Rassegne di Giurisprudenza

Responsabilità civile, nesso causale e criterio del "più probabile che non"

a cura della Redazione di PlusPlus24 Diritto

Responsabilità civile - Nesso causale - Verifica - Condotta omissiva - Fatto dannoso - Probabilità - Criterio del "più probabile che non" - Probabilità logica
In tema di responsabilità civile (sia essa legata alle conseguenze dell'inadempimento di obbligazioni o di un fatto illecito aquiliano), la verifica del nesso causale tra la condotta omissiva e il fatto dannoso si sostanzia nell'accertamento della probabilità (positiva o negativa) del conseguimento del risultato idoneo ad evitare il rischio specifico di danno, riconosciuta alla condotta omessa, da compiersi mediante un giudizio contro fattuale, che pone al posto dell'omissione il comportamento dovuto. Tale giudizio deve essere effettuato sulla scorta del criterio del "più probabile che non", conformandosi a uno standard di certezza probabilistica, che, in materia civile, non può essere ancorato alla determinazione quantitativa-statistica delle frequenze di classi di eventi (c. d. probabilità quantitativa o pascaliana), la quale potrebbe anche mancare o essere inconferente, ma va verificato riconducendone il grado di fondatezza all'ambito degli elementi di conferma (e, nel contempo, di esclusione di altri possibili alternativi) disponibili nel caso concreto (c.d. probabilità logica o baconiana).
• Corte di Cassazione, civ., sez. III, Sentenza del 14 marzo 2022, n. 8114

Responsabilità civile sanitaria - Nesso di causalità - Teoria del più probabile che non - Applicabilità - Fattispecie.
Nell'ambito della responsabilità civile sanitaria opera la regola probatoria del più probabile che non (o della preponderanza dell'evidenza). La ricerca del nesso di causalità impone di verificare, sulla scorta delle evidenze probatorie acquisite (anche a mezzo di CTU), innanzitutto se l'ipotesi sulla verità che l' intervento medico sia idoneo a cagionare il danno (nella specie, mortale) presenti un grado di conferma logica maggiore rispetto alla sua falsità (criterio del più probabile che non) e poi applicare il criterio della prevalenza relativa della probabilità per stabilire se tale ipotesi possa ricevere, su un piano logico o sulla base delle prove disponibili, un grado maggiore di conferma rispetto ad altrettante differenti ipotesi tanto dell'intervento medico quanto all'evento danno, ipotesi anch'esse però da riscontrare preliminarmente nella loro verità, nello stesso modo, ovvero in applicazione del principio del più probabile che non. (Nel caso di specie la corte cassa la sentenza per avere, il giudice di primo grado, escluso la responsabilità sanitaria dei medici in quanto le prove impedivano di stabilire in maniera inequivocabile che la causa del decesso era da imputarsi alla malpractice medica).
• Corte di Cassazione, civ., sez. III, Ordinanza 6 luglio 2020 n. 13872

Responsabilità civile - Causalità (nesso di) condotta omissiva - Giudizio controfattuale - Operatività - Teoria del "più probabile che non" - Applicabilità - Fattispecie
In tema di responsabilità civile, la verifica del nesso causale tra condotta omissiva e fatto dannoso si sostanzia nell'accertamento della probabilità positiva o negativa del conseguimento del risultato idoneo ad evitare il rischio specifico di danno, riconosciuta alla condotta omessa, da compiersi mediante un giudizio controfattuale, che pone al posto dell'omissione il comportamento dovuto. Tale giudizio deve essere effettuato sulla scorta del criterio del "più probabile che non", conformandosi ad uno standard di certezza probabilistica, che, in materia civile, non può essere ancorato alla determinazione quantitativa-statistica delle frequenze di classi di eventi (cd. probabilità quantitativa o pascaliana), la quale potrebbe anche mancare o essere inconferente, ma va verificato riconducendone il grado di fondatezza all'ambito degli elementi di conferma (e, nel contempo, di esclusione di altri possibili alternativi) disponibili nel caso concreto (cd. probabilità logica o baconiana). (Nel dare applicazione al principio, in un caso in cui alla omessa diagnosi di appendicite acuta era comunque seguita la risoluzione della patologia mediante intervento chirurgico, all'esito del quale era peraltro insorto uno stato di coma con pericolo di vita, la S.C. ha affermato che, sostituendo alla omessa diagnosi la corretta rilevazione della patologia, sarebbe rimasto immutato, nella sequenza sopra indicata, il segmento causale successivo, posto che l'intervento chirurgico aveva trovato il diretto antecedente causale nella malattia non altrimenti trattabile e il successivo stato di coma aveva costituito un evento del tutto anomalo ed eccezionale, la cui genesi eziologica era stata assorbita nella efficienza deterministica esclusiva della condotta gravemente imperita dell'anestesista nel corso dell'intervento).
• Corte di Cassazione, civ., sez. III, Ordinanza 27 settembre 2018 n. 23197