Penale

Vendita di merce contraffatta, «tenuità del fatto» a perimetro variabile

In due pronunce del 23 novembre la Cassazione è giunta a conclusioni opposte, valutando il valore dei beni e il numero delle violazioni

di Guido Camera

Con due recenti sentenze - dello stesso collegio e depositate il 23 novembre - la Cassazione ha solcato i confini dell’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del Codice penale. A fronte delle medesime imputazioni di ricettazione e vendita di merce contraffatta, i giudici di legittimità sono infatti giunti a conclusioni opposte, individuando i criteri distintivi tra la punibilità, o meno, della condotta nel valore della merce e nella molteplicità delle violazioni commesse dall’imputato, anche se espressione del medesimo disegno criminoso.

Nella sentenza 43065/2021 la Corte ha escluso il beneficio a causa del «numero di borse contraffatte»; a nulla è valso, per il ricorrente, che gli fosse stata riconosciuta l’attenuante speciale prevista dall’articolo 648 comma 3 del Codice penale, che scatta quando il fatto è «di particolare tenuità». Secondo la Cassazione, nonostante la similitudine semantica, si tratta «di fattispecie strutturalmente e teleologicamente non coincidenti». Per la concessione dell’attenuante, infatti, il giudice «non è tenuto a valutare esclusivamente il valore della cosa ricettata, ma tutti quegli elementi, di natura sia soggettiva che oggettiva, che possono caratterizzare il caso concreto»; invece, il beneficio della non punibilità discende da altri parametri, cioè l’esiguità dell’offesa e l’abitualità della condotta.

In applicazione di questi principi, la sentenza 43068/2021 ha escluso la punibilità in conseguenza del «numero di beni contraffatti esiguo (9 paia di scarpe)», dell’incensuratezza dell’imputato e della natura episodica del fatto. Va ricordato che il beneficio della non punibilità è applicabile al delitto di ricettazione solo dopo che la Corte costituzionale, con la sentenza 156/2020, lo ha esteso ai reati senza un minimo edittale di pena detentiva, anche se il massimo è superiore al tetto di cinque anni previsto dall’articolo 131-bis; ciò in quanto l’assenza di un minimo di pena è circostanza sintomatica della «potenziale minima offensività» del reato. Anche la causa ostativa dell’«abitualità» della condotta genera incertezze sull’applicabilità del beneficio in presenza di più reati legati dal medesimo disegno criminoso: per sciogliere il nodo interpretativo, la quinta sezione della Cassazione, con l'ordinanza 38174/21 dell’8 ottobre, ha rimesso la questione alle Sezioni Unite.

Nel frattempo, l’istituto previsto dall’articolo 131-bis è destinato ad ampliarsi in modo significativo, mutando la propria struttura grazie all’introduzione dei meccanismi di “giustizia riparativa” previsti dalla delega in materia di riforma del sistema sanzionatorio penale contenuta nella legge 134/2021. Il beneficio potrà essere riconosciuto ai reati puniti con pena fino a due anni nel minimo, sola o congiunta a pena pecuniaria, senza alcun tetto massimo. Inoltre, rileverà anche la condotta successiva al reato: tra cui, appunto, l’avere riparato le conseguenze del reato compiuto.

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