Il CommentoImmobili

Riforma del Catasto, dopo gli ultimi richiami della UE si accendono nuovamente i riflettori

In una fase di riforma organica del sistema fiscale un intervento sul sistema di tassazione degli immobili potrebbe essere altrettanto utile e importante dell'intervento sui redditi derivanti dalle attività e dal capitale

di Fabrizio Acerbis e Gianluigi Bizioli*

Se è vero che tutto si ripete nel tempo e nelle circostanze, il dibattito avviato (e poi spento) intorno alla riforma del Catasto non è un'eccezione. Con il richiamo contenuto nelle Raccomandazioni che Bruxelles ha rivolto all'Italia, pubblicate qualche giorno fa, si accendono nuovamente i riflettori sul Catasto, oggetto di revisione da ultimo alla fine degli anni '80.

Da allora, i corsi e ricorsi storici registrano numerosi tentativi di porre mano all'inventario dei beni immobili presenti sul territorio dello Stato - solo nell'ultimo decennio ci hanno provato i governi Monti, Renzi, Letta e Draghi – tutti caratterizzati, oltre che dal fallimento dopo un avvio più o meno cauto, dalla preoccupazione di ottenere effetti politicamente inaccettabili.

Da qui la garanzia dell'invarianza di gettito o dell'utilizzo dei dati, una volta aggiornati, per mere finalità statistiche (leggi: del non utilizzo per la determinazione della base imponibile dei tributi la cui applicazione si fonda sulle risultanze catastali).

La delega approvata dal Consiglio dei Ministri lo scorso marzo non prevede la riforma del Catasto, né un intervento complessivo sui redditi immobiliari.

Nonostante tale assenza fosse attesa, in una fase di riforma organica del sistema fiscale un intervento sul sistema di tassazione degli immobili potrebbe essere altrettanto utile e importante dell'intervento sui redditi derivanti dalle attività e dal capitale.

L'attitudine degli Italiani a considerare tutt'ora la casa come principale bene rifugio unito agli interventi che dovranno interessare il patrimonio immobiliare del Paese anche a fini di contrasto del cambiamento climatico sono fattori che suggeriscono una costante attenzione verso la fiscalità connessa, auspicabilmente maggiore rispetto al passato, caratterizzato pressoché in via esclusiva da fiscalità di favore, costituita dagli incentivi, con luci ed ombre, soprattutto in fase applicativa.

Le questioni intorno al Catasto sono note. In presenza di beni immobili non censiti sarebbe ragionevole attendersi che, se individuati, siano immediatamente (e non a distanza di anni) inclusi nell'attuale sistema di tassazione, con l'effetto che qualcuno pagherebbe di più (rispetto al nulla che paga attualmente).

Se sul territorio nazionale gli immobili fantasma fossero in numero significativo – e tutte le stime convergono in tal senso - sarebbe ragionevole attendersi una - ormai tecnicamente semplice - campagna per la loro emersione. L'adeguamento del catasto all'evoluzione nella configurazione urbanistica con apprezzamenti o deprezzamenti di valore sul territorio (a livello di comune e di zone all'interno dei comuni), unita all'evoluzione del concetto di "pregio" sarebbe altrettanto ragionevole, come sarebbe ragionevole attendersi che - se correttamente impostato il nuovo sistema di adeguamento dei valori - qualcuno finirebbe per pagare di meno e qualcuno di più.

Ancora, il baricentro d'azione dovrebbe essere chiaro: la maggiore equità e semplicità. In termini di politica fiscale, i principi di tassazione ottimale rappresentati da equità e semplicità si dovrebbero fondere con la visione "alta" del Legislatore rispetto alla categoria "bene immobile":
quanto va favorita o attenuata la sua centralità nel patrimonio delle famiglie? quanto va favorita la sua "liquidabilità"? quanto va incentivata la sua "qualità" intrinseca (vedi ecobonus et similia)?
Così posto, l'obiettivo del "nessuno paga di più o di meno" in caso di riforme che tocchino gli immobili è un dogma intoccabile?

Produrre effetti è l'essenza di una riforma tributaria. Tenendo a mente i principi di tassazione ottimale e gli obiettivi strategici di politica fiscale, il punto di arrivo di un processo di riforma non è evitare effetti sui cittadini, ma collegare a tali effetti un giudizio il più possibile oggettivo di maggiore equità e semplicità rispetto al presente. Se questo potesse avvenire ottenendo una riduzione complessiva e strutturale di pressione, come vero motore allo sviluppo del settore nello scenario post-ecobonus, l'obiettivo di buona e sana amministrazione e quello di politica fiscale si fonderebbero con benefici per tutti.

Rendere oggetto di un unico dibattito temi di buona e sana amministrazione (l'aggiornamento periodico del catasto, sfruttando anche l'evoluzione degli strumenti a disposizione) e temi di politica fiscale (la riforma organica dei redditi immobiliari), non può produrre l'effetto di fermare il primo per le difficoltà nell'intervenire sulla seconda. Per rispettare i principi di equità e semplicità, sarebbe certamente opportuno lavorare su entrambi i fronti accettando il rischio che fotografando il patrimonio immobiliare degli italiani in modo meno sfuocato e incompleto emergano palesi iniquità e che, quindi, divenga indifferibile porre mano al sistema di tassazione nel suo complesso. Ancora, esistono ampi margini, anche includendo gli interventi riformatori attesi in via generale per effetto della delega, per lavorare sulla semplificazione, sia per quanto attiene ai trasferimenti immobiliari che alla tassazione corrente,

Non si tema, quindi, la riforma del Catasto. Si pensi se non è il caso di avviarla cercando di mutuare dalle esperienze migliori, con l'obiettivo di fare il più in fretta possibile tenendo conto non tanto dei riflessi sul consenso o sull'agenda in materia di Fisco (su questo si potrà intervenire attraverso la dialettica politica e quello che ne dovrebbe derivare, cioè la riforma organica della tassazione immobiliare) ma della complessità intrinseca della materia, che purtroppo – questo sì è un problema - è elevata e connessa a tempi di attuazione non brevi. Si abbia a temere, certamente, una cattiva riforma, ma si operi al meglio per evitarla, ragionando su soluzioni diverse dal mantenimento dello status quo.

Il tempo necessario per aggiornare il catasto potrebbe (e dovrebbe) essere utilizzato per un utile dibattito sulle riforme più opportune in materia immobiliare, in termini di maggiore equità e semplicità. Non (solo) perché lo chiede l'Europa, ma perché è nell'interesse della maggior parte dei cittadini che quel patrimonio immobiliare possiedono e sul quale hanno investito molto del valore creato attraverso il loro lavoro.

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*A cura di Fabrizio Acerbis, Tax Partner e Gianluigi Bizioli, Of Counsel - PwC TLS