Giustizia

Sull’inizio dell’indagine del Pm la partita dei diritti dell’indagato

Nelle pieghe di un intervento molto ponderoso sul versante penale la riforma mette mano anche alla questione più sottotraccia: le modalità e la tempistica dell’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero

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di Alessandro Galimberti

Nelle pieghe di un intervento molto ponderoso sul versante penale - dalla giustizia riparativa a quella sostitutiva, dal processo interamente dematerializzato alla possibilità di remotizzazione di udienze, interrogatori e testimonianze- la riforma mette mano anche alla questione più sottotraccia, delicata e conflittuale degli ultimi 30 anni della giustizia “mediatica”: le modalità e la tempistica dell’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero.

L’intervento del legislatore delegato è molto prescrittivo, con un riferimento, davvero difficile da non cogliere, a prassi consolidate di alcuni uffici.

Il magistrato titolare dell’indagine preliminare, recita il decreto legislativo, ha l’obbligo di iscrivere a registro il nome della persona indagata non appena sono chiari i contorni del fatto e non appena iniziano a emergere sospetti sul reo. L’automatismo, per la verità, era già evidente nel codice Vassalli riformato 33 anni fa, ma oggi quello che doveva essere buonsenso investigativo viene trasformato in obbligo di legge. Con due effetti: il primo, la possibilità della persona sotto inchiesta di verificare a posteriori - davanti al Gip - che ai suoi danni non si è “temporeggiato” (o, secondo una vulgata corrente, giocato sine die al gatto con il topo).

Il secondo, ancor più rilevante, far decorrere da subito i termini dell’indagine preliminare, anche qui non nuovi ma resi tassativi e certi (e perciò di fatto più brevi) dall’intervento riformatore.

Altri due innesti di procedura si muovono sul terreno delle garanzie difensive, o meglio sarebbe dire, del principio costituzionale di non colpevolezza: il primo, la possibilità di impugnare e far annullare il decreto di sequestro ordinato dal pubblico ministero (per ragioni di urgenza e quindi fuori dal controllo preventivo del Gip) se mancavano all’origine i presupposti di legge.

Ancora, un comma della chilometrica riforma vieta qualsiasi effetto collaterale pregiudizievole, di natura civilistica o amministrativa, legato alla semplice iscrizione sul registro degli indagati. Un intervento tecnico per evitare che la gogna mediatica legata a un atto per sua natura dubitativo (quale è l’iscrizione a indagato) finisca per diventare una tomba del diritto.

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