Giustizia

Csm e separazione carriere, in commissione partiti divisi

Conclusa la bollinatura degli emendamenti, ora è corsa contro il tempoper approvare le modifiche. Su separazione delle carriere e Csm l'incognita referendum<br/>

di Giovanni Negri

Approda finalmente in commissione Giustizia della Camera la riforma di Csm e ordinamento giudiziario. Si è infatti conclusa la bollinatura degli emendamenti approvati all’unanimità in consiglio dei ministri ormai due settimane fa e dalla prossima settimana potrà ripartire il confronto tra le forze di maggioranza. Che non si annuncia facile e, verosimilmente, neppure breve. Sul cammino di un intervento già complesso, rimasto nei cassetti di Palazzo Chigi per quasi due mesi anche per la sua delicatezza, si è ora inserita anche l’incognita referendum.

Tre dei cinque quesiti ammessi, infatti, insistono su temi direttamente interessati dalla riforma. Ad agitare le acque soprattutto la separazione delle funzioni tra giudici e pubblici ministeri che i promotori del referendum vogliono rendere assoluta, quando il disegno di legge Bonafede a monte degli emendamenti Cartabia a valle, comunque dimezza, facendo passare da quattro a due i passaggi da una funzione all’altra (su questo punto le proposte Cartabia non intervengono direttamente). Già in consiglio dei ministri, peraltro, Forza Italia aveva preannunciato l’intenzione di ridurre ulteriormente, a una sola, le possibilità di transito.

Più di contorno, ma comunque significativi, gli oggetti degli altri due quesiti, sul diritto di voto degli avvocati nei consigli giudiziari in materia di valutazioni di professionalità dei magistrati, che gli emendamenti Cartabia ammettono sia pure a determinate condizioni, e il minimo di firme necessarie per la presentazione della candidatura dei togati alle elezioni per il rinnovo del Csm, dove gli emendamenti cancellano il requisito per la presentazione nei collegi binominali.

Divisivi nella maggioranza sono però anche altri elementi. A partire dal sistema elettorale del Csm, con gli emendamenti del Governo che intendono introdurre un sistema misto maggioritario-proporzionale, provando in questo modo a limitare l’influenza dei gruppi organizzati nella selezione dei candidati. Ma con Forza Italia, Lega e 5 Stelle che intendono riproporre il meccanismo del sorteggio, sia pure temperato per renderlo compatibile con la Costituzione che è chiara nel prevedere l’elezione dei componenti togati.

Con il sorteggio cioè si dovrebbe procedere all’individuazione di un numero di candidature superiore a quello dei seggi da coprire, procedendo poi su questi nomi alle elezioni. La ministra Cartabia ha invece introdotto il sorteggio solo in via eventuale, nel caso non sia assicurato un minimo di candidati nei collegi e per garantire la rappresentanza di genere.

Altro tema delicato, sul quale le crepe nella coalizione Draghi sono evidenti, è quello delle “porte girevoli” magistratura-politica. Gli emendamenti di 15 giorni fa, oltre a cancellare qualsiasi possibilità di contemporaneo esercizio del mandato politico ed esercizio dell’attività giudiziaria, erigono un muro assoluto alla possibilità di rientro in magistratura non solo per chi ha svolto un incarico elettivo, ma anche per le toghe chiamate a ricoprire ruoli più tecnici nelle compagini ministeriali o nelle amministrazioni locali. Troppo, per il Pd almeno, che si propone di mitigare la previsione, con l’obiettivo di non scoraggiare la partecipazione dei magistrati come figure tecniche oggi di difficile fungibilità.

A complicare ulteriormente le cose c’è anche il fattore tempo. Perchè la decisione, annunciata in conferenza stampa da Mario Draghi, di non volere procedere con il voto di fiducia sui testi passati con il sì di tutti i ministri, a differenza di quanto invece avvenuto per le due altre grandi riforme previste dal Pnrr, processo civile e penale, se garantisce una dialettica reale in Parlamento, tuttavia è destinata a un sicuro allungarsi del percorso di approvazione.

Oggi l’approdo in Aula alla Camera è fissato per la fine di marzo. Ma l’obiettivo è di arrivare all’entrata in vigore delle parte dedicata al sistema elettorale prima di luglio, quando sono in agenda, salvo rinvii per ora esclusi esplicitamente da Cartabia, le prossime elezioni per la nuova consiliatura. Del resto va anche ricordato che è dall’inizio di giugno, quando vennero depositati gli oltre 400 emendamenti al testo base Bonafede, che la Camera è rimasta in attesa delle proposte del Governo, impegnato sugli altri fronti aperti. Ora a nove mesi di distanza, i giochi sono ancora tutti da fare.

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