Civile

Cassazione civile: le principali sentenze di procedura della settimana

La selezione delle pronunce della Suprema corte nel periodo compreso tra il 5 ed il 9 aprile 2021

di Federico Ciaccafava

Nel consueto appuntamento con i depositi della giurisprudenza di legittimità in materia processualcivilistica, si segnalano questa settimana, tra le molteplici pronunce, quelle che, in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni: (i) giudizio di cassazione e deduzione del vizio di omessa pronunzia; (ii) giudizio di appello e domande ed eccezioni non accolte tra riproposizione ed appello incidentale; (iii) giudizio di appello e regime applicabile alla richiesta di restituzione delle somme versate in esecuzione della sentenza di primo grado; (iv) esecuzione forzata e crediti per inadempimento agli obblighi di mantenimento stabiliti in sede di separazione o divorzio; (v) decreto ingiuntivo non opposto, vizi notificatori e rimedi esperibili; (vi) giudizio di cassazione e prospettazione di "error in procedendo"; (vii) formazione giudicato, criteri di interpretazione e giudizio di cassazione; (viii) controversia di valore superiore ad euro 1.500.000,00, compenso del difensore e criteri di liquidazione giudiziale.

PROCEDURA CIVILE – I PRINCIPI IN SINTESI

IMPUGNAZIONI – Cassazione n. 9255/2021
L'ordinanza ribadisce che affinché possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronunzia, ai sensi dell'articolo 112 c.p.c., è necessario, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda od un'eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile, e, dall'altro, che tali istanze siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l'indicazione specifica, altresì, dell'atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l'una o l'altra erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, "in primis", la ritualità e la tempestività ed, in secondo luogo, la decisività delle questioni prospettatevi.

IMPUGNAZIONICassazione n. 9265/2021
L'ordinanza riafferma che la parte rimasta parzialmente soccombente in relazione ad una domanda od eccezione, di cui intende ottenere l'accoglimento, ha l'onere di proporre appello incidentale, pena il formarsi del giudicato sul rigetto della stessa.

IMPUGNAZIONI Cassazione n. 9266/2021
Nella decisione la Suprema Corte ribadisce che la richiesta di restituzione di somme corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado consegue alla richiesta di modifica della decisione impugnata, sicché non costituisce domanda nuova ed è ammissibile in appello, ma deve essere formulata, a pena di decadenza, con l'atto di gravame se, a tale momento, la sentenza sia stata già eseguita, ovvero nel corso del giudizio qualora l'esecuzione sia avvenuta dopo la proposizione dell'impugnazione, restando, invece, preclusa la proposizione della domanda con la comparsa conclusionale.

ESECUZIONE FORZATA Cassazione n. 9330/2021
La decisione afferma che il rito applicabile per la fase di merito a cognizione piena dell'opposizione all'esecuzione promossa per la soddisfazione di crediti di mantenimento derivanti dalla separazione o dal divorzio è certamente quello ordinario, mentre il rito speciale camerale è previsto dall'articolo 710 c.p.c. esclusivamente per la richiesta di modificazione dei provvedimenti riguardanti coniuge e prole conseguenti alla separazione, richieste che non possono essere formulate in sede di opposizione all'esecuzione.

ESECUZIONE FORZATACassazione n. 9332/2021
Nell'ordinanza la Suprema Corte ribadisce che il debitore sottoposto ad esecuzione forzata in base ad un titolo esecutivo costituito da decreto ingiuntivo non tempestivamente opposto, deve proporre opposizione all'esecuzione ai sensi dell'articolo 615, primo comma, cod. proc. civ., se intenda negare che il decreto gli sia mai stato validamente notificato, mentre, ove intenda dolersi della sola irregolarità della notificazione, deve proporre opposizione tardiva a decreto ingiuntivo, ai sensi dell'articolo 650 cod. proc. civ.

IMPUGNAZIONI Cassazione n. 9334/2021
La decisione nel riaffermare che la Corte di cassazione, allorquando debba accertare se il giudice di merito sia incorso in "error in procedendo", è anche giudice del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa, specifica che in tale ipotesi è necessario che la parte ricorrente non solo indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il "fatto processuale" di cui richiede il riesame, ma anche che illustri la corretta soluzione rispetto a quella erronea praticata dai giudici di merito, in modo da consentire alla Corte investita della questione, secondo la prospettazione alternativa del ricorrente, la verifica della sua esistenza e l'emenda dell'errore denunciato.

SENTENZA Cassazione n. 9338/2021
La pronuncia riafferma che il giudicato va assimilato agli elementi normativi, sicché la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell'esegesi delle norme e non già degli atti e dei negozi giuridici, e gli eventuali errori interpretativi sono sindacabili sotto il profilo della violazione di legge.

SPESE PROCESSUALI Cassazione n. 9464/2021
La decisione, enunciando espressamente il principio di diritto, afferma che la liquidazione giudiziale del compenso spettante ad un avvocato, da effettuarsi alla stregua dei parametri sanciti dal Dm n. 140 del 2012 ed in relazione all'attività professionale da lui svolta, nell'interesse del proprio cliente, in una controversia di valore superiore ad euro 1.500.000,00, postula che l'operato del giudice, ai sensi dell'articolo 11, comma 9, del Dm predetto, consenta di individuare le modalità di determinazione del concreto importo originario – ricompreso tra quelli minimo, medio e massimo, riferiti, di regola, allo scaglione precedente (fino ad euro 1.500.000,00) – successivamente da incrementarsi, specificandosene il criterio concretamente adottato, in funzione dell'effettivo valore della controversia, della natura e complessità della stessa, del numero e dell'importanza e complessità delle questioni trattate, nonché del pregio dell'opera prestata, dei risultati del giudizio e dei vantaggi, anche non patrimoniali, conseguiti dal cliente.
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PROCEDURA CIVILE – IL MASSIMARIO

Procedimento civile – Impugnazioni – Giudizio di cassazione – Deduzione del vizio di omessa pronunzia – Presupposti – Modalità conseguenti della sua proposizione – Individuazione – Effetti. (Cpc, articoli 112 e 360)
Affinché possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronunzia, ai sensi dell'articolo 112 cod. proc. civ., è necessario, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda od un'eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile, e, dall'altro, che tali istanze siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l'indicazione specifica, altresì, dell'atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l'una o l'altra erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, "in primis", la ritualità e la tempestività ed, in secondo luogo, la decisività delle questioni prospettatevi. Ove, quindi, si deduca la violazione, nel giudizio di merito, del citato articolo 112 cod. proc. civ., riconducibile alla prospettazione di un'ipotesi di "error in procedendo" per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del "fatto processuale", detto vizio, non essendo rilevabile d'ufficio, comporta pur sempre che il potere-dovere del giudice di legittimità di esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato, a pena di inammissibilità, all'adempimento da parte del ricorrente – per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione che non consente, tra l'altro, il rinvio "per relationem" agli atti della fase di merito – dell'onere di indicarli compiutamente, non essendo legittimato il suddetto giudice a procedere ad una loro autonoma ricerca, ma solo ad una verifica degli stessi (Nel caso di specie, relativo ai profili risarcitori conseguenti ad un giudizio di riconoscimento di paternità naturale, il giudice di legittimità, cassando con rinvio la decisione impugnata, ha ritenuto da un lato che l'onere processuale fosse stato ritualmente assolto, avendo il ricorrente provveduto alla trascrizione della relativa parte rilevante, sia dell'atto introduttivo del giudizio che dell'atto di appello, e dall'altro. che in merito al denunziato vizio processuale relativo alla domanda di riconoscimento dell'invocato danno patrimoniale non vi fosse pronuncia del giudice di merito, il quale, lungi dal collegare direttamente al "petitum" la circostanza della denegata paternità, secondo lo specifico riflesso patrimoniale indicato, aveva invece ricondotto il danno alla patologia di cui era affetto il ricorrente, ed una volta escluso il nesso eziologico fra quest'ultima e la denegata paternità, aveva rigettato la domanda relativa al pregiudizio patrimoniale). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile L, sentenza 5 agosto 2019, n. 20924; Cassazione, sezione civile L, sentenza 4 luglio 2014, n. 15367).
Cassazione, sezione III civile, ordinanza 6 aprile 2021, n. 9255 – Presidente Vivaldi – Relatore Scoditti

Procedimento civile – Impugnazioni – Giudizio di appello – Parte soccombente su una domanda o un'eccezione – Appello incidentale condizionato – Proposizione – Necessità – Mancata proposizione – Formazione del giudicato implicito. (Cpc, articolo 3 46)
Soltanto la parte vittoriosa in primo grado non ha l'onere di proporre appello incidentale per far valere le domande e le eccezioni non accolte e, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia ex articolo 346 cod. proc. civ., può limitarsi a riproporle, mentre la parte rimasta parzialmente soccombente in relazione ad una domanda od eccezione, di cui intende ottenere l'accoglimento, ha l'onere di proporre appello incidentale, pena il formarsi del giudicato sul rigetto della stessa. (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, sentenza 13 maggio 2016, n. 9889; Cassazione, sezione civile III, sentenza 14 marzo 2013, n. 6550).
Cassazione, sezione I civile, ordinanza 6 aprile 2021, n. 9265 – Presidente Campanile – Relatore Caiazzo

Procedimento civile – Impugnazioni – Giudizio di appello – Domanda di restituzione di somme pagate in esecuzione della sentenza di primo grado – Novità – Esclusione – Proposizione nel corso del giudizio di appello – Ammissibilità – Condizioni e limiti. (Cpc, articoli 190, 282, 345, 389)
La richiesta di restituzione delle somme corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado, essendo conseguente alla richiesta di modifica della decisione impugnata, non costituisce domanda nuova ed è perciò ammissibile in appello; la stessa deve, peraltro, essere formulata, a pena di decadenza, con l'atto di appello, se il gravame è stato proposto successivamente all'esecuzione della sentenza, essendo invece ammissibile la proposizione nel corso del giudizio, ma non con la comparsa conclusionale, soltanto qualora l'esecuzione della sentenza sia avvenuta successivamente alla proposizione dell'impugnazione (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso incidentale in quanto la società ricorrente, pur lamentando l'omessa pronuncia della corte territoriale in ordine alla ripetizione delle spese giudiziali versate in forza della sentenza di primo grado, aveva omesso di precisare se e quando fosse stata spiegata la relativa domanda, risultando pertanto il mezzo di censura privo del crisma dell'autosufficienza). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile L, ordinanza 30 gennaio 2018, n. 2292; Cassazione, sezione civile III, sentenza 26 gennaio 2016, 1324).
Cassazione, sezione I civile, ordinanza 6 aprile 2021, n. 9266 – Presidente De Chiara – Relatore Falabella

Procedimento civile – Esecuzione forzata – Crediti derivanti da inadempimento agli obblighi di mantenimento stabiliti in sede di separazione o divorzio – Opposizione all'esecuzione – Fase di merito a cognizione piena – Rito ordinario – Applicabilità. (Cpc, articoli 616, 706, 710 e 737)
La fase di merito dell'opposizione avverso l'esecuzione forzata promossa per crediti derivanti da inadempimento agli obblighi di mantenimento stabiliti in sede di separazione o divorzio è soggetta al rito ordinario e deve quindi essere instaurata con atto di citazione. Infatti, il rito applicabile per la fase di merito a cognizione piena dell'opposizione all'esecuzione promossa per la soddisfazione di crediti di mantenimento derivanti dalla separazione o dal divorzio è certamente quello ordinario, come è del resto pacifico nella prassi applicativa, mentre il rito speciale camerale è previsto dall'articolo 710 cod. proc. civ. esclusivamente per la richiesta di modificazione dei provvedimenti riguardanti coniuge e prole conseguenti alla separazione, richieste che non possono essere formulate in sede di opposizione all'esecuzione (Nel caso di specie, rilevato che dopo la fase sommaria davanti al giudice dell'esecuzione, l'opponente aveva instaurato il giudizio di merito a cognizione piena relativo alla presente opposizione, mediante ricorso depositato entro il termine perentorio fissato, ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. civ. dallo stesso giudice dell'esecuzione, ma notificato in data successiva alla scadenza di quel termine, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato la pronuncia impugnata e, decidendo nel merito, dichiarato improcedibile l'opposizione). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 7 novembre 2012, n. 19264; Cassazione, sezione civile III, ordinanza 19 gennaio 2011, n. 1152).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 7 aprile 2021, n. 9330 – Presidente Amendola – Relatore Tatangelo

Procedimento civile – Esecuzione forzata – Titolo esecutivo – Decreto d'ingiunzione dichiarato esecutivo per mancata opposizione – Deduzione di notificazione inesistente o invalida – Rimedi esperibili – Individuazione. (Cpc, articoli 615, 644 e 650; Legge n. 890/1982, articolo 8)
Di fronte alla minaccia dell'esecuzione forzata in base ad un decreto d'ingiunzione dichiarato esecutivo per mancata opposizione, l'ingiunto, che sostenga l'inesistenza della notificazione del decreto stesso, cioè deduca che nei suoi riguardi non è mai stata eseguita un'operazione di notificazione giuridicamente qualificabile come tale, può proporre opposizione all'esecuzione forzata ex articolo 615 cod. proc. civ. e tale rimedio è proponibile, ove l'esecuzione inizi, fintanto che il processo esecutivo non si sia concluso. Qualora, viceversa, l'ingiunto deduca un vizio della notificazione non riconducibile al suddetto concetto di inesistenza, l'unico rimedio esperibile si identifica nell'opposizione tardiva ex articolo 650 cod. proc. civ., che è proponibile soltanto entro il termine di cui al comma 3 di tale norma. La ragione della distinzione sta nel fatto che quando l'ingiunto nega che in suo confronto sia mai stata eseguita un'operazione di notificazione giuridicamente qualificabile come tale, sostiene, nella sostanza, che l'ingiunzione è divenuta inefficace ai sensi dell'articolo 644 cod. proc. civ. e non ha mai acquistato esecutorietà per mancanza dell'opposizione, sicché la parte istante è del tutto sprovvista del titolo esecutivo in base al quale intende promuovere l'esecuzione forzata (Nel caso di specie, nel rigettare il ricorso, il giudice di legittimità ha osservato che, pur volendo condividere la prospettazione in fatto e, parzialmente, in diritto sostenuta dal ricorrente, trattandosi comunque di notificazione del decreto ingiuntivo al più nulla, ma non certo giuridicamente inesistente, quest'ultimo non avrebbe potuto proporre opposizione all'esecuzione ai sensi dell'articolo 615 cod. proc. civ., per la mancanza di valido titolo esecutivo, ma esclusivamente l'opposizione tardiva al decreto ingiuntivo, ai sensi dell'articolo 650 cod. proc. civ., contestando il merito del provvedimento monitorio) (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 31 agosto 2015, n. 17308; Cassazione, sezione civile III, sentenza 22 gennaio 2014, n. 1219; Cassazione, sezione civile III, sentenza 14 giugno 1999, n. 588 4).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 7 aprile 2021, n. 9332 – Presidente Amendola – Relatore Tatangelo

Procedimento civile – Impugnazioni – Giudizio di cassazione – Accertamento in ordine alla ricorrenza di "error in procedendo" del giudice di merito – Poteri della corte di cassazione – Oneri gravanti sul ricorrente. (Cpc, articoli 99, 112, 360, 366)
La Corte di cassazione, allorquando debba accertare se il giudice di merito sia incorso in "error in procedendo", è anche giudice del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa; tuttavia, non essendo il predetto vizio rilevabile "ex officio", né potendo la Corte ricercare e verificare autonomamente i documenti interessati dall'accertamento, è necessario che la parte ricorrente non solo indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il "fatto processuale" di cui richiede il riesame, ma anche che illustri la corretta soluzione rispetto a quella erronea praticata dai giudici di merito, in modo da consentire alla Corte investita della questione, secondo la prospettazione alternativa del ricorrente, la verifica della sua esistenza e l'emenda dell'errore denunciato (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio di riconoscimento di spettanze retributive conseguenti all'accertamento di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, la Suprema Corte ha ritenuto inammissibile la censura riguardante le risultanze della consulenza tecnico contabile, in quanto, in difetto di trascrizione o di allegazione della domanda originaria, le doglianze formulate dalla ricorrente lavoratrice, rivelandosi eccessivamente generiche, non consentivano di valutare la fondatezza delle critiche prospettate con il motivo di ricorso). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 25 luglio 2019, n. 20181; Cassazione, sezione civile I, sentenza 2 febbraio 2017, n. 2771).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 7 aprile 2021, n. 9334 – Presidente Leone – Relatore De Felice

Procedimento civile – Sentenza – Giudicato esterno – Interpretazione – Assimilazione all'esegesi di norme di legge – Conseguenze – Sindacato di legittimità – Violazione di legge – Ammissibilità – Estensione dei poteri di valutazione e interpretazione della Corte di cassazione. (Cpc, articolo 360; Cc, articoli 2043 e 2909)
Il giudicato va assimilato agli elementi normativi, cosicché la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell'esegesi delle norme e non già degli atti e dei negozi giuridici, e gli eventuali errori interpretativi sono sindacabili sotto il profilo della violazione di legge; ne consegue che il giudice di legittimità può direttamente accertare l'esistenza e la portata del giudicato esterno, con cognizione piena, che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall'interpretazione data al riguardo dal giudice di merito (Principio espresso in riferimento all'efficacia di giudicato di una sentenza di fallimento rispetto ad una domanda di responsabilità di una banca per avere la stessa, con condotta illecita, determinato lo stato di insolvenza). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, sentenza 5 ottobre 2009, n. 21200; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 28 novembre 2007, n. 24664).
Cassazione, sezione III civile, ordinanza 8 aprile 2021, n. 9388 – Presidente Vivaldi – Relatore Scoditti

Procedimento civile – Spese processuali – Avvocati – Compenso – Liquidazione giudiziale – Parametri ex d.m. n. 140 del 2012 – Controversia di valore superiore ad euro 1.500.000,00 – Determinazione – Criteri. (Cc, articolo 2233; Dm, n. 140/2012, articoli 1, 4 e 11)
La liquidazione giudiziale del compenso spettante ad un avvocato, da effettuarsi alla stregua dei parametri sanciti dal Dm n. 140 del 2012 ed in relazione all'attività professionale da lui svolta, nell'interesse del proprio cliente, in una controversia di valore superiore ad euro 1.500.000,00, postula che l'operato del giudice, ai sensi dell'articolo 11, comma 9, del Dm predetto, consenta di individuare le modalità di determinazione del concreto importo originario – ricompreso tra quelli minimo, medio e massimo, riferiti, di regola, allo scaglione precedente (fino ad euro 1.500.000,00) – successivamente da incrementarsi, specificandosene il criterio concretamente adottato, in funzione dell'effettivo valore della controversia, della natura e complessità della stessa, del numero e dell'importanza e complessità delle questioni trattate, nonché del pregio dell'opera prestata, dei risultati del giudizio e dei vantaggi, anche non patrimoniali, conseguiti dal cliente (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte, enunciando espressamente il principio di diritto, ha cassato con rinvio il decreto impugnato con cui in tribunale, in sede di impugnazione dello stato passivo fallimentare, aveva considerevolmente ridotto l'importo del credito, ammesso al passivo in via prededuttiva, vantato dal ricorrente avvocato per lo svolgimento dell'attività professionale prestata sia nella predisposizione della domanda di ammissione al concordato preventivo della società fallita che nella partecipazione agli atti del conseguente procedimento). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile L, ordinanza 10 maggio 2019, n. 12537).
Cassazione, sezione I civile, ordinanza 9 aprile 2021, n. 9464 – Presidente Genovese – Relatore Amatore

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