Penale

Responsabilità amministrativa dell'ente, messa alla prova per la società imputata di un reato presupposto

Lo ha deciso il tribunale di Bari con l'ordinanza 22 giugno 2022

di Camilla Insardà

Con ordinanza del 22 giugno 2022, il Tribunale di Bari ha disposto la sospensione del procedimento con messa alla prova di una srl imputata per l'illecito amministrativo dipendente dal reato ex articolo 25 septies del Dlgs 231/2001.

Il ragionamento del giudice
In premessa, il giudice monocratico barese ha ricordato che gli articoli 168 bis c.p. e 464 bis c.p.p. nel disciplinare l'istituto, non fanno riferimento all'ente quale soggetto legittimato a proporre istanza e per quanto gli articoli 34 e 35 del Dlgs 231/2001 stabiliscano l'applicabilità delle disposizioni codicistiche relative al procedimento e all'imputato, laddove compatibili, anche in caso di accertamento della responsabilità della persona giuridica, la messa alla prova non trova esplicita collazione nell'elenco dei procedimenti speciali ex articolo 62 e seguenti.
Al fine di risolvere la dibattuta questione dell'applicabilità o meno della m.a.p. nel procedimento di accertamento della responsabilità dell'ente per illecito amministrativo dipendente da reato, il Tribunale di Bari ha preso in esame i quattro orientamenti giurisprudenziali delineati dai giudici di merito italiani.

L'analisi dei precedenti
Secondo la tesi del Tribunale di Milano, la natura ibrida della m.a.p., processuale e sostanziale – trattandosi di procedimento speciale a contenuto sanzionatorio –, rende l'istituto inapplicabile al caso di specie per violazione principi di riserva di legge e di tassatività della legge penale, quali corollari del principio di legalità di cui agli articoli 25, c. II della Costituzione e 7 della CEDU.
Per il Tribunale di Bologna, invece, l'inapplicabilità della messa alla prova deriva da un'incompatibilità strutturale per un voluto mancato coordinamento normativo. Inoltre, la finalità riparativa-conciliativa della m.a.p. non risulta adattabile ad un ente.
Il terzo orientamento in senso negativo, proposto dal Tribunale di Spoleto, fa riferimento ad una serie di "incertezze operative", ossia alla mancata chiarezza circa l'ambito applicativo e i requisiti oggettivi di ammissibilità per le persone giuridiche, ponendosi ogni eventuale interpretazione analogica come un'inammissibile operazione creativa da parte della magistratura, volta ad eludere altresì il disposto di cui all'articolo 17 del Dlgs. 231/2001, che stabilisce una pena più mite per l'ente che adempie ad una serie di obblighi, coincidenti con le attività tipiche della m.a.p..
Secondo la quarta impostazione, offerta dal Tribunale di Modena, la messa alla prova è applicabile anche all'ente giuridico incolpato di un illecito amministrativo derivante da reato, purché sussista un requisito necessario, dato dalla predisposizione – ante factum – di un modello organizzativo che, seppur ritenuto inidoneo dal giudice, sia indice della diligenza dell'ente e presupposto positivo della sua "rieducazione".

Una decisione in linea con l'orientamento modenese
Come si è accennato in apertura, il Tribunale di Bari è approdato alla soluzione favorevole alla compatibilità della m.a.p. all'ente giuridico, aderendo alla tesi elaborata dal giudice modenese. Con l'ordinanza del 22 giugno 2022 in commento, il giudice monocratico ha confutato le tre precedenti ricostruzioni logico-giuridiche. Innanzitutto, la messa alla prova determina un ampliamento delle strategie processuali favorevoli all'imputato, mentre il divieto di analogia si propone di evitare ulteriori effetti negativi sull'incolpato. È innegabile che l'estinzione del reato a seguito dello spontaneo assolvimento di determinate prescrizioni costituisce un effetto positivo per l'imputato, pertanto non si può negarne un'applicazione estensiva.
In secondo luogo, il mancato coordinamento tra la disciplina della m.a.p. e quella predisposta dal Dlgs 231/2001 non può essere interpretato come volontà legislativa di escludere le società dall'ambito applicativo dell'istituto, dovendosi necessariamente prendere in considerazione le finalità deflattive e rieducative delle normative.
Partendo dal presupposto che il procedimento speciale tende ad un reinserimento sociale anticipato dell'imputato, occorre tenere presente che il sistema sanzionatorio delineato dalle disposizioni relative alla responsabilità da reato degli enti risponde anch'esso – come ben specifica il Tribunale di Bari – ad una logica special-preventiva in chiave rieducativa. Come sottolinea il giudice nell'ordinanza in commento, ritenere la m.a.p. applicabile al caso di specie significa "indurre l'ente ad adottare comportamenti riparatori dell'offesa che consentano il superamento del conflitto sociale instaurato con l'illecito, nonché idonei, concreti ed efficaci modelli organizzativi che incidendo strutturalmente sulla cultura d'impresa, possano consentirgli di continuare ad operare sul mercato nel rispetto della legalità o meglio di rientrarvi con una nuova prospettiva di legalità".
Senza aderire alla tesi della responsabilità penale – e non amministrativa – dell'ente, ma senza nemmeno smentire la consolidata autonomia tra la responsabilità della persona fisica che agisce per l'ente e quella dell'ente stesso, a sostegno della tesi favorevole all'applicabilità della m.a.p., il Tribunale di Bari ha insistito sulla necessità di una maggiore funzionalizzazione delle procedure societarie interne, volte a prevenire la commissione di illeciti e ad evitare sanzioni.
Ancora, il giudice barese ha sottolineato la diversità degli ambiti applicativi della m.a.p. e dell'articolo 17 del Dlgs 231/2001, essendo il primo molto più ampio del secondo. Da ultimo, l'ordinanza ha ricondotto le "incertezze applicative", lamentate dal Tribunale di Spoleto, nell'alveo della legittimità discrezionalità del giudicante, dovendosi ritenere la m.a.p. applicabile ai reati per i quali è consentito l'accesso alle persone fisiche e in presenza di modelli organizzativi adeguati alle esigenze della società, ancorché rivelatisi poi inidonei.
In conclusione, l'ordinanza del 22 giugno 2022 del Tribunale di Bari offre un'interpretazione special-preventiva in chiave rieducativa dell'istituto della messa alla prova tale da renderlo applicabile al caso di specie, ponendosi altresì in linea con il generale principio del favor rei.

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