Amministrativo

Consiglio di Stato e Tar: le principali decisioni della settimana

La selezione delle pronunce della giustizia amministrativa nel periodo compreso tra il 14 e il 18 marzo 2022

di Maurizio De Giorgi

Nel corso di questa settimana i Giudici di Palazzo Spada sono chiamati ad intervenire in tema di titolo edilizio (pronunciandosi sui poteri esercitati in materia della Pa), valutazione di impatto ambientale, gare pubbliche (con un sentenza resa in tema di offerta sospetta di anomalia e un’altra sulle valutazioni rese dalla Commissione giudicatrice), pubblici concorsi e, infine, espropriazione per pubblica utilità (retrocessione). Da parte loro i Tribunali Amministrativi  Regionali trattano le materie del contrasto alla ludopatia, della concessione della cittadinanza italiana, dell’onere della prova circa la data di ultimazione della costruzione di un immobile, del permesso di soggiorno.

 

  GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA - I PRINCIPI IN SINTESI

 

 

TITOLO EDILIZIO

Titolo edilizio – Domanda – Poteri della Pa.  (Dpr 6 giugno 2001, n. 380, articolo 11)

Osserva in sentenza il Consiglio di Stato come il potere che l’Amministrazione esercita in sede di esame della domanda di permesso di costruire non è discrezionale, bensì vincolato all’accertamento della conformità del progetto presentato alla disciplina urbanistica ed edilizia. In tale materia, invero, i provvedimenti dell’Amministrazione risultano privi di discrezionalità amministrativa essendo, al più, connotati da un certo grado di discrezionalità tecnica. Consegue così che la “motivazione” delle determinazioni che accordano, ovvero negano, il permesso di costruire (ovvero ancora intervengono sulla S.c.i.a. edilizia) si risolvono in realtà nella verifica che l’intervento progettato sia, o meno, conforme alla normativa e agli strumenti urbanistici vigenti. Spetta quindi al richiedente  il compito di fornire all’Amministrazione tutti gli elementi idonei a dimostrare la compatibilità dell’intervento in progetto con le prescrizioni urbanistiche ed edilizie.

I l titolo edilizio, poi, è per sua natura capace di incidere, in termini negativi, nei confronti dei terzi (vicini – frontisti) e, al contempo, la Pa, in sede di rilascio del medesimo, non è tenuta ad effettuare una puntuale verifica in ordine al contenuto specifico del titolo giuridico sulla base del quale si fonda la richiesta di rilascio del permesso di costruzione. D’altronde, le eventuali questioni interpretative che possono sorgere tra le parti private sono rimesse alla competenza del Go. Il quadro normativo di riferimento è rappresentato dall’articoli11 Dpr n. 380/2001 (Tu Edilizia)  che, nel disciplinare il rilascio del permesso di costruire, precisa che sono «fatti salvi i diritti dei terzi» e secondo cui il richiedente il titolo deve allegare e dimostrare di essere legittimato alla realizzazione dell’intervento che ne costituisca l’oggetto. Tale disposizione pone a monte una riflessione sulla natura giuridica di detto titolo che è un atto amministrativo che rende semplicemente legittima l'attività edilizia nell'ordinamento pubblicistico.

Consiglio di Stato, sezione IV, 14 marzo 2022, n. 1759

 

VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE

Valutazione di impatto ambientale – Discrezionalità della Pa – Tutela giurisdizionale   ( Dlgs 3 aprile 2006, n. 152, articoli 22; Dlgs 2 luglio 2010, articoli 134 )

L’adito Collegio di Palazzo Spada, nella decisione qui in esame, osserva come, nel rendere il giudizio di valutazione di impatto ambientale, l’amministrazione eserciti un’amplissima discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa e istituzionale in relazione all’apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti; la natura schiettamente discrezionale della decisione finale risente dunque dei suoi presupposti sia sul versante tecnico che amministrativo. Quanto alle posizioni soggettive delle persone e degli enti coinvolti nella procedura esse sono qualificabili in termini di interesse legittimo ed è assodato da un consolidato orientamento giurisprudenziale che le relative controversie non rientrano nel novero delle tassative ed eccezionali ipotesi di giurisdizione di merito sancite oggi dall’articoli 134 Dlgs n. 104/2010. Il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici dell’amministrazione può svolgersi attraverso la verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni compiute da quest’ultima, sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico ed a procedimento applicativo; il controllo del Ga sulle valutazioni discrezionali deve essere svolto extrinsecus, nei limiti della rilevabilità ictu oculi dei vizi di legittimità dedotti, essendo diretto ad accertare il ricorrere di seri indici di invalidità e non alla sostituzione dell’amministrazione. E quindi, secondo il Consiglio di Stato si ha che:

- la sostituzione, da parte del Ga, della propria valutazione a quella riservata alla discrezionalità dell’amministrazione costituisce ipotesi di sconfinamento vietato della giurisdizione di legittimità nella sfera riservata alla Pa, quand’anche l’eccesso in questione sia compiuto da una pronuncia il cui contenuto dispositivo si mantenga nell’area dell’annullamento dell’atto;

- in base al principio di separazione dei poteri sotteso al nostro ordinamento costituzionale, solo l’amministrazione è in grado di apprezzare, in via immediata e diretta, l’interesse pubblico affidato dalla legge alle sue cure;

- conseguentemente, il sindacato sulla motivazione delle valutazioni discrezionali:

- deve essere rigorosamente mantenuto sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto acquisiti;

-- non può avvalersi di criteri che portano ad evidenziare la mera non condivisibilità della valutazione stessa;

-- deve tenere distinti i profili meramente accertativi da quelli valutativi (a più alto tasso di opinabilità) rimessi all’organo amministrativo, potendo esercitare più penetranti controlli, anche mediante c.t.u. o verificazione, solo avuto riguardo ai primi.

Il sindacato del G.A. nella materia qui in esame è, pertanto, necessariamente limitato alla manifesta illogicità e incongruità, al travisamento dei fatti o a macroscopici difetti di istruttoria ovvero quando l'atto sia privo di idonea motivazione.

Consiglio di Stato, sezione IV, 14 marzo 2022, n. 1761

 

OFFERTA ANOMALA

Offerta anomala - Verifica – Finalità. (Dlgs 12 aprile 2016, n. 50, articolo 97)

Secondo la sentenza resa dal Consiglio di Stato, adito in materia di procedure ad evidenza pubblica, la verifica avente ad oggetto l’anomalia dell’offerta è finalizzata ad accertare la complessiva attendibilità e serietà della stessa, sulla base di una valutazione che ha natura globale e sintetica e che costituisce, in quanto tale, espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale riservato, in via di principio insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che per ragioni legate alla eventuale (e soprattutto dimostrata) manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato dell’amministrazione, tale da rendere palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta (articol0 97, Dlgs n. 50/2016).

Trattandosi di valutare l’offerta nel suo complesso, il giudizio di anomalia non ha ad oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze, mirando piuttosto ad accertare se essa in concreto sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell'appalto; pertanto la valutazione di congruità, come detto globale e sintetica, non deve concentrarsi esclusivamente e in modo parcellizzato sulle singole voci di prezzo, con la conseguenza che, se anche singole voci di prezzo o, per meglio dire, singoli costi, non abbiano trovato immediata e diretta giustificazione, non per questo l’offerta va ritenuta inattendibile, dovendosi, invece, tener conto della loro incidenza sul costo complessivo del servizio per poter arrivare ad affermare che tali carenze siano in grado di rendere dubbia la corrispettività proposta dall’offerente e validata dalla stazione appaltante.

La verifica di congruità dell'offerta costituisce espressione di un potere connotato da discrezionalità tecnica dell'amministrazione e compito del Ga è verificare se il potere della stazione appaltante si sia esercitato con utilizzo delle regole conforme a criteri di logicità, congruità e ragionevolezza.

Nel caso di giudizio negativo è necessaria una motivazione rigorosa e analitica, determinata dalla immediata lesività del provvedimento che dispone l'esclusione; al contrario, in presenza di una valutazione favorevole all'offerente, la motivazione del giudizio può essere di minore spessore, ed anche fondata solo per relationem con riferimento alle giustificazioni presentate dal concorrente.

Consiglio di Stato, sezione III, 15 marzo 2022, n. 1792

 

VALUTAZIONE DELL’OFFERTA

Valutazione dell’offerta - Discrezionalità della Pa - Tutela giurisdizionale. (Dlgs 2 luglio 2010, n. 104, articolo 134)

Il Consiglio di Stato afferma che, nell'ambito di una procedura ad evidenza pubblica, la valutazione delle offerte, nonché l'attribuzione dei punteggi da parte della Commissione giudicatrice, rientrano nella discrezionalità tecnica riconosciutale dal legislatore con la conseguenza che - fatto salvo il limite della abnormità della scelta tecnica - devono ritenersi, di norma, inammissibili le censure che riguardano il merito di valutazioni per loro natura opinabili, poiché sollecitano il Ga ad esercitare un sindacato sostitutorio al di fuori dei tassativi casi sanciti dall'articoli 134 Dlgs n. 104/2010.

Con riferimento alla valutazione delle offerte, dunque, il punteggio numerico espresso sui singoli oggetti di valutazione opera alla stregua di una sufficiente motivazione quando l'apparato delle voci e sottovoci fornito dalla disciplina di gara, con i relativi punteggi, sia sufficientemente chiaro, analitico ed articolato, così da delimitare adeguatamente il giudizio della commissione nell'ambito di un minimo ed un massimo, e da rendere comprensibile l'iter logico seguito in concreto nel valutare i singoli progetti in applicazione di puntuali criteri predeterminati, permettendo così di controllarne la logicità e la congruità, con la conseguenza che, solo in difetto di questa condizione, si rende necessaria una motivazione discorsiva dei punteggi numerici.

La sufficienza del punteggio numerico ad integrare una motivazione adeguata si lega dunque inscindibilmente al grado di analiticità e dettaglio dei criteri di valutazione e della ponderazione relativa attribuita a ciascuno, nonché all'adeguatezza dello scarto tra il minimo e il massimo nelle forcelle per ciascun criterio.

Per sconfessare il giudizio della commissione giudicatrice non è sufficiente evidenziarne la mera non condivisibilità, dovendosi piuttosto dimostrare la palese inattendibilità e l'evidente insostenibilità del giudizio tecnico posto in essere.

Le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte tecniche presentate dalle imprese concorrenti, in quanto espressione di discrezionalità tecnica, sono sottratte al sindacato di legittimità del G.A., salvo che non siano manifestamente illogiche, irrazionali, irragionevoli, arbitrarie ovvero fondate su di un altrettanto palese e manifesto travisamento dei fatti.

Consiglio di Stato, sezione IV, 15 marzo 2022, n. 1797

 

CONCORSI PUBBLICI

Concorsi pubblici - Concorsi straordinari – Costituzionalità. (Costituzione, articolo 3)

Nella materia concorsuale non è irragionevole, né illogico, secondo il Consiglio di Stato, indire un concorso straordinario ciò non violando il principio di uguaglianza di cui all’articoli 3 Cost..

Se è vero che la facoltà del Legislatore di introdurre deroghe al principio del concorso pubblico è rigorosamente limitata, è anche vero che, in determinati casi, specifiche deroghe devono essere considerate legittime quando siano funzionali esse stesse alle esigenze di buon andamento della P.A. e ove ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle.

Le norme che prevedono concorsi straordinari sono, in linea di principio, conformi alla Costituzione nel momento in cui sono emanate per garantire il buon andamento dell’amministrazione, sopperendo alle carenze di organico e per dare certezza ai rapporti giuridici, superando il precariato: in tal senso, esse operano una compromissione non irragionevole del diritto di accesso al pubblico impiego e del principio del pubblico concorso.

In particolare, può dirsi che il principio del pubblico concorso, pur non essendo incompatibile, nella logica dell’agevolazione del buon andamento della P.A., con la previsione per legge di condizioni di accesso intese a consentire il consolidamento di pregresse esperienze lavorative maturate nella stessa amministrazione, tuttavia non tollera, salvo circostanze del tutto eccezionali, la riserva integrale dei posti disponibili in favore di personale interno.

Tali principi, formulati con riferimento a procedure riservate a soggetti già appartenenti all’amministrazione, sono parimenti valevoli anche quando la riserva integrale dei posti operi nei confronti di soggetti estranei ad essa (e, in particolare, di personale dipendente da enti di diritto privato).

Consiglio di Stato, sezione VI, 16 marzo 2022, n. 1855

 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITÀ

Espropriazione per pubblica utilità – Retrocessione – Totale – Parziale. (Dpr 8 giugno 2001, n. 327, articoli 46, 47)

Intervenuto in materia di espropriazione per pubblica utilità osserva in sentenza il Consiglio di Stato come la retrocessione postuli la decisione dell’amministrazione di dismettere il bene espropriato e non utilizzato, la quale, a sua volta, presuppone, sia pure implicitamente, una valutazione di inservibilità dell'area per la realizzazione dell'opera pubblica cui pure era stata preordinata, il che è ragione sufficiente ad evidenziare il carattere di non utilizzabilità del bene alle finalità strumentali originariamente impresse al bene stesso.

L’intera definizione normativa dell’istituto (articoli 46, 47 Dpr n. 327/2001) presuppone il valido compimento di un procedimento espropriativo, fino alla sua corretta conclusione con il decreto di esproprio, e quindi il prodursi dell’effetto estintivo/acquisitivo del diritto di proprietà.

Fermo restando che la dichiarazione di inservibilità dei fondi ha una efficacia costitutiva per far insorgere, in linea di massima, il diritto alla restituzione del bene già espropriato ma non utilizzato, ciò che rileva ai fini dell’applicabilità dell’istituto de quo è che la P.A. abbia manifestato comunque la volontà di non utilizzare tali immobili, anche a mezzo di acta concludentia e non necessariamente con un atto formalmente dichiarativo della avvenuta inservibilità.

Allo scopo di disciplinare tutti i possibili risvolti di interventi inattuati in toto o in parte, l'ordinamento distingue la cd. retrocessione totale da quella parziale: l'aggettivo, tuttavia, connota non tanto la richiesta di parte, quanto il livello di attuazione dell'intervento che ha coinvolto il terreno di cui si chiede la restituzione.

In sintesi, la richiesta potrebbe anche essere totale da un punto di vista meramente lessicale, in quanto avente ad oggetto l'interezza dei beni espropriati al singolo richiedente; pur rimanendo parziale, nell'accezione giuridica del termine, che ha riguardo alla percentuale ed effettività di realizzazione dell'intervento globale, e non alla sua incidenza sul singolo.

In caso di retrocessione totale, dunque, è assodato che il bene espropriato non è stato oggetto o non è più utilizzabile per l'opera alla cui realizzazione lo stesso era stato destinato dalla dichiarazione di pubblica utilità; lo stesso accade nell'altra ipotesi (retrocessione parziale), ma con la sostanziale differenza che l'intervento è stato realizzato, e la inutilizzazione del terreno potrebbe essere solo temporanea o comunque superabile.

Consiglio di Stato, sezione II, 18 marzo 2022, n. 1968

 

LUDOPATIA

Ludopatia – Contrasto - Apparecchi automatici per il gioco. (Legge 28 dicembre 2015, n. 208, articolo 1)

Nel suo intervento qui in esame il Tar Milano è chiamato a vagliare la legittimità, o meno, dell’impugnata ordinanza sindacale avente ad oggetto misure atte a contrastare il fenomeno della ludopatia sul territorio del Comune. La misura a tal fine adottata in concreto, ovvero la limitazione delle fasce orarie di attività degli apparecchi da gioco, è stata ritenuta strumento idoneo di lotta al fenomeno della ludopatia la cui diffusione in ampie fasce della società civile costituisce un fatto notorio o, comunque, una nozione di fatto di comune esperienza. Secondo l’adito Collegio giudicante non è irragionevole, né sproporzionato, imporre limitazioni ad attività economiche riconosciute scientificamente pericolose per la salute in quanto non si tratta dell’introduzione di una sorta di “proibizionismo”, che potrebbe sortire effetti contrari sul piano stesso della tutela della salute, né di divieto generalizzato, ma di una regolamentazione in corrispondenza di luoghi particolari e di particolari fasce orarie a più alta fruibilità di esercizi di gioco.

Osserva altresì che gli apparecchi automatici per il gioco (le c.d. slot machine e video lottery) comportano una “relazione” diretta con il giocatore, e la loro modalità di utilizzo – senza intermediazione alcuna - favorisce il gioco compulsivo, diversamente da altre forme di gioco lecito (si pensi al gioco del lotto o ai c.d. gratta e vinci). Non vi è quindi disparità di trattamento con altri tipi di gioco in quanto sono proprio le differenti modalità di fruizione delle diverse tipologie di gioco lecito che giustificano una diversa disciplina volta a contenere fenomeni di ludopatia.

Tar Lombardia, Milano, sezione I, 15 marzo 2022 , n. 602

 

CITTADINANZA ITALIANA

Cittadinanza italiana – Concessione – Condotta del coniuge del richiedente – Rilevanza. (Legge 5 febbraio 1992, n. 91, articoli 6, 9)

Il G.A. di Roma nel sottolineare come la Pa goda, in tema di concessione della cittadinanza italiana (articolo 9, comma 1, lettera f, legge n. 91/1992), di un ampio potere discrezionale, precisa come tale discrezionalità non possa trasmodare in arbitrio essendo comunque soggetta al controllo giudiziario.

Quest’ultimo, avendo ad oggetto un potere discrezionale, non si estende al merito della valutazione compiuta dall'Amministrazione, ma alla logicità e proporzionalità della stessa, alla sufficienza dell'istruttoria svolta, al non travisamento dei fatti.

Precisa ancora l’adito Tribunale come la delicatezza del vaglio cui è chiamata la Pa in tale settore derivi dalla pienezza dei diritti civili e politici che l’attribuzione dello status di cittadino comporta, quale coacervo di situazioni giuridiche attive e passive intimamente connesse con l’appartenenza alla comunità nazionale ed il conseguente rispetto dei suoi valori e delle sue regole.

Si giustifica pertanto perché l'amministrazione è tenuta all'esame scrupoloso delle condizioni personali, economiche e familiari, della condotta e dello stile di vita dell'interessato, che devono risultare rispettosi delle regole di convivenza civile del nostro ordinamento, a tutela dell'interesse pubblico al corretto e stabile inserimento dello straniero nel tessuto sociale italiano, che non arrechi danno allo stesso.

La Pa non solo deve tenere conto dei fatti penalmente rilevanti esplicitamente indicati dallo stesso Legislatore (articolo 6 legge n. 91/1992), ma deve valutare anche l'area della loro prevenzione e, più in generale, della prevenzione di qualsivoglia situazione di astratta pericolosità sociale.

In continuità con tale contesto interpretativo il Collegio capitolino giudica corretto l’operato dell’amministrazione che a fondamento del diniego di concessione della cittadinanza italiana aveva posto in evidenza la commissione, da parte del coniuge del richiedente, la commissione di reati indubbiamente espressivi di una spiccata antisocialità (lesioni, minacce, maltrattamenti in famiglia, furto) e aveva così effettuato una valutazione di opportunità sulla concessione dello status civitatis estesa al nucleo familiare.

Tale estensione appare logica e coerente con il dato normativo di riferimento atteso che l'interesse pubblico alla concessione della particolare capacità giuridica, connessa allo status di cittadino, impone che si valutino, anche sotto il profilo indiziario, le prospettive di ottimale inserimento del soggetto interessato nel contesto sociale del Paese ospitante, sotto il profilo dell'apporto lavorativo e del rispetto delle regole del Paese stesso e, sotto quest'ultimo profilo, legittimamente l'indagine deve essere estesa ai componenti del nucleo familiare del richiedente.

Tar Lazio, Roma, sezione I ter, 15 marzo 2022, n. 2927

 

OPERA EDILIZIA

Opera edilizia - Data di realizzazione – Onere della prova. (Cc, articolo 2697; Legge 6 agosto 1967, n. 765, articolo 10; Legge 17 agosto 1942, n.  1150, articolo 31)

Secondo la pronuncia in esame, resa dal Tar Salerno, al fine di sostenere fondatamente la legittimità edilizia dell’originario manufatto in sua proprietà, e, quindi, al fine di preservare i titoli abilitativi alla trasformazione edilizia dello stesso, incombe sul ricorrente, e non sull’amministrazione, l'onere di dimostrarne la risalenza ad epoca anteriore al primo settembre 1967 (ossia anteriore all’introduzione dell’obbligo generalizzato di licenza edilizia per le nuove costruzioni ad opera dell’articolo 10 legge n. 765/1967, modificativo dell’articolo 31, I, legge n. 1150/1942).

Quanto innanzi perché, in omaggio al principio di vicinanza degli strumenti di prova (articolo 2697 c.c.), solo l'interessato può esibire una documentazione incontrovertibilmente idonea a radicare la ragionevole certezza circa le vicende relative alla costruzione nella sua disponibilità.

Tale prova deve essere rigorosa, all’uopo non essendo sufficienti mere dichiarazioni sostitutive di atto notorio, ma esigendosi una documentazione certa ed univoca, nell'evidente presupposto che nessuno meglio del privato che esercita il ius aedificandi ed ha realizzato l’opera esistente possa fornire elementi oggettivi sulle vicende relative a quest’ultima.

Nello stesso senso è da affermarsi che l’onere della prova circa la data di realizzazione dell’immobile abusivo da sanare spetta a chi abbia commesso l’abuso e solo la deduzione, da parte sua, di concreti elementi, non limitati a sole allegazioni documentali a sostegno delle proprie affermazioni, trasferisce il suddetto onere in capo all’amministrazione che, di solito, non è materialmente in grado di accertare la situazione dell’intero suo territorio alla data prevista dalla legge, mentre il privato, che propone l’istanza di titolo edilizio in sanatoria, è normalmente in grado di fornire idonea documentazione comprovante l’ultimazione dell’abuso entro la data di riferimento.

Tar Campania, Salerno, sezione II, 16 marzo 2022, n. 735

 

IMMIGRAZIONE

Immigrazione - Permesso di soggiorno U.E. - Soggiorno di lungo periodo – Requisiti. (Dlgs 25 luglio 1998, n. 286, articolo 9)

Osserva in sentenza il Tar Lecce come il permesso di soggiorno Ue per "soggiorno di lungo periodo" (ex carta di soggiorno) possa esser rilasciato (articolo 9 Dlgs n. 286/1998) allo straniero, per sé e i propri familiari, che sia in possesso da almeno cinque anni di un permesso di soggiorno in corso di validità e che dimostri la disponibilità di un reddito sufficiente, secondo prefissati parametri, e inoltre di un alloggio idoneo.

La norma richiede, nell’ottica di consentire il rilascio di un permesso di soggiorno di lungo periodo ai cittadini stranieri (regolari e stabilmente soggiornanti e inseriti nel tessuto sociale ed economico), expressis verbis il riscontro del possesso di un permesso di soggiorno in corso di validità, necessario proprio al fine di dimostrare la regolare e stabile permanenza nel territorio italiano.

Non solo. Ai sensi dell'articoli 9 de quo grava sul richiedente il titolo di soggiorno l'onere di fornire la dimostrazione della disponibilità di un reddito sufficiente proveniente da fonte lecita.

Tale ultimo requisito costituisce un requisito non eludibile ai fini del rilascio del permesso di soggiorno, perché attiene alla sostenibilità dell'ingresso e della permanenza dello straniero nella comunità nazionale.

D'altra parte non è logicamente possibile, anche per evidenti motivi di parità di trattamento tra cittadini stranieri, che il Legislatore abbia lasciato una valutazione tanto delicata, quale l'entità del reddito per ottenere il permesso di soggiorno per lavoro subordinato, alla valutazione caso per caso dell'Amministrazione, per cui la misura minima non può che essere quella indicata ai fini del rilascio della carta di soggiorno, ossia la misura dell'assegno sociale.

Tar Puglia, Lecce, sezione III, 17 marzo 2022, n. 420

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