Lavoro

Sanzioni disciplinari avvocati: ai fini della disciplina conta la data della decisione

Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 22728 depositata oggi, respingendo il ricorso di un legale

di Francesco Machina Grifeo

Ai fini dell'individuazione della disciplina, anche transitoria, applicabile per l'esercizio del potere disciplinare nei confronti degli avvocati, deve darsi rilievo alla data di adozione della decisione (nel caso, luglio 2014) anziché a quella del deposito della stessa (aprile 2016). Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 22728 depositata oggi, respingendo il ricorso di un legale.

Per la Suprema corte, dunque, il procedimento disciplinare non poteva ritenersi ancora «in corso» o «pendente» al momento della piena operatività, nel gennaio 2015, della Riforma forense operata dalla legge n. 247/2012 che ha istituito i nuovi Consigli distrettuali di disciplina. Ragion per cui l'eccezione di incompetenza del Coa è stata essere correttamene ritenuta infondata dal Cnf.

Il procedimento disciplinare era stato aperto dal Coa, con delibera del 26/10/2012, in relazione ad una serie di incolpazioni disciplinari: appropriazione indebita di una maggior somma consegnata da una cliente; aver chiesto somme sproporzionate rispetto all'attività effettivamente compiuta; aver violato gli adempimenti previdenziali e fiscali, essendosi fatto consegnare dalla cliente un assegno circolare intestato alla propria moglie ecc..

Il Consiglio Nazionale Forense, con sentenza n. 210/2021, pronunciando in sede di rinvio, in parziale accoglimento del ricorso avverso la decisione adottata dal Coa di Viterbo (nella camera di consiglio del 17/7/2014, depositata il 27/4/2016 e notificata il 5-10/5/2016), ha irrogato al professionista la sanzione della censura, in luogo della sospensione dall'esercizio della professione per due mesi. Il Cnf ha ritenuto dirimente non la data di deposito della decisione disciplinare, ma quella di adozione della deliberazione, a chiusura dell'istruttoria, e cioè il 17/7/2014 (anteriore all'entrata in vigore della legge 247/2012).

Proposto ricorso, il legale ha invece sostenuto la violazione e falsa applicazione del Regolamento Cnf n. 1 del 2014, per avere riconosciuto la competenza del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Viterbo, laddove invece, dal 1° gennaio 2015, la stessa doveva ritenersi transitata in capo al Consiglio Distrettuale di Disciplina.

Una lettura bocciata dalla Suprema corte secondo cui anche per le decisioni del vecchio Consiglio dell'Ordine degli avvocati, in materia disciplinare, deve darsi rilievo - trattandosi di atto amministrativo ma di natura «giustiziale» (e, comunque, vista la lettera dell'articolo 51 Rd 37/1934) al momento della deliberazione anziché a quello del deposito della motivazione e della pubblicazione, ai fini della sussistenza della potestas iudicandi dell'organo collegiale e dei suoi componenti.

Per cui, non potendosi fare regredire il procedimento disciplinare che sia giunto già alla fase della deliberazione, esso non poteva definirsi «pendente» o «in corso», ai fini della disciplina transitoria dettata dall'articolol 15, primo comma, del Regolamento Cnf n. 1/2014.

Del resto, aggiunge la Corte, va richiamato anche il più generale principio di conservazione degli atti amministrativi e, in particolare, degli atti giurisdizionali. E nella specie, "si discute, invero, di un atto amministrativo ma di natura giustiziale".

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