Fake News e Comunicazione Legale: il Fact-Checking come Bussola Etica (ora anche istituzionale)
In un ecosistema informativo sempre più fluido, la credibilità si costruisce con rigore, trasparenza e tempestività. Il fact-checking non è un ostacolo alla libertà d’espressione, ma una garanzia di fiducia per cittadini, clienti e stakeholder
Si è appena celebrato l’International Fact-Checking Day, promosso dallaInternational Fact-Checking Network (IFCN) con un messaggio chiaro: #FactCheckingisEssential. In un mondo dove miliardi di contenuti vengono pubblicati in tempo reale, la verifica delle fonti non è più solo responsabilità di giornalisti e specialisti, ma un dovere condiviso da tutta la filiera della comunicazione, legale compresa.
In particolare per gli studi legali e per chi si occupa di tutela reputazionale, il rischio di essere coinvolti in fenomeni di disinformazione è reale e crescente. È quindi cruciale adottare strategie strutturate di fact-checking, inserendole nei processi quotidiani della comunicazione.
Il fact-checking è il processo sistematico di verifica delle informazioni con l’obiettivo di individuare inesattezze, manipolazioni o dichiarazioni false. Nell’ambito legale, questo processo assume un valore ancora più rilevante: una dichiarazione non corretta o ambigua può generare fraintendimenti, esporre a contenziosi, o minare la credibilità dello studio.
La disinformazione non è un fenomeno nuovo, ma oggi si diffonde con una rapidità senza precedenti grazie ai social media e alle piattaforme digitali. Le fake news possono avere conseguenze gravi, influenzando elezioni, generando panico durante le crisi sanitarie o alimentando pregiudizi e divisioni sociali. Un esempio eclatante è stata la pandemia da COVID-19, durante la quale si sono diffuse numerose false informazioni sui vaccini, i sintomi e i trattamenti. In questi casi, il Fact Checking ha giocato un ruolo cruciale per arginare i danni e promuovere una corretta informazione.
Due modelli si stanno affermando a livello globale.
Negli Stati Uniti, Meta ha ufficializzato l’interruzione delle collaborazioni con i fact-checker su Facebook e Instagram, rimpiazzandoli con le “note di comunità” in stile X/Twitter. Mark Zuckerberg ha motivato la scelta sostenendo che i fact-checker siano “troppo politicizzati” e che la priorità vada data alla libertà di espressione, pur riconoscendo il rischio di aumentare la disinformazione.
In Europa, al contrario, il Digital Services Act (DSA) ha introdotto i Trusted Flaggers, enti riconosciuti incaricati di segnalare alle piattaforme, con priorità, contenuti illegali o dannosi.
Queste due strategie incarnano visioni opposte: una lascia agli utenti il compito di “giudicare”, l’altra rafforza la regolazione pubblica e la responsabilità delle piattaforme.
Il Report Comunicazione 2024 mostra che per l’88% dei responsabili comunicazione la reputazione aziendale è la priorità strategica. In uno scenario dove le fake news possono diffondersi in pochi minuti, è necessario dotarsi di strumenti per intercettare e disinnescare contenuti falsi o distorti prima che diventino virali.
Strumenti e piattaforme utili
Facta.news – progetto italiano di Pagella Politica, che verifica bufale e notizie virali.
Newsguard – valuta l’affidabilità delle fonti online.
Google Fact Check Explorer – aggregatore di contenuti verificati.
CrowdTangle – utile per monitorare contenuti potenzialmente virali.
Trusted Flaggers (UE) – nuova infrastruttura legale per la segnalazione qualificata, ora in fase di piena implementazione.
Secondo uno studio del MIT pubblicato su Science, le notizie false hanno il 70% in più di probabilità di essere ritwittate rispetto a quelle vere, e si diffondono sei volte più rapidamente. In un ambiente ad alta esposizione mediatica come quello legale, questo dato dovrebbe allertare chi si occupa di tutela reputazionale.
Per contrastare la disinformazione, gli studi legali e i responsabili comunicazione devono agire su più livelli:
• Monitoraggio attivo con strumenti di social listening come Talkwalker, Mention o Hootsuite Insights
• Procedure interne di verifica delle fonti prima della pubblicazione di ogni contenuto
• Formazione continua per i team, soprattutto nei momenti di crisi o esposizione mediatica
• Pubblicazione proattiva di contenuti autorevoli, attraverso attività di Thought Leadership
• Uso di linguaggio chiaro e accessibile, per ridurre il rischio di manipolazione o incomprensione
L’evoluzione delle politiche di moderazione online solleva questioni etiche profonde: quanto possiamo delegare alla tecnologia? E quanto, invece, dobbiamo rafforzare il ruolo umano e istituzionale nella tutela del dibattito pubblico?
Con l’intelligenza artificiale e l’automazione, il Fact Checking sta evolvendo. Strumenti come algoritmi di machine learning possono analizzare grandi quantità di dati in tempi brevissimi, aiutando i fact-checker a identificare rapidamente le fake news. Tuttavia, la componente umana rimane fondamentale: il contesto culturale e sociale è spesso troppo complesso per essere compreso da una macchina. La sfida più grande è educare le persone a riconoscere e combattere la disinformazione incentivando una maggiore consapevolezza da parte degli utenti. Ma è essenziale che queste strategie siano accompagnate da un forte impegno nella promozione dell’alfabetizzazione mediatica.
Il fact-checking non è una moda, è una responsabilità
In un ecosistema informativo sempre più fluido, la credibilità si costruisce con rigore, trasparenza e tempestività. Il fact-checking non è un ostacolo alla libertà d’espressione, ma una garanzia di fiducia per cittadini, clienti e stakeholder.
Essere attori consapevoli in questo processo significa proteggere la reputazione oggi e difendere il valore del diritto alla verità domani.
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*Valeria Cavallo - Marketing & Communication Manager