabile ratione temporis attraverso il rimando all’articolo 301 del Dpr numero 43 del 1973, si concretizza nella confisca anche dell’oggetto, che non estingue l’obbligazione tributaria e che si aggiunge al pagamento della sanzione pecuniaria da due a dieci volte l’importo evaso.

Si determina, in questi termini, un cumulo sanzionatorio che non ha eguali non solo rispetto al regime dell’Iva interna, ma nemmeno in riferimento ai dazi, che costituiscono i più tradizionali diritti di confine.

Per questi ultimi, infatti, l’articolo 124, paragrafo 1, lettera e), del Cdu (Codice Doganale dell’Unione), prevede che l’obbligazione doganale si estingue «quando le merci soggette a dazi all’importazione o all’esportazione vengono confiscate o sequestrate e contemporaneamente o successivamente confiscate».

La pronuncia ha ricordato che in base alla giurisprudenza costituzionale il principio di proporzionalità riguarda anche le sanzioni tributarie (sentenza numero 46 del 2023), per le quali, del resto, anche la Corte di giustizia dell’Unione europea ha elaborato una copiosa giurisprudenza in riferimento ai tributi armonizzati.

Anche per queste sanzioni si presenta quindi l’esigenza che non venga manifestamente meno il rapporto di congruità tra la sanzione e la gravità dell’illecito.

Del resto, ha sottolineato la sentenza, la prospettiva di assicurare una maggiore proporzionalità delle sanzioni tributarie è stata tracciata sin dalla legge 11 marzo 2014, numero 23 (Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita), che ha evidenziato l’esigenza di una commisurazione del sistema sanzionatorio tributario all’effettiva entità oggettiva e soggettiva delle violazioni. Il decreto legislativo 14 giugno 2024, numero 87 (Revisione del sistema sanzionatorio tributario, ai sensi dell’articolo 20 della legge 9 agosto 2023, n. 111), quindi, «ha ridisegnato all’insegna della proporzionalità il volto del sistema sanzionatorio tributario».

La sentenza ha però escluso la possibilità di eliminare la confisca dell’oggetto, perché «in caso di evasione dell’Iva all’importazione, non sarebbe sempre possibile, soprattutto in riferimento a beni non frazionabili, operare un sequestro conservativo (che rimarrebbe possibile, peraltro, solo per il profitto, cioè l’Iva evasa, ma non per le sanzioni) su beni di valore molto più elevato dell’Iva evasa».

La reductio ad legitimitatem è quindi avvenuta valorizzando la condotta dell’autore del fatto illecito, per cui le cose che costituiscono oggetto della violazione non sono confiscate se l’obbligato provvede al pagamento integrale dell’importo evaso, degli accessori, comprensivi degli interessi e della sanzione pecuniaria.

La Corte ha così dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 70, primo comma, del Dpr 26 ottobre 1972, n. 633, in relazione agli artt. 282 e 301 del Dpr 23 gennaio 1973, n. 43, nella parte in cui, nello stabilire che «[s]i applicano per quanto concerne le controversie e le sanzioni, le disposizioni delle leggi doganali relative ai diritti di confine», non prevede che, in caso di applicazione dell’art. 301 del d.P.R. n. 43 del 1973, le cose che costituiscono oggetto della violazione non sono confiscate se l’obbligato provvede al pagamento integrale dell’importo evaso, degli accessori, comprensivi degli interessi, e della sanzione pecuniaria.

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