Responsabilità

Danno da incapacità lavorativa, un reddito anche modesto esclude il criterio del triplo assegno sociale

Lo ha precisato la Corte di cassazione con l'ordinanza n. 41701/2021 esaminando il caso di un regista

di Mario Finocchiaro

La esistenza di una attività professionale, sia pur produttiva di redditi modesti e di dichiarazioni dei redditi, esclude la ricorrenza dello stato sostanziale di disoccupazione cui soltanto è collegata la possibilità di utilizzazione del criterio del triplo dell'assegno sociale di cui all'articolo 137 del codice delle assicurazioni private. Il giudice, pertanto, deve valutare, ai fini della liquidazione del danno patrimoniale il reddito effettivamente perduto dalla vittima per il grado di incapacità lavorativa. In tale indagine deve valutare anche le dichiarazioni di redditi successive alla data dell'evento. Questi il principio espresso dalla III sezione della Cassazione con l'ordinanza n. 41710/2021.
Nella specie i giudici del merito avevano liquidato tale voce di danno nel triplo della pensione sociale, attesi i redditi particolarmente modesti percepiti dalla vittima all'epoca del sinistro, anno 2002, e considerato che era inammissibile l'acquisizione delle dichiarazioni dei redditi relative agli anni dal 2006 al 2008, epoca nella quale la vittima svolgeva la attività di regista, aiuto regista e direttore di scena e palcoscenico nel settore della musica lirica. In applicazione del principio che precede la S.C. ha cassato tale pronunzia, imponendo al giudice di rinvio di valutare anche le dichiarazioni dei redditi di cui era stata ritenuto la inammissibilità non in ragione di una preclusione processuale, ma alla luce delle esposte considerazioni, e dunque per un profilo di ritenuta irrilevanza probatoria.

I precedenti
Ricordate in motivazione nella pronunzia in rassegna, nel senso che la liquidazione del danno patrimoniale da incapacità lavorativa, patito in conseguenza di un sinistro stradale da un soggetto percettore di reddito da lavoro, deve avvenire ponendo a base del calcolo il reddito effettivamente perduto dalla vittima, e non il triplo della pensione sociale (oggi, assegno sociale), atteso che il ricorso a tale ultimo criterio, ai sensi dell'articolo 137 legge assicurazione, può essere consentito solo quando il giudice di merito accerti, con valutazione di fatto non sindacabile in sede di legittimità, che la vittima al momento dell'infortunio godeva sì un reddito, ma questo era talmente modesto o sporadico da rendere la vittima sostanzialmente equiparabile ad un disoccupato, Cassazione, ordinanze 4 maggio 2016, n. 8896; 12 ottobre 2018, n. 25370, che ha cassato la sentenza impugnata che aveva liquidato il danno patrimoniale futuro da incapacità lavorativa con il criterio di cui all'articolo 137 legge citata, pur percependo la vittima al momento del sinistro un reddito da tersicorea che, peraltro, verosimilmente, negli anni a venire sarebbe cresciuto e 25 agosto 2020, n. 17690.

Le sentenze di merito
Per la giurisprudenza di merito:
- per il rilievo che in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, in caso di inabilità temporanea o permanente, l'articolo 4 legge n. 875 del 1976, comma 3, nel prevedere che il reddito da considerare ai fini del risarcimento non possa, comunque, essere inferiore a tre volte l'ammontare annuo della pensione sociale, fa riferimento all'eventualità che il danneggiato non sia titolare di alcun reddito di lavoro, oppure sia titolare di un reddito da lavoro negativo per particolari contingenze, ovvero - anche se positivo - con caratteristiche tali (di esiguità, discontinuità o precarietà del lavoro, livello di mansioni inferiori alle capacità professionali del lavoratore) da escludere che esso possa costituire la componente di base del calcolo probabilistico delle possibilità di reddito futuro; pertanto, per il calcolo del danno patrimoniale, il criterio che fa riferimento alla pensione sociale va utilizzato soltanto in via totalmente residuale) Tribunale di Albenga, sentenza 9 febbraio 2009, in Nuova giur. ligure, 2009, fasc. 1, p. 15 che, in applicazione del riferito principio, ha rigettato la tesi di parte attrice, che aveva prodotto i modelli fiscali relativi ai soli ultimi tre anni, allegando come il calcolo del danno patrimoniale fosse da valutarsi secondo il criterio del triplo della pensione sociale e, indicando come base del calcolo previsto dall'articolo 137 decreto legislativo n. 209 del 2005, il reddito «più elevato» degli ultimi tre anni;
- nel senso che è ancora attuale il principio secondo il quale, in tema di risarcimento del danno derivante dalla circolazione stradale, la norma già contenuta nell'articolo 4 decreto legge 23 dicembre 1976 n. 857 (ora articolo 137 decreto legislativo n. 209 del 2005) - secondo la quale il reddito che occorre considerare agli effetti del risarcimento non può comunque essere inferiore a tre volte l'ammontare annuo della pensione sociale - si applica soltanto all'ipotesi dell'azione diretta del danneggiato nei confronti dell'assicuratore, e non anche nel rapporto tra danneggiato e danneggiante, che è indipendente dal contratto assicurativo; tuttavia, nell'ambito di una valutazione equitativa per i danni futuri, il giudice può assumere come criterio (non vincolante) di orientamento anche quello del triplo della pensione sociale, di cui allo stesso articolo 137 decreto legislativo n. 209 del 2005, Tribunale di Camerino, sentenza 19 settembre 2007, in Arch. circ. ass. e resp., 2008, p. 963.
Sempre per i giudici di merito, in un'ottica, peraltro, opposta, rispetto a quella che pare ispiri la pronunzia ora in rassegna, cfr., nel senso che ai fini della liquidazione del danno patrimoniale, il reddito futuro del danneggiato va stimato, in via equitativa, assumendo come criterio di riferimento quello del reddito netto più elevato tra quelli dichiarati ai fini Irpef negli ultimi tre anni antecedenti all'infortunio, secondo quanto previsto dall'articolo 137, comma 1, decreto legislativo n. 209 del 2005, Tribunale Ascoli Piceno - San Benedetto del Tronto, sentenza 19 maggio 2011, in Dir. e lav. Marche, 2012, fasc. 1, p. 130.

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