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Condòmini in regola dopo i morosi, sì all'opposizione all'atto di precetto

Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la ordinanza n. 5043 depositata oggi, affermando principio del beneficio della preventiva escussione dei condomini morosi

di Francesco Machina Grifeo

No alla notifica degli atti di precetto nei confronti dei condòmini in regola con i pagamenti dovuti pro quota, senza la preventiva escussione dei condomini morosi. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la ordinanza n. 5043 depositata oggi, respingendo il ricorso di un creditore.

Confermata dunque la decisione del Tribunale di Foggia secondo cui mancava la prova che la creditrice avesse proceduto alla preventiva escussione dei condomini morosi, sicché la stessa non aveva diritto di procedere ad esecuzione forzata nei confronti dei condomini in regola con i pagamenti.

Proposto ricorso, la creditrice affermava, tra l'altro, di aver agito nei confronti dei convenuti "solo a seguito della conclamata inadempienza e insolvenza del Condominio … ed in forza dell'ordinanza del Tribunale di Foggia".

Per la II Sezione civile tuttavia la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei primi due commi dell'art. 63 disp. att. c.c., introdotti dalla legge di riforma del condominio (L. 11 dicembre 2012, n. 220). L'art. 63, comma 1, dispone che l'amministratore "è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi", mentre il comma 2 stabilisce che "[i] creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l'escussione degli altri condomini".

"E' dunque prescritto dalla legge - prosegue la decisione - che l'obbligo di pagamento delle quote dovute dai morosi, posto in capo ai condomini in regola nella contribuzione alle spese, è subordinato alla preventiva escussione di questi ultimi, sicché l'obbligo sussidiario di garanzia del condomino solvente risulta limitato in proporzione alla rispettiva quota del moroso".

L'art. 63, comma 2, disp. att., c.c. configura, pertanto, in capo ai condomini che abbiano regolarmente pagato la loro quota di contribuzione alle spese condominiali, ed in favore del terzo che sia rimasto creditore (per non avergli l'amministratore versato l'importo necessario a soddisfarne le pretese), un'obbligazione sussidiaria ed eventuale, favorita dal beneficium excussionis, avente ad oggetto non l'intera prestazione imputabile al condominio, quanto unicamente le somme dovute dai morosi.

La preventiva escussione richiede, di regola, l'esaurimento effettivo della procedura esecutiva individuale in danno del condomino moroso, prima di potere pretendere l'eventuale residuo insoddisfatto al condomino in regola. Essa dunque comporta non soltanto il dovere del terzo di iniziare le azioni contro il moroso, ma anche di continuarle con diligenza e buona fede: dunque, il creditore del condominio deve dapprima agire contro i partecipanti che siano in ritardo nei pagamenti delle spese per ottenere la condanna, ovvero un titolo esecutivo che permetta di dar corso all'espropriazione dei beni di quello; deve, inoltre, compiere ogni atto cautelare contro i beni stessi, per salvaguardarne l'indisponibilità durante il giudizio diretto alla condanna.

La Cassazione ha così affermato il seguente principio di diritto: "Il condomino in regola coi pagamenti, al quale sia intimato precetto da un creditore sulla base di un titolo esecutivo giudiziale formatosi nei confronti del condominio, può proporre opposizione a norma dell'art. 615 c.p.c. per far valere il beneficio di preventiva escussione dei condomini morosi che condiziona l'obbligo sussidiario di garanzia di cui all'art. 63, comma 2, disp. att. c.c., ciò attenendo ad una condizione dell'azione esecutiva nei confronti del condomino non moroso, e, quindi, al diritto del creditore di agire esecutivamente ai danni di quest'ultimo".

Con l'ordinanza n. 5068 sempre di oggi la II Sezione ribadisce poi il principio per cui in tema di ripartizione di oneri condominiali, le spese (per l'illuminazione e) la pulizia delle scale non configurano spese per la conservazione delle parti comuni, tendenti cioè a preservare l'integrità e a mantenere il valore capitale delle cose (artt. 1123, comma 1, e 1124, comma 1, c.c.), bensì spese utili a permettere ai condomini un più confortevole uso o godimento delle cose comuni e di quelle proprie; con la conseguenza che ad esse i condomini sono tenuti a contribuire, non già in base ai valori millesimali di comproprietà, ma sulla scorta dell'uso che ciascuno di essi può fare delle parti comuni (scale) in questione, secondo il criterio fissato dall'art. 1123, comma 2, c.c. .

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