Civile

Per il calcolo della disponibile sono sempre assoggettate a riunione fittizia tutte le donazioni

La Cassazione con l'ordinanzan 14193/2022 ha affermato tre distinti principi di diritto

di Mario Finocchiaro

La riunione fittizia, prevista dall'articolo 556 Cc, non è necessariamente legata all'esperimento dell'azione di riduzione, ma è operazione sempre necessaria, nel concorso con eredi legittimari, ogni qual volta sia rilevante stabilire quale sia nel caso la disponibile, come nel caso di concorso di legittimari con uno di essi, al quale il testatore abbia lasciato genericamente la stessa disponibile Lo ha stabilito la Sezione II della Cassazione con l'ordinanza 5 maggio 2022 n. 14193 che ha enunziato una serie di principi in motivazione, ai sensi dell'articolo 384 Cpc.
Questo il secondo: "Ai fini del calcolo della disponibile ex articolo 556 Cc sono sempre assoggettate a riunione fittizia tutte le donazioni, a chiunque fatte, indipendentemente dalla qualità di congiunto, di erede o di estraneo del donatario ". E infine dil terzo: "La dispensa dalla collazione sottrae il donatario dal conferimento ma non importa l'esclusione del bene donato dalla riunione fittizia ai fini della determinazione della porzione disponibile".

I precedenti
In termini generali, in tema di successione necessaria, per accertare la lesione della quota di riserva va determinato il valore della massa ereditaria, quello della quota disponibile e della quota di legittima. A tal fine, occorre procedere alla formazione del compendio dei beni relitti ed alla determinazione del loro valore al momento dell'apertura della successione; quindi, alla detrazione dal relictum dei debiti, da valutare con riferimento alla stessa data; e, ancora, alla riunione fittizia, cioè meramente contabile, tra attivo netto e donatum, costituito dai beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione, da stimare, in relazione ai beni immobili ed ai beni mobili, secondo il loro valore al momento dell'apertura della successione (articoli 747 e 750 Cc) e, con riferimento al valore nominale, quanto alle donazioni in denaro (articolo 751 Cc). Devono calcolarsi, poi, la quota disponibile e la quota indisponibile sulla massa risultante dalla somma tra il valore del relictum al netto ed il valore del donatum ed imputarsi, infine, le liberalità fatte al legittimario, con conseguente diminuzione, in concreto, della quota ad esso spettante (articolo 564 Cc), Cassazione, sentenze 24 luglio 2012, n. 12919 e 23 dicembre 2014, n. 27352.
Sostanzialmente conforme all'ultima massima e, in particolare, per l'affermazione che la donazione fatta ad un legittimario dal defunto a valere in conto legittima e per l'eventuale esubero sulla disponibile, con dispensa da collazione, è soggetta a riduzione, secondo i criteri indicati negli articoloi 555 e 559 Cc, non implicando tale clausola una volontà del de cuius diretta ad attribuire alla stessa liberalità un effetto preminente rispetto alle altre in caso di esercizio dell'azione di reintegrazione da parte degli altri legittimari lesi, secondo quanto, invece, stabilito per le disposizioni testamentarie dall'articolo 558, comma 2, Cc, e rimanendo, pertanto, il medesimo donatario esposto alla riduzione per l'eccedenza rispetto alla sua porzione legittima, Cassazione, sentenza 30 maggio 2017, n. 13660, in Notariato, 2018, p, 59, con nota di Ummarino R., Azione di riduzione e collazione. La disciplina della donazione in conto di legittima, nonché in Corriere giuridico, 2018, p, 492, con nota di Sangermano F., Riducibilità della donazione recante la clausola "in conto di legittima e per l'eventuale esubero sulla disponibile con dispensa dalla collazione".

L'istituto della collazione
Analogamente, l'istituto della collazione - regolato, per quanto riflette i figli legittimi, dall'articolo737 cod. civ. - e quello della riunione fittizia del relictum e del donatum ai fini della determinazione della porzione disponibile - disciplinato dall'articolo 556 dello stesso codice - debbono essere tenuti distinti per le loro caratteristiche, le loro finalità e i loro effetti, con la conseguenza che l'esclusione della collazione di un bene donato, per esservi stata dispensa da parte del de cuius, non importa che del bene stesso non si debba tener conto, riunendolo fittiziamente agli altri beni per la formazione della massa cosiddetta di calcolo, Cassazione, sentenza 7 gennaio 1967, n. 74. In Giust. civ., 1967, I, p. 1707.

La dispensa dalla collazione
Sempre in tema di donazione con dispensa dalla collazione si è osservato:
- con riguardo alla donazione che il de cuius abbia fatto in vita e in favore di uno o di alcuni dei propri eredi, la dispensa dalla collazione, che si traduce, con svantaggio degli altri coeredi, nell'esonero del donatario dal conferimento del donatum in sede di formazione della massa ereditaria da dividere, non può essere implicitamente ravvisata nelle clausole con le quali il donante abbia regolato l'imputazione della donazione medesima in conto di legittima o sulla disponibile, atteso che tale imputazione non interferisce, come la dispensa dalla collazione, nei rapporti tra coeredi, ma solo sul limite che la quota di legittima rappresenta per il potere di disposizione del de cuius, Cassazione, sentenze 27 gennaio 1995, n. 989, in Giurisprudenza italiana, 1996, I, 1, c. 269, con nota di De Michel R., Il fondamento della collazione e la dispensa di cui all'art. 737 cod. civ.
- con riguardo alla donazione che il de cuius abbia fatto in vita in favore di uno dei propri eredi, la dispensa dalla collazione, che si traduce, con svantaggio degli altri eredi, nell'esonero del donatario dal conferimento del donatum in sede di formazione della massa ereditaria da dividere, non può essere implicitamente ravvisata nelle clausole con le quali il donante abbia regolato l'imputazione della donazione medesima, in conto di legittima o sulla disponibile, atteso che tale imputazione non interferisce, come la dispensa dalla collazione, nei rapporti tra coeredi, ma solo sul limite che la quota di legittima rappresenta per il potere di disposizione del de cuius, Cassazione, sentenza 13 gennaio 1984, n. 278;
- la conciliabilità tra la dispensa dalla collazione e la volontà del donante di attribuire il donatum in conto di legittima dipende dal fatto che la dispensa dalla collazione e l'imputazione della donazione alla legittima (o la correlativa dispensa dall'imputazione) operano su piani diversi, in quanto, mentre la dispensa dalla collazione agisce nei rapporti tra coeredi, la dispensa dalla imputazione sposta il limite che la legittima rappresenta per i poteri di disposizione del de cuius. Nel caso di mancanza della seconda (che esige un'apposita manifestazione di volontà, diversa dalla dispensa dalla collazione), deve ritenersi implicita la volontà del donante di imputare i beni donati alla legittima, senza che tale volontà - come, a maggior ragione, nel caso in cui la stessa sia espressa positivamente - incida in alcun modo sulla efficacia della dispensa dalla collazione, Cassazione, sentenze 4 agosto 1982 n. 4381 e 6 marzo 1980 n. 1521, in Vita notarile, 1980, p. 179 (ove il rilievo, altresì, che il donante ha solo il potere di dispensare il donatario dalla collazione, ma non può in alcun modo vincolare la sua scelta, qualora egli sia tenuto alla collazione, di conferire in natura il bene (immobile) ricevuto ovvero di attuare la collazione per imputazione);
- la dispensa dalla collazione non ha lo scopo di attribuire la liberalità alla disponibile, ma ha la finalità, potenziando la facoltà di disposizione del donante, di esonerare il donatario dal conferimento del donatum, con l'effetto che la successione si svolge, e la determinazione delle quote di eredità si attua, come se la donazione non fosse stata fatta e il bene, che ne fu l'oggetto, non fosse uscito dal patrimonio del de cuius a titolo liberale. A differenza della imputazione ex se - che è imperniata sul rapporto riserva - disponibile, la collazione prescinde, infatti, dai concetti di legittima e disponibile e, correlativamente, le relative dispense oltre ad avere diversa disciplina, hanno finalità diverse. Dal che consegue che - se la dispensa dalla collazione non implica dispensa dalla imputazione, che deve risultare autonomamente ed espressamente, per cui la dispensa dalla collazione ha luogo anche se il donatario deve imputare la liberalità alla legittima - le due dispense possono, tuttavia, coesistere, con il risultato che il donatario e esonerato dal conferimento e dall'imputazione ex se. In contrario non rileva che lo articolo 737 Cc neghi efficacia alla dispensa dalla collazione oltre il limite della disponibile, non significando l'imposizione di tale limite che la dispensa operi l'attribuzione della liberalità alla disponibile, ma soltanto che il donatario esposto, per l'eccedenza, alla azione di riduzione, Cassazione 12 marzo 1966, n. 711, in Foro it., 1967, I, c. 125;
- il fondamento dell'istituto della collazione sta nella presunzione che il de cuius, nell'ipotesi in cui abbia fatto in vita donazione ad alcuni dei propri discendenti, non abbia, con ciò, inteso alterare il trattamento spettante, a tutti i discendenti, sulla successione. Tale presunzione cade, pero, qualora il de cuius abbia manifestata la volontà di volere fare un trattamento preferenziale al donatario, dispensandolo dall'onere della collazione o con clausola espressa, ovvero, per implicito, con fatti concludenti, desumibili dal contratto stesso di donazione. Da ciò discende che il donatario dispensato dalla collazione, in conseguenza della facoltà di disposizione del donante, ha diritto di conservare l'attribuzione patrimoniale, avuta con l'atto di liberalità, sino all'invalicabile limite determinato dalla intangibilità della quota di riserva dei legittimari. Ma se, presente la detta dispensa, la collazione non opererà, in sede di divisione dell'asse ereditario, sino all'indicato limite, e non produrrà il suo effetto di caducare l'attribuzione patrimoniale da parte del donante, diversi sono gli effetti della dispensa stessa nella ipotesi che il legittimario donatario esperisca l'azione di riduzione, a salvaguardia della sua quota di riserva. In tale ipotesi, infatti, egli ha l'onere di imputare la donazione, dispensata dalla collazione, nella propria quota di legittima (imputazione ex se), a meno che non sia stato espressamente dispensato anche dall'imputazione stessa (art.564 Cc) ma tale ultima dispensa deve essere espressa, nel senso che la volontà di dispensare deve trarsi dalla dichiarazione e non da fatti concludenti o per implicito, com'e possibile per la dispensa dalla collazione. Pertanto, una volta contestata l'esistenza della dichiarazione di dispensa, nel contratto di donazione, deve, necessariamente, procedersi all'indagine sulla volontà del donante, al fine di accertare se egli abbia inteso dispensare dalla collazione, ex art.737 Cc, ovvero anche dalla imputazione ex se di cui al comma secondo dell'art. 564 Cc, non potendosi assolutamente ritenere che le due clausole di dispensa (da collazione e da imputazione), agli effetti pratici, si equivalgono, quando la seconda e destinata ad operare nei confronti di altri legittimari, Cassazione, sentenza 16 luglio 1969, n. 2633, in Giust. civ., 1970, I, p. 2026, con nota di Cassisa G., Sui rapporti fra la dispensa dalla collazione e la dispensa dalla imputazione ex se, nel diritto successorio.

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