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Rifiutarsi di trattare può essere atto doloso

Sì alla condanna a pagare il contributo unificato: c’è «danno» allo Stato

di Rosario Dolce

La mancata partecipazione alla mediazione, senza giustificato motivo, può essere elemento di prova per far presumere al giudice sia il dolo della parte sia il fondamento della tesi avversaria. Di qui la legittimità della condanna dell’assente al pagamento del contributo unificato in favore dello Stato. Lo ha stabilito il Tribunale di Termini Imerese con sentenza 412/2023 del 7 aprile.

Nella causa era stato depositato un verbale di chiusura negativa della mediazione promossa da parte di un locatore contro il proprio conduttore moroso. Dal verbale risultava che quest’ultimo non si era presentato all’incontro di mediazione, senza giustificato motivo, benché ritualmente convocato. Dunque, l’esperimento era stato chiuso senza poter entrare nel merito delle diverse posizioni delle parti. Preso atto di ciò il giudice ha riconosciuto – richiamando altri precedenti (sentenza Tribunale di Roma, 23 febbraio 2017) – che l’ingiustificata mancata partecipazione alla mediazione costituisce «un comportamento doloso, in quanto idoneo a determinare l’introduzione di una procedura giudiziale».

Questa condotta è stata ritenuta censurabile perché accresce il contenzioso in un contesto giudiziario, quello italiano, saturo nei numeri e smisuratamente dilatato nella durata dei giudizi. È stato ritenuto perciò che la totale ed evidente assenza di un giustificato motivo alla mancata partecipazione, in forza del combinato disposto degli articoli 8, comma quattro bis, del Dlgs 28/2010, e 116 del Codice di procedura civile, concorra a ritenere raggiunta la piena prova della infondatezza della sua resistenza ad oltranza, e legittimi l'interesse dell'attore ad ottenere quanto richiesto.

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