Famiglia

Consulta: ai figli il cognome di entrambi i genitori - Cartabia: altro passo avanti per l'uguaglianza di genere

Illegittime tutte le norme che attribuiscono automaticamente il cognome del padre. Il Legislatore dovrà regolare gli aspetti connessi alla decisione. La sentenza sarà depositata nelle prossime settimane

di Francesco Machina Grifeo

Decisione da libri storia della Corte costituzionale che supera la regola per cui i figli prendono il cognome paterno. La regola, dopo la dichiarazione di incostituzionalità di una serie di norme, diventa che il figlio assume il cognome di entrambi i genitori nell'ordine dai medesimi concordato, salvo che essi decidano, di comune accordo, di attribuire soltanto il cognome di uno dei due.

Unanime il plauso della classe politica che parla di superamento della concezione patriarcale della famiglia di un retaggio storico non più in linea con la società moderna. La decisione viene salutata favorevolmente anche dagli avvocati matrimonialisti: segna la fine del maschilismo e del paternalismo nel diritto di famiglia.

Per gli avvocati Giampaolo Brienza e Domenico Pittella che hanno portato il caso davanti alla Corte: "È uno storico risultato! Da oggi i genitori potranno scegliere il cognome della madre o del padre o di entrambi e, in mancanza di accordo, il nato avrà il cognome di entrambi". "La storia – spiega l'avvocato Brienza - parte da lontano: la coppia, ancora non sposata, ha due figli riconosciuti solo successivamente dal padre e che quindi portano il solo cognome della madre - spiega l'avvvocato -. Dopo alcuni anni i due decidono di sposarsi, il papà riconosce i figli ma la coppia chiede di non aggiungere ai ragazzi, oramai cresciuti, il cognome del padre". Tutto cambia quando arriva il terzo figlio. "I genitori chiedono, per un principio di armonia e omogeneitá, di poter dare il solo cognome materno - spiega Pittella -. Una richiesta fino ad oggi non consentita dalla legge. I due, però, non si danno per vinti e intraprendono la strada legale. Dopo il 'no' in primo grado dei giudici di Lagonegro, la Corte d'Appello di Potenza, siamo alla fine del 2021, rimette alla Corte Costituzionale la questione di legittimità della normativa.

E arriva anche l'appoggio del Governo. "Da ministra - afferma Elena Bonetti che guida le Pari Opportunità e la Famiglia - garantisco all'iter parlamentare tutto il sostegno del Governo per fare un altro passo fondamentale nel realizzare l'uguaglianza di diritti tra le donne e gli uomini del nostro Paese". "Già in passato – aggiunge - la Consulta aveva acceso un faro sul carattere discriminatorio di un simile automatismo, sia verso i figli che verso le madri. Oggi torna a ricordarci che è arrivato il tempo di cambiare: abbiamo bisogno di dare corpo, anche nell'attribuzione del cognome, a quella pari responsabilità tra madri e padri che è insita nella scelta genitoriale, ed è compito alto e urgente della politica farlo".

Per la ministra della Giustizia, Marta Cartabia: "Grazie alla Corte Costituzionale, si è fatto un altro passo in avanti verso l'effettiva uguaglianza di genere nell'ambito della famiglia".

La Camera di consiglio di oggi - La Corte costituzionale, riunita in camera di consiglio, ha dunque esaminato oggi le questioni di legittimità costituzionale sulle norme che regolano, nell'ordinamento italiano, l'attribuzione del cognome ai figli. In particolare, la Corte si è pronunciata sulla norma che non consente ai genitori, di comune accordo, di attribuire al figlio il solo cognome della madre e su quella che, in mancanza di accordo, impone il solo cognome del padre, anziché quello di entrambi i genitori.

In attesa del deposito della sentenza, l'Ufficio comunicazione fa sapere che le norme censurate sono state dichiarate illegittime per contrasto con gli articoli 2, 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione agli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

La Corte ha ritenuto discriminatoria e lesiva dell'identità del figlio la regola che attribuisce automaticamente il cognome del padre. Nel solco del principio di eguaglianza e nell'interesse del figlio, entrambi i genitori devono poter condividere la scelta sul suo cognome, che costituisce elemento fondamentale dell'identità personale.

Da ora in poi dunque, come detto, il figlio assumerà il cognome di entrambi i genitori nell'ordine concordato a meno di comune accordo non decidano di attribuire soltanto uno dei due cognomi.

In mancanza di accordo sull'ordine di attribuzione del cognome di entrambi i genitori, resta salvo l'intervento del giudice in conformità con quanto dispone l'ordinamento giuridico.

È stata così dichiarata l'illegittimità costituzionale di tutte le norme che prevedono l'automatica attribuzione del cognome del padre, con riferimento ai figli nati nel matrimonio, fuori dal matrimonio e ai figli adottivi. Sarà il legislatore a dover regolare tutti gli aspetti connessi alla decisione. Mentre la sentenza vera e propria sarà depositata nelle prossime settimane.

I ricorsi - A sollevare il quesito sono stati il Tribunale di Bolzano e la Corte di appello di Potenza. Il primo ha posto la questione di legittimità costituzionale dell'art. 262, primo comma, del codice civile, che disciplina il cognome del figlio nato fuori dal matrimonio, nella parte in cui non consente ai genitori, di comune accordo, di trasmettere al figlio, al momento della nascita, il solo cognome materno. La Corte rilevato che le questioni sono strettamente connesse alla generale disciplina dell'automatica attribuzione del cognome paterno aveva deciso di sollevare, in via di autorimessione (R.O. 25/2021), questione di legittimità costituzionale dell'art. 262, primo comma, del codice civile, nella parte in cui, in mancanza di diverso accordo dei genitori, impone l'automatica acquisizione del cognome paterno, anziché dei cognomi di entrambi i genitori.

La Corte di appello di Potenza (R.O. 222/2021) invece ha posto le questioni degli artt. 237, 262, 299 del codice civile, dell'art. 72, primo comma, del regio decreto 9 luglio 1939, n. 1238 (Ordinamento dello stato civile) e degli artt. 33 e 34 del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell'articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127) dalle quali, secondo la prospettazione del rimettente, si desume l'applicazione automatica della regola del patronimico che non consente ai coniugi, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, il solo cognome materno.

LE REAZIONI

Gassani (Ami), fine maschilismo e paternalismo - "Con questo verdetto – commenta il presidente dell'Ami (Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani) l'avvocato Gian Ettore Gassani - cambia completamente la cultura giuridico giudiziaria del nostro diritto di famiglia. Si tratta di una pronuncia importante adesso toccherà al legislatore mettere in atto questa rivoluzione perché solo così possiamo scrivere la parola fine al paternalismo e al maschilismo del nostro diritto".

Cirinnà: ora politica trovi coraggio - "Una decisione storica e molto attesa. È stata eliminata una discriminazione insopportabile, che rendeva invisibili soprattutto le donne nella determinazione della discendenza". Lo dichiara Monica Cirinnà, senatrice e responsabile Diritti del Pd. "Dispiace però", prosegue, "che a sei anni dalla prima decisione della Corte sul tema, il Parlamento non sia riuscito a dare risposte. Mi auguro allora - conclude - che il Senato, che sta discutendo proprio in questi giorni i disegni di legge sull'attribuzione del cognome della madre, colga l'occasione di questa sentenza per dare una sistemazione alla materia, che sia definitiva e pienamente rispettosa dei diritti e dell'eguaglianza di tutte le persone".

Associazione Coscioni: superata concezione patriarcale - "Rispetto al cognome dei figli, nonostante le proposte di legge depositate, ancora una volta la Corte costituzionale si trova costretta ad intervenire in supplenza del Parlamento, invitato ripetutamente ad introdurre una normativa organica in tema di attribuzione del cognome dei figli". Lo dichiarano Filomena Gallo, Segretario Nazionale dell'Associazione Luca Coscioni insieme al collega avvocato Massimo Clara (di cui erano state ammesse le Osservazioni in camera di consiglio). "Siamo soddisfatti - concludono - che questo percorso sia stato completato per superare definitivamente il retaggio di una concezione patriarcale della famiglia e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell'ordinamento e dell'eguaglianza tra uomo e donna".

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