Società

Fallimento, prededucibile il mutuo contratto dal debitore per le spese solo se ci sono le condizioni previste dell'articolo 182-quater Lf

Lo ha ribadito la Cassazione con l'ordinanza 26176/2022

di Mario Finocchiaro

Nell'ipotesi di concordato preventivo seguito dalla dichiarazione di fallimento, il credito relativo al mutuo contratto dal debitore ai fini del deposito dell'acconto per le spese che si presumono necessarie per l'intera procedura, ai sensi dell'articolo 163, comma 2, n. 4, Iegge fallimentare, può essere soddisfatto in prededuzione, ai sensi dell'articolo 182 quater, comma 2 della stessa legge, purché ricorrano le condizioni ivi previste, consentendo in tal modo ai creditori ammessi al voto le necessarie valutazioni circa la convenienza del concordato e di formulare una ragionevole prognosi sulle effettive possibilità di adempimento. Questo il principio espresso dalla Sezione I della Cassazione con l' ordinanza 6 settembre 2022 n. 26176.

I precedenti
Pressoché in termini, ricordata in motivazione nella pronunzia in rassegna, Cassazione, ordinanza 7 marzo 2017 n. 5662.
Nel senso che con riferimento all'ipotesi di concordato preventivo cui abbia fatto seguito la dichiarazione di fallimento, il credito relativo a mutuo contratto, con l'autorizzazione del giudice delegato, dall'imprenditore (il quale, come si evince dall'articolo 167 legge fallimentare, non è spossessato dei beni, ma conserva l'amministrazione di essi e l'esercizio dell'impresa e può validamente obbligarsi, da solo, nell'ambito dell'amministrazione ordinaria, e, previa autorizzazione del giudice delegato, nell'ambito dell'amministrazione straordinaria), per effettuare il deposito (ai sensi dell'articolo 163, n. 4, legge fallimentare.) della somma necessaria per le spese della procedura di concordato, non costituisce debito di massa, ma debito contratto dall'imprenditore nel suo esclusivo interesse e, come tale, non può essere soddisfatto in prededuzione, atteso che il predetto deposito non si identifica, agli effetti dell'articolo 111, n. 1, legge fallimentare, con le spese del procedimento che lo stesso mira a soddisfare, né il mutuo a tal fine stipulato è riconducibile ai debiti contratti per la gestione della procedura, a nulla rilevando l'autorizzazione concessa dal giudice delegato, la quale è volta semplicemente a porre la massa dei creditori anteriori al riparo dai pregiudizi derivanti dall'indiscriminata assunzione di nuove obbligazioni da parte del debitore, e non trasforma, dunque, l'operazione di finanziamento dell'imprenditore in debito contratto, nell'interesse dei creditori, dagli organi della procedura per la gestione della stessa. Cassazione, sentenza 13 settembre 2002 n. 13056, in Fallimento, 2003, p. 1145 e in Giustizia civile, 2003, I, p. 48.

Prima dell'entrata in vigore dell'articolo 182-quater
Per l'affermazione che in tema di prededuzione in sede fallimentare, il credito derivante dal finanziamento del socio "in funzione della presentazione della domanda di concordato" (cd. "finanziamento-ponte"), ad una s.r.l. ammessa al concordato preventivo e poi fallita, concesso, prima dell'entrata in vigore della novella all'articolo 182-quater legge fallimentare, (avvenuta con il d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. nella legge n. 134 del 2012), non può essere ammesso al passivo in prededuzione, in mancanza di una norma espressa, grazie alla quale fosse prevista l'estensione ai crediti dei soci la prededucibilità, come quella successivamente introdotta dal citato decreto legge, in deroga al disposto dell'articolo 2467 Cc; né per tali finanziamenti il rango prededucibile può trovare fondamento nell'articolo 111, comma 2, legge fallimentare, in quanto, in assenza di una deroga espressa, deve trovare comunque applicazione la disciplina dell'art. 2467 Cc, in base alla quale il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri crediti, Cassazione, ordinanza 12 luglio 2018 n. 18489.

Altri casi di prededucibilità
Per riferimenti, cfr., altresì:
- nel senso che il credito del proprietario di locali occupati sine titulo da beni ceduti dal debitore ai creditori nell'ambito di una procedura di concordato preventivo con cessione dei beni è un credito prededucibile ai sensi dell'articolo 111, secondo comma, legge fall. (nel testo modificato dal Dlgs 12 settembre 2007, n. 169), in quanto sorto «in occasione» della procedura. Invero, tale credito si caratterizza, da un lato, per l'elemento cronologico, essendo sorto in quanto i beni, a suo tempo collocati nei locali, sono stati ivi mantenuti dal liquidatore giudiziale anche a seguito dell'apertura della procedura concordataria; e, dall'altro, per un (implicito) elemento soggettivo, consistente nella sua riferibilità agli organi della procedura (il liquidatore, che avrebbe dovuto procedere alla loro liquidazione), Cassazione, sentenza 24 gennaio 2014, n. 1513;
- per il rilievo che il principio che i crediti relativi alla gestione ed all'Esercizio dell'impresa in regime di concordato preventivo non sono prededucibili nella ripartizione dell'attivo relativa al successivo fallimento, stante il carattere solutorio che assume tale procedura, per la quale non è prevista una gestione provvisoria nell'interesse della massa dei creditori, non può, trovare applicazione per le spese dell'ufficio preposto al concordato preventivo, perché sia il Commissario giudiziale sia il liquidatore, nel caso di cui all'articolo 182 legge fallimentare, agiscono proprio nell'interesse della massa suddetta, per cui, qualora al concordato segua il fallimento, attesa anche la stretta connessione tra le due procedure, i compensi ed i rimborsi di spesa dovuti al Commissario giudiziale ed al liquidatore debbono essere pagati in prededuzione sullo attivo del fallimento conseguente, ai sensi dell'articolo 111 n. 1 legge fallimentare, Cassazione, sentenza 3 ottobre 1983 n. 5753, in Fallimento, 1984, I, p. 691, con nota di Ciampi F., Liquidazione dei compensi del concordato preventivo e collazione dei relativi crediti nel conseguente fallimento,
- i debiti contratti dall'imprenditore nel corso della procedura di concordato preventivo, ancorché autorizzati, non rispondono ad un interesse della massa dei creditori (come invece i debiti insorti durante l'amministrazione controllata), considerando che detta procedura è rivolta alla liquidazione dell'impresa in stato d'insolvenza, e, quindi, ad una finalità cui resta estranea l'eventuale prosecuzione della sua attività. pertanto, ove al concordato faccia seguito il fallimento, i suddetti debiti non vanno soddisfatti con prededuzione, secondo la previsione dell'articolo 111 n. 1 del r.d. 16 marzo 1942 n. 267, perché non sono qualificabili come passività dell'amministrazione concorsuale, Cassazione, sentenza 5 maggio 1988 n. 3325, in Diritto fallimentare, 1988, II, p. 848;
- i debiti di massa da pagarsi in prededuzione (articolo 3 n. 1 legge fall.) sono quelli che si collegano direttamente ad obbligazioni contratte dall'Ufficio fallimentare, o ad essi assimilati, e non sono perciò soggetti al regime dei debiti del fallito sorti anteriormente alla dichiarazione di fallimento, sicché, da un lato, non sono soggetti al principio della "par condicio", dall'altro, non sono vincolati dalle disposizioni dell'articolo 55 legge fallimentare, con la conseguenza che i corrispondenti crediti vanno fatti valere nell'ambito della procedura fallimentare con gli accessori conseguenziali, compreso il risarcimento per il maggior danno derivante dalla mora del debitore. Peraltro, per il principio di interdipendenza delle procedure concorsuali va riconosciuta la qualità di "debiti di massa" anche a quelli sorti in sede di Amministrazione controllata, sia quando la gestione dell'impresa venga affidata al commissario giudiziale, sia quando essa venga conservata dall'imprenditore, Cassazione, 15 luglio 1992 n. 8590, in Fallimento 1993, p. 40.

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