Penale

Ufficiale ucraino, sì al rimpatrio senza prove di un rischio specifico

La Cassazione, sentenza n. 10307 depositata oggi, ha rigettato il ricorso di un ex ufficiale della marina

di Francesco Machina Grifeo

La Cassazione, sentenza n. 10307 depositata oggi, ha rigettato il ricorso contro la condanna a 15mila euro di multa, confermata dal Tribunale di Forlì nel settembre 2021, per un cittadino ucraino, privo di passaporto biometrico, che non aveva ottemperato a due decreti di espulsione (del 19 febbraio e del 4 agosto 2016). Le ragioni addotte per la mancata partenza, quali la situazione di pericolo sul territorio, sono stata considerate dalla Suprema corte eccessivamente generiche. La sentenza si segnala in quanto seppure i reati commessi sono precedenti all'invasione Russa del Donbass (ma successivi alla occupazione della Crimea), la decisione invece è stata adottata nell'ottobre 2022, dunque in piena guerra.

Nel ricorso si afferma che nelle regioni di Donetsk e Luhansk, così come nelle zone classificate come controllate dal Governo ucraino, si verificano "scontri a fuoco e vi siano mine e ordigni esplosivi". Ed è "particolarmente difficile per gli abitanti della Crimea fare ritorno nel proprio territorio o comunque chiedere duplicati dei propri documenti". Inoltre, i residenti della Crimea e del Donbass devono fornire una serie di documenti aggiuntivi per ottenere il passaporto, mentre chi ha ottenuto il passaporto russo negli ultimi tre anni non può ottenere anche la cittadinanza ucraina.

Al ricorrente, ufficiale della marina militare ucraina "in territorio conquistato dai russi", dunque "non potrebbe ascriversi alcun profilo di responsabilità, nemmeno a titolo di leggerezza o imprudenza". In particolare, nella regione di Bolhrad dove la popolazione bulgara è rimasta maggioranza etnica, il governo ucraino, "proiettato alla realizzazione di uno Stato monoetnico, avrebbe deciso di ridimensionare i separatisti bulgari". Per via di un tale "clima di oppressione", "la fuga sarebbe la sola soluzione possibile per evitare morte certa". Del resto, aggiungeva, "si deve tener conto della diffidenza sussistente nei confronti di un alto ufficiale - quale egli è - in odore di p oca lealtà nei confronti del Paese imperialista e conquistatore".

Per la I Sezione penale tuttavia ai fini dell'individuazione del giustificato motivo che esclude la configurabilità del reato di inosservanza dell'ordine del Questore (reato di cui all'articolo 14, comma 5-ter,Dlgs 25 luglio 1998, n. 286), "il giudice deve fare riferimento al caso concreto e alla condizione del cittadino extracomunitario, da apprezzare in tutti i profili idonei a rendere inesigibile, ovvero difficoltoso o pericoloso, anche soggettivamente, il comportamento collaborativo richiesto dalla norma".

Sul punto, il giudice di appello ha escluso la possibilità di configurare la sussistenza della causa di giustificazione dell'esercizio di un diritto con una motivazione che "non risulta affetta dai vizi di violazione di legge". Infatti, come osservato dalla giurisprudenza di legittimità, "la sussistenza di un giustificato motivo per non ottemperare ai provvedimenti di espulsione deve attenere al caso concreto e alla condizione individuale del cittadino extracomunitario". E nel caso in esame, il ricorrente si è limitato ad avanzare come causa di giustificazione quella dell'esercizio di un diritto (articolo 51, primo comma, cod. pen.), "senza indicare specificamente quale fosse il diritto di cui, in ipotesi, egli si sarebbe avvalso". "Né sono indicati, nel ricorso, pericoli che attengono concretamente e specificamente alla posizione di K., quanto piuttosto un'asserita situazione di pericolo generalizzata sul territorio".

Né, prosegue la Corte, il ricorso contiene "in modo puntuale e specifico le ragioni che in ipotesi escluderebbero la sussistenza della colpevolezza" in capo al ricorrente. Infatti, nel ricorso si "richiama genericamente la sussistenza di una ipotesi di pericolo sussistente nel territorio ucraino e, infine, si prospetta l'eventualità di un'applicazione analogica della scriminante della legittima difesa". Tutte argomentazioni esposte "senza l'indicazione analitica degli elementi a sostegno della propria ricostruzione, poiché il ricorrente si limita a rassegnare affermazioni aventi natura meramente assertiva, secondo un ragionamento privo di precisione".

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