Professione e Mercato

Sanzioni disciplinari per il consulente che non svolge l’incarico

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di Paolo Frediani

Sul consulente tecnico d’ufficio pesa anche la responsabilità disciplinare. Prevista dagli articoli 19,20 e 21 delle disposizioni attuative del Codice di procedura civile, ricorre quando il Ctu:

- non tiene una «condotta morale specchiata»;

- non ottempera agli obblighi derivanti dagli incarichi ricevuti.

Nella prima fattispecie rientrano i casi di condanne penali e civili e l’irrogazione di sanzioni disciplinari e amministrative per fatti non relativi all’incarico di Ctu ma che possono incidere sull’esercizio della professione o che comunque denotano in chi le ha subite spregio della legalità o mancanza di senso civico.

La seconda fattispecie riguarda invece la condotta del consulente successiva all’incarico, come ad esempio il rifiuto ingiustificato di prestare il proprio ufficio, la mancata comparizione all’ udienza per il giuramento senza giustificato motivo, il mancato deposito della relazione nel termine assegnato, senza giustificato motivo, il mancato avviso alle parti dell’inizio delle operazioni peritali, aggravato dalla necessità del rinnovo della consulenza o la negligenza o l’imperizia nello svolgere l’incarico.

Il procedimento può essere avviato su istanza della parte, del giudice della causa, del procuratore della Repubblica, del presidente dell’Ordine o del collegio professionale o d’ufficio dal presidente del tribunale. La competenza a decidere sulla responsabilità disciplinare del Ctu spetta allo stesso comitato incaricato, dall’articolo 14 delle disposizioni attuative del Codice di procedura civile, di formare gli albi dei consulenti: il comitato è presieduto dal presidente del tribunale ed è composto dal procuratore della Repubblica e da un professionista iscritto nell’albo professionale, designato dal consiglio dell’ordine o dal collegio della categoria, a cui appartiene il consulente.

Come si svolge il procedimento? L’addebito viene contestato a cura del presidente del tribunale e il Ctu interessato deve dare risposta scritta. Qualora le motivazioni addotte dal consulente non siano ritenute sufficienti né convincenti dal presidente, quest’ultimo convoca il consulente di fronte al comitato. Nella seduta plenaria del comitato si procede all’audizione diretta del Ctu, che deve fornire le spiegazione del caso nel modo più convincente e documentato possibile. A seguito della seduta il comitato si pronuncia con l’emissione del provvedimento sanzionatorio o assolutorio.

Le sanzioni disciplinari applicabili ai consulenti sono:

- l’avvertimento, che è la sanzione più blanda; si concretizza come ammonimento con contenuto di rimprovero al consulente, in relazione alla mancanza commessa o alla condotta mantenuta a cui si accompagna, quindi, l’invito a interromperla;

- la sospensione dall’albo per un tempo non superiore a un anno; è una sanzione che prevede un’influenza diretta sul percorso professionale del consulente destinatario della sanzione. Infatti, per la durata della sospensione, non è possibile affidare nuovi incarichi al Ctu sanzionato, né proseguire quelli in corso; una volta esaurito il periodo di sospensione, l’attività può riprendere senza che sia necessario l’intervento del comitato;

- la cancellazione dall’Albo; è la sanzione più grave, con effetto espulsivo per il professionista che, quindi, non può più svolgere la funzione di Ctu ed è tenuto ad abbandonare gli incarichi in corso.

Il comitato non ha natura giurisdizionale e il provvedimento che irroga la sanzione disciplinare ha natura amministrativa. Non può quindi essere impugnato con il ricorso in Cassazione (in base all’articolo 111 della Costituzione) ma può essere oggetto di reclamo, che va presentato: entro 15 giorni dalla notifica, di fronte alla commissione della corte d’appello nel cui distretto ha sede il comitato; o, entro 60 giorni dal momento in cui l’interessato ha avuto effettiva conoscenza del provvedimento, dinnanzi alla giustizia amministrativa.

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