Civile

Cassazione civile: le principali sentenze di procedura della settimana

La selezione delle pronunce della Suprema corte nel periodo compreso tra il 23 ed il 27 agosto 2021

di Federico Ciaccafava

Nel consueto appuntamento con i depositi della giurisprudenza di legittimità in materia processualcivilistica, si propongono, nel periodo oggetto di scrutinio, le pronunce che, in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni: (i) equa riparazione del danno da irragionevole durata del processo e procedura di concordato fallimentare; (ii) consulenza tecnica d’ufficio, formulazione quesiti e limiti all’acquisizione documentale; (iii) giudizio di appello e regolamento d’ufficio delle spese processuali; (iv) difetto di rappresentanza, mancanza di procura e regime della sanatoria; (v) giudizio d’appello, specificità dei motivi e sanzione di inammissibilità; (vi) competenza per valore e formulazione domanda risarcitoria; (vii) domanda di costituzione servitù coattiva d’acquedotto ed integrità del contradditorio; (viii) rapporti di durata ed autorità del giudicato.

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PROCEDURA CIVILE-I PRINCIPI IN SINTESI

EQUA RIPARAZIONE - Cassazione n. 23284/2021

L’ordinanza, resa in tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo, ribadisce, in caso di procedura di concordato fallimentare, che il “dies a quo” per valutare la tempestività della proposizione del ricorso, ai sensi dell’articolo 4 della legge 24 marzo 2001, n. 89, coincide con il momento in cui il decreto di chiusura del fallimento diviene definitivo.

PROVA CIVILE - Cassazione n. 23295/2021

L’ordinanza consolida il principio secondo cui il consulente tecnico d’ufficio, ai sensi dell’articolo 194 c.p.c., può acquisire ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti, sebbene risultante da documenti non prodotti dalle parti, sempre che si tratti di fatti accessori, rientranti nell’ambito strettamente tecnico della consulenza e costituenti il presupposto necessario per rispondere ai quesiti formulati, e non di fatti e situazioni che, essendo posti direttamente a fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti, debbano necessariamente essere provati dalle stesse.

SPESE PROCESSUALI - Cassazione n. 23297/2021

La decisione dà continuità al principio secondo cui il giudice di appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale, mentre, in caso di conferma della sentenza impugnata, la decisione sulle spese può essere modificata soltanto se il relativo capo della sentenza abbia costituito oggetto di specifico motivo d’impugnazione.

DIFENSORI - Cassazione n. 23353/2021

La pronuncia riafferma che, alla stregua dell’articolo 182, comma 2, c.p.c., il giudice che accerti un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione è tenuto a promuovere la sanatoria anche qualora la procura manchi del tutto, restando irrilevante la distinzione tra nullità ed inesistenza della stessa.

IMPUGNAZIONI - Cassazione n. 23433/2021

La decisione, resa in tema di appello, ribadisce che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, non occorrendo l’utilizzo di particolari forme né la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata.

COMPETENZA - Cassazione n. 23434/2021

La pronuncia richiama il principio di diritto secondo cui in tema di determinazione della competenza per valore, nell’ipotesi in cui una domanda di risarcimento danni venga proposta avanti al giudice di pace con la richiesta della condanna della controparte al pagamento di un importo indicato in una somma inferiore (o pari) al limite della giurisdizione equitativa del giudice di pace ovvero della somma maggiore o minore che risulti dovuta all’esito del giudizio, la formulazione di questa seconda richiesta alternativa non può essere considerata - agli effetti dell’articolo 112 c.p.c. - come meramente di stile, in quanto essa (come altre consimili), lungi dall’avere un contenuto meramente formale, manifesta la ragionevole incertezza della parte sull’ammontare del danno effettivamente da liquidarsi e ha lo scopo di consentire al giudice di provvedere alla giusta liquidazione del danno senza essere vincolato all’ammontare della somma determinata che venga indicata nelle conclusioni specifiche. Ne discende che la suddetta richiesta alternativa si risolve in una mancanza di indicazione della somma domandata, con la conseguenza che la domanda, ai sensi della seconda proposizione dell’articolo 14 c.p.c., si deve presumere di valore eguale alla competenza del giudice adito e che, ai sensi del terzo comma della stessa norma, in difetto di contestazione da parte del convenuto del valore così presunto, quest’ultimo rimane “fissato, anche agli effetti del merito, nei limiti della competenza del giudice adito”, cioè nel massimo della competenza per valore del giudice di pace sulla tipologia di domande fra cui rientra quella proposta.

LITISCONSORZIO NECESSARIO - Cassazione n. 23459/2021

Richiamando un principio espresso dalle Sezioni Unite, la decisione afferma che anche in materia di servitù coattiva d’acquedotto l’azione di costituzione coattiva di servitù di passaggio deve essere contestualmente proposta nei confronti dei proprietari di tutti i fondi che si frappongono all’accesso alla pubblica via.

SENTENZA - Cassazione n. 23534/2021

L’ordinanza ribadisce che, in ordine ai rapporti giuridici di durata e alle obbligazioni periodiche che eventualmente ne costituiscano il contenuto, sui quali il giudice pronuncia con accertamento su una fattispecie attuale ma con conseguenze destinate ad esplicarsi anche in futuro, l’autorità del giudicato impedisce il riesame e la deduzione di questioni tendenti ad una nuova decisione di quelle già risolte con provvedimento definitivo, il quale pertanto esplica la propria efficacia anche nel tempo successivo alla sua emanazione, con l’unico limite di una sopravvenienza, di fatto o di diritto, che muti il contenuto materiale del rapporto o ne modifichi il regolamento.

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PROCEDURA CIVILE - IL MASSIMARIO

Procedimento civile - Processo per l’equa riparazione del danno da irragionevole durata del processo - Procedura fallimentare - Concordato fallimentare - Proposizione ricorso - Valutazione tempestività - “Dies a quo” - Individuazione - Fondamento.  (Rd, n. 267/1942, articolo 129; Legge n. 89/2001, articoli 2 e 4)
In tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo, la procedura di concordato fallimentare è strutturalmente connessa al più ampio procedimento fallimentare in quanto fase ed attività eventuale che inerisce al giudizio concorsuale principale; ne consegue che il “dies a quo” per valutare la tempestività della proposizione del ricorso, ai sensi dell’articolo 4 della legge 24 marzo 2001, n. 89, coincide con il momento in cui il decreto di chiusura del fallimento diviene definitivo (Nel caso di specie, rigettando anche il ricorso incidentale proposto dal Ministero della Giustizia, la Suprema Corte ha ritenuto infondato il motivo con cui era stata denunciata la tardività del ricorso proposto da controparte essendo stata ricompresa, nella durata della procedura fallimentare, anche la frazione temporale relativa all’esecuzione del concordato con riconducibilità del “dies a quo” ex articolo 4 della citata legge 89/2001 alla acquisita definitività del decreto emesso a seguito della avvenuta esecuzione del concordato medesimo). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 2 settembre 2014, n. 18538).

C assazione, sezione II civile, ordinanza 23 agosto 2021, n. 23284 - Presidente Manna - Relatore Besso Marcheis

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Procedimento civile - Prova civile - Consulenza tecnica - Acquisizione da parte del c. consulente tecnico d’ufficio di documenti - Assunzione di informazioni e accertamento di fatti accessori costituenti presupposti necessari per rispondere ai quesiti - Ammissibilità. (Cpc, articoli 184 e 194)

  Il consulente tecnico d’ufficio, ai sensi dell’articolo 194 del codice di procedura civile, può acquisire ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti, sebbene risultante da documenti non prodotti dalle parti, sempre che si tratti di fatti accessori, rientranti nell’ambito strettamente tecnico della consulenza e costituenti il presupposto necessario per rispondere ai quesiti formulati, e non di fatti e situazioni che, essendo posti direttamente a fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti, debbano necessariamente essere provati dalle stesse (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta in ordine al pagamento del corrispettivo dovuto per l’esecuzione di un contratto di appalto d’opere edili, la Suprema Corte ha ritenuto infondato il motivo del ricorso incidentale con cui la società appaltante aveva lamentato la nullità della pronuncia quale esito della nullità della consulenza tecnica in quanto l’acquisizione della documentazione oggetto di censura non mirava a far accertare fatti posti a fondamento della domanda di controparte, bensì solo a favorire la risposta ai quesiti, non dovendosi pertanto applicare l’articolo 184 del codice di procedura civile, ma l’articolo 194 del codice di procedura civile, in forza del quale il consulente d’ufficio, pur in mancanza di espressa autorizzazione del giudice può assumere informazioni e procedere all’accertamento dei fatti accessori costituenti presupposti necessari per rispondere ai quesiti medesimi). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, sentenza 21 agosto 2012, n. 14577).
Ca ssazione, sezione II civile, ordinanza 23 agosto 2021, n. 23295 - Presidente Di Virgilio - Relatore Marrone

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Procedimento civile - Spese processuali - Impugnazioni - Giudizio di appello - Rideterminazione officiosa dell’onere delle spese processuali - Ammissibilità - Condizioni. (Cpc, articoli 91, 92 e 336)

  Il giudice di appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale, mentre, in caso di conferma della sentenza impugnata, la decisione sulle spese può essere modificata soltanto se il relativo capo della sentenza abbia costituito oggetto di specifico motivo d’impugnazione (Nel caso di specie, in cui il ricorrente aveva lamentato che il giudice di seconde cure lo aveva condannato anche alla refusione delle spese di prime cure, senza considerare che l’appellante aveva concluso invocando soltanto la compensazione delle spese del giudizio di primo grado, la Suprema Corte ha ritenuto inammissibile la censura in quanto il governo delle spese del doppio grado di giudizio costituiva conseguenza della riforma della sentenza di prime cure disposta dalla decisione oggetto di impugnazione;  in tutti i casi in cui il giudice di appello accolga l’impugnazione principale, riformando la decisione di prime cure, osserva la pronuncia, egli è tenuto a regolare le spese del doppio grado, anche a prescindere dall’esistenza di un motivo di gravame sul punto, posto che la pronuncia sulle spese costituisce una diretta conseguenza di quella sui motivi di impugnazione; solo nei casi in cui l’appello sia rigettato, ovvero accolto in senso maggiormente favorevole per la parte già vittoriosa in prime cure, le spese di prime cure possono essere riviste dal giudice dell’impugnazione solo a condizione che, sul punto, sia stato proposto specifico motivo di gravame poiché in tale ipotesi viene meno il rapporto di necessaria conseguenzialità tra le due pronunce, sul merito e sulle spese).  (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 29 ottobre 2019, n. 27606; Cassazione, sezione civile III, sentenza 26 settembre 2019, n. 23985; Cassazione, sezione civile III, ordinanza 12 aprile 2018, n. 9064).

Cassazione, sezione II civile, ordinanza 23 agosto 2021, n. 23297 - Presidente Gorjan - Relatore Oliva

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Procedimento civile - Difensori - Vizio rappresentanza - Sanatoria - Necessità Procura - Distinzione tra nullità ed inesistenza - Irrilevanza. (Cpc, articoli 83, 85 e 182)

  Alla stregua dell’articolo 182, comma 2, del codice di procedura civile, il giudice che accerti un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione è tenuto a promuovere la sanatoria, assegnando un termine alla parte che non vi abbia provveduto di sua iniziativa, con effetti “ex tunc”, senza il limite delle preclusioni derivanti dalle decadenze processuali, anche qualora la procura manchi del tutto, restando irrilevante la distinzione tra nullità ed inesistenza della stessa (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha cassato con rinvio il decreto impugnato con cui la corte d’appello, adita in sede di giudizio per l’equa riparazione del danno da irragionevole durata del processo, rilevato un difetto di rappresentanza in capo al professionista che aveva sottoscritto il ricorso in quanto la procura “ad litem” risultava rilasciata ad altro difensore, aveva dichiarato inammissibile il ricorso anziché invitare il ricorrente a sanare il vizio di rappresentanza).(Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, ordinanza 7 maggio 2018, n. 10885).
Cassazione, sezione II civile, ordinanza 24 agosto 2021, n. 23353 - Presidente Manna - Relatore Cosentino

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Procedimento civile - Impugnazioni - Giudizio di appello - Motivi - Specificità - Condizioni - Chiarezza dei punti contestati e delle ragioni di dissenso - Sufficienza - - Fattispecie in materia di giudizio di accertamento di usucapione speciale . (Cc, articolo 1159-bis; Cpc, articolo 342)

  L’articolo 342 del codice di procedura civile, nel testo riformulato dal decreto legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, deve essere interpretato nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, non occorrendo l’utilizzo di particolari forme né la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Nel caso di specie, relativo ad una domanda di accertamento dell’usucapione speciale di terreni ex articolo 1159-bis del codice civile, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio la pronuncia impugnata che aveva dichiarato inammissibile il gravame in quanto mancante di specificità; nella circostanza, infatti, specifica il giudice di legittimità, come reso evidente dal ricorso nonché dall’esame diretto dell’atto di appello, consentito dalla denuncia di “error in procedendo”, il ricorrente aveva osservato il profilo della specificità imposto dall’articolo 342 del codice di procedura civile avendo censurato la decisione di primo grado con riferimento, in particolare, alla valutazione delle prove a sostegno della domanda di usucapione, avuto riguardo alle caratteristiche dei terreni, alle modalità di utilizzo degli stessi ed alla durata dell’esercizio di attività asseritamente corrispondenti al possesso). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, ordinanza 4 novembre 2020, n. 24464; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 16 novembre 2017, n. 27199).
Cassazione, sezione II civile, ordinanza 25 agosto 2021, n. 23433 - Presidente Orilia - Relatore Picaroni

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Procedimento civile - Competenza - Per valore - Domanda di risarcimento danni soggetta alla regola di competenza per valore - Proposizione avanti al giudice di pace - Indicazione di somma nel limite della giurisdizione equitativa - Generica richiesta alternativa di somma maggiore o minore - Qualificazione come formula di stile - Esclusione - Fondamento - Conseguenze. (Cpc, articoli 10, 14 e 112)

  In tema di determinazione della competenza per valore, nell’ipotesi in cui una domanda di risarcimento danni venga proposta avanti al giudice di pace con la richiesta della condanna della controparte al pagamento di un importo indicato in una somma inferiore (o pari) al limite della giurisdizione equitativa del giudice di pace ovvero della somma maggiore o minore che risulti dovuta all’esito del giudizio, la formulazione di questa seconda richiesta alternativa non può essere considerata - agli effetti dell’articolo 112 del codice di procedura civile - come meramente di stile, in quanto essa (come altre consimili), lungi dall’avere un contenuto meramente formale, manifesta la ragionevole incertezza della parte sull’ammontare del danno effettivamente da liquidarsi e ha lo scopo di consentire al giudice di provvedere alla giusta liquidazione del danno senza essere vincolato all’ammontare della somma determinata che venga indicata nelle conclusioni specifiche. Ne discende che la suddetta richiesta alternativa si risolve in una mancanza di indicazione della somma domandata, con la conseguenza che la domanda, ai sensi della seconda proposizione dell’articolo 14 del codice di procedura civile, si deve presumere di valore eguale alla competenza del giudice adito e che, ai sensi del terzo comma della stessa norma, in difetto di contestazione da parte del convenuto del valore così presunto, quest’ultimo rimane “fissato, anche agli effetti del merito, nei limiti della competenza del giudice adito”, cioè nel massimo della competenza per valore del giudice di pace sulla tipologia di domande fra cui rientra quella proposta (Nel caso di specie, relativo ad una domanda di condanna al risarcimento del danno per negligenza professionale proposta nei confronti di un avvocato in relazione ad un mandato avente ad oggetto un incidente stradale, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso di quest’ultimo, ha cassato con rinvio la pronuncia impugnata in quanto il tribunale, quale  giudice dell’appello, nell’accogliere la domanda attorea, era andato “ultra petita” in quanto, essendo la richiesta di risarcimento del danno quantificata in euro cinquemila, ere stato erroneamente liquidato un importo maggiore). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 11 luglio 2006, n. 15698).
Cassazione, sezione II civile, ordinanza 25 agosto 2021, n. 23434 - Presidente Gorjan - Relatore Varrone

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Procedimento civile - Litisconsorzio necessario - Diritti reali - Servitù prediali - Servitù coattiva d’acquedotto - Azione di costituzione - Proposizione nei confronti dei proprietari di tutti i fondi - Necessità. (Cc, articoli 1033, 1034, 1037 e 1051; Cpc, articolo 102)

  Sussistendo la medesima “ratio”, in materia di servitù coattiva d’acquedotto vale il principio, enunciato dalla Sezioni unite, secondo il quale l’azione di costituzione coattiva di servitù di passaggio deve essere contestualmente proposta nei confronti dei proprietari di tutti i fondi che si frappongono all’accesso alla pubblica via; né, al fine, è bastevole alla parte istante allegare che su tutte le altre tratte o su talune di esse, il passaggio avvenga precariamente. (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 22 aprile 2013, n. 9685).
Cassazione, sezione II civile, ordinanza 26 agosto 2021, n. 23459 - Presidente Bellini - Relatore Grasso

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Procedimento civile - Sentenza - Cosa giudicata - Effetti del giudicato - Rapporti di durata - Efficacia del giudicato anche per il futuro - Ammissibilità - Limiti - Fattispecie relativa a contribuzione previdenziale Enpab. (Cc, articolo 2909; Cpc, articolo 324)

In ordine ai rapporti giuridici di durata ed alle obbligazioni periodiche che eventualmente ne costituiscano il contenuto, sui quali il giudice pronuncia con accertamento su una fattispecie attuale ma con conseguenze destinate ad esplicarsi anche in futuro, l’autorità del giudicato impedisce il riesame e la deduzione di questioni tendenti ad una nuova decisione di quelle già risolte con provvedimento definitivo, il quale pertanto esplica la propria efficacia anche nel tempo successivo alla sua emanazione, con l’unico limite di una sopravvenienza, di fatto o di diritto, che muti il contenuto materiale del rapporto o ne modifichi il regolamento. Infatti,  il vincolo derivante dal giudicato, partecipando della natura dei comandi giuridici, non costituisce patrimonio esclusivo delle parti, ma, mirando ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio del “ne bis in idem”, corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo, e consistente nell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione; e la relativa preclusione opera, in riferimento ai rapporti di durata, anche nel caso in cui il giudicato si sia formato in relazione ad un diverso periodo, qualora esso abbia ad oggetto il medesimo fatto costitutivo dell’intero rapporto giuridico in relazione alla stessa questione giuridica (Nel caso di specie, rigettando il ricorso, la Suprema Corte ha ritenuto correttamente applicati dal giudice del merito gli enunciati principi, essendosi formato, per effetto di sentenze irrevocabili, il giudicato sull’obbligo posto a carico di una Asl di rimborsare il contributo Enpab per le prestazioni rese dal controricorrente quale biologo convenzionato; la corte territoriale, osserva il giudice di legittimità, aveva accertato la “…pacifica identità della situazione di fatto e quindi ...la permanenza delle condizioni già accertate con i precedenti giudicati…”, relative ad un segmento del rapporto giuridico connotato da obbligazioni periodiche, con conseguente esclusione dell’intervento di elementi variabili). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile L, sentenza 18 agosto 2020, n. 17223; Cassazione, sezione civile L, sentenza 17 agosto 2018, n. 20765; Cassazione, sezione civile III, sentenza 7 aprile 2009, n. 8379).

Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 27 agosto 2021, n. 23534 - Presidente Doronzo - Relatore Ponterio

 

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