Immobili

Se il distacco viene annullato scatta l’obbligo di riallaccio

Senza consenso unanime l’assemblea non può interrompere la fornitura

di Camilla Curcio

Il riallaccio del condominio all’impianto di riscaldamento centralizzato è obbligatorio se la delibera che ne aveva stabilito il distacco è nulla. È così che la seconda sezione civile della Cassazione, con la sentenza 24976/22 depositata il 19 agosto, ha messo un punto alla lunga battaglia legale tra il proprietario di un immobile e il condominio di cui fa parte.

I fatti di causa

Nel 2001 una società immobiliare che pochi anni prima aveva acquistato un appartamento in condominio di un grosso complesso residenziale di Segrate aveva impugnato la delibera del 1994 con cui l’assemblea, alla presenza di soli 15 aventi diritto, aveva autorizzato il distacco dall'impianto centralizzato di riscaldamento e acqua. Il ricorrente, richiamando il regolamento del condominio periferico e le clausole delle disposizioni del supercondominio (che vietavano ai residenti la rinuncia ai servizi comuni e il distacco in assenza di consenso unanime), aveva eccepito l’illegittimità della delibera, chiedendo il riallaccio.

Non solo: al di là della norma, la misura risultava problematica per altre due ragioni: il risparmio energetico che ne sarebbe derivato era inconsistente, perché il costo del metano superava quello del combustibile Ecoden, e inoltre la percentuale fissa da corrispondere al condominio centrale (pari al 30 per cento) rimaneva invariata. In aggiunta, non si trattava neppure di una manovra green: l’installazione dei 21 camini autonomi avrebbe incrementato il tasso di inquinamento atmosferico vista l'assenza dei filtri di depurazione dei fumi.

L’opposizione del condominio

Motivazioni a cui si era opposto il condominio che, per ribadire la validità della decisione, aveva sottolineato come il sistema centralizzato, risalente a trent’anni prima, era obsoleto e necessitava di una manutenzione che, a lungo andare, sarebbe diventata dispendiosa. In più, i tempi di impugnazione erano incongruenti: la denuncia del proprietario del locale era arrivata a distanza di sette anni dall’approvazione delle modifiche e a tre anni dall'acquisto dell’appartamento.

La decisione della Cassazione

La Corte d’appello di Milano, pur confermando l’illegittimità della delibera - che avrebbe richiesto l’unanimità per essere approvata – aveva escluso l’automatismo del riallaccio come conseguenza dell’annullamento della decisione condominiale. Ritornare al progetto originario, infatti, avrebbe comportato il rischio di caricare sui residenti del supercondominio le spese di ripristino. Soluzione, questa, non condivisa dalla Cassazione che, invalidando l’argomentazione degli oneri a scapito di soggetti terzi e decidendo per un secondo giudizio di merito, ha precisato che la dichiarazione di nullità del documento assembleare costituisce «il presupposto giuridico per farne derivare la necessaria condanna al riallaccio al servizio centralizzato».

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