Civile

Esclusa l'usucapibilità di un terreno del Comune destinato a un progetto di edilizia economica e popolare

Secondo la Cassazione l'appartenenza di un bene al patrimonio indisponibile di un ente territoriale discende non soltanto dall'esistenza di un atto amministrativo che lo destini a uso pubblico

di Mirko Martini

Le aree che sono comprese nei piani approvati a norma della legge n. 167 del 1962 avendo ottenuto la qualifica di patrimonio indisponibile del Comune, in virtù di quanto previsto dalla legge n. 864 del 1971, articolo 35, sono sottoposte al regime degli articoli 826 e 828 c.c.
Conseguentemente la relativa declassificazione non può trarsi da una condotta concludente dell'ente proprietario, ma, derivando la destinazione all'uso pubblico di siffatte aree da una determinazione legislativa, deve avvenire in virtù di atto di pari rango e, pertanto, l'usucapibilità di questi terreni è esclusa. Questo è il principio affermato dalla Corte di cassazione con ordinanza del 21 aprile 2023 n. 10755.
Preliminarmente, sul punto è necessario comprendere il concetto di usucapibilità di un terreno e la condizione giuridica del demanio pubblico.

Usucapibilità

La legge italiana statuisce che un bene immobile o mobile, possa diventare di proprietà di un soggetto che ne ha avuto il possesso continuato per un determinato periodo di tempo, curandone gli interessi.
Per poter ottenere l'usucapione di un terreno un soggetto non deve solamente dimostrare di averlo posseduto per il termine temporale previsto dalla legge (immobili – 20 anni; beni mobili, terreni in comuni montani o con reddito dominicale inferiori a 180 € - 15 anni), ma bisogna anche provar di aver agito senza violenza, clandestinità e come proprietario.
In relazione, invece, al demanio pubblico la legge ed in particolare l'articolo 823 c.c. statuisce che i beni che fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favori di terzi e spetta all'autorità amministrativa la tutela dei beni che fanno parte del demanio pubblico.

Il caso esaminato

La vicenda tra origine dalla citazione di Caio e Tizio i quali convennero in giudizio il Comune perché fosse dichiarato il loro acquisto per usucapione di un terreno di proprietà dell'ente convenuto, da essi recintato e poi coltivato da oltre vent'anni.
Il Tribunale adito, con sentenza del 2008 ha ritenuto fondanti i presupposti dell'usucapione dichiarando l'acquisizione della proprietà agli attori.
Avverso tale sentenza il Comune presentava appello lamentando che il Giudice non si era avveduto che il bene oggetto della controversia fosse indisponibile e come tale non usucapibile.
La Corte d'Appello di Catanzaro alla luce delle diverse osservazioni rigettava l'appello rilevando anzitutto che, un bene non appartenente al demanio necessario può rivestire il carattere pubblico proprio dei beni patrimoniali indisponibili, perché "destinato al pubblico servizio" ai sensi dell'articolo 826 comma III c.c., soltanto ove ricorra la manifestazione di volontà dell'ente nonché la attuale ed effettiva destinazione del bene al pubblico servizio
Infatti, la Corte precisava che la sola previsione della destinazione di un bene al perseguimento di finalità pubbliche non è sufficiente perché un bene sia compreso nel patrimonio indisponibile dell'ente in mancanza di una trasformazione che lo renda fruibile per un pubblico servizio e che tale circostanza non ricorreva nel caso di specie, in quanto il terreno era stato recintato e posseduto senza soluzione di continuità dagli attori, in modo pubblico e pacifico.
Avverso la sentenza della Corte d'Appello di Catanzaro il Comune ha proposto ricorso per cassazione illustrato da quattro motivi.
Al fine della nostra analisi ci focalizzeremo sul primo motivo che denuncia in riferimento all'articolo 360, comma I, n. 3 c.p.c., la violazione dell'articolo 35, comma 3 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, in relazione all'articolo 113 c.p.c.: la sentenza sarebbe viziata dalla mancata applicazione e dalla conseguente violazione della disciplina imperativa vigente in materia di beni destinati di diritto al patrimonio indisponibile di cui alla legge 865-71, art. 35, comma 3.

La decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione, con la citata ordinanza 21 aprile 2023, n. 10755 ha ritenuto fondato il primo motivo con i restanti ed ha accolto il ricorso cassando con rinvio alla Corte d'Appello di Catanzaro.
In particolare, il Collegio ha affermato con fermezza l'esclusione dell'usucapibilità dei terreni, trattandosi di aree comprese in un piano approvato a norma della legge n. 167 del 1962 e perciò appartenenti ex legge n. 865 del 1971, articolo 35 al patrimonio indisponibile del Comune, in vista dell'attuazione di un progetto volto a soddisfare esigenze di edilizia economica e popolare.
In conclusione, pertanto, gli Ermellini, hanno voluto statuire che l'appartenenza di un bene al patrimonio indisponibile di un ente territoriale discende non soltanto dall'esistenza di un atto amministrativo che lo destini ad uso pubblico, ma anche dalla sua concreta utilizzazione a fini di pubblica utilità in un periodo di tempo compatibile con la realizzazione dello scopo pubblico e che pertanto, non può essere usucapito.

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