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La disciplina dell'abuso di dipendenza economica modificata dalla legge "concorrenza" 2021: verso una sistematica della "Faute Mercatoria"

Il 27 agosto u.s. è finalmente entrata in vigore, dopo un lungo iter parlamentare, la legge annuale per la concorrenza per l'anno 2021 (l. 118 del 5 agosto 2022, di seguito "Legge antitrust 2021")

di Pietro Missanelli e Andrea Pisani Tedesco*

Il 27 agosto u.s. è finalmente entrata in vigore, dopo un lungo iter parlamentare, la legge annuale per la concorrenza per l'anno 2021 (l. 118 del 5 agosto 2022, di seguito " Legge antitrust 2021" ). Con quest'ultimo intervento il Legislatore ha voluto, da un lato, allineare alcuni aspetti della normativa nazionale antitrust (la l. 287/90) alla disciplina UE (inter alia con riferimento al controllo delle concentrazioni di impresa) rafforzando altresì i poteri dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ("AGCM"). Dall'altro lato, il Legislatore ha inteso anche irrobustire la disciplina di contrasto agli abusi di dipendenza economica, contenuta all'art. 9, l. 192/98.

Venendo a quest'ultima disposizione, l'art. 9, l. 192/98 – pacificamente inteso a governare tutti i rapporti verticali tra imprese – vieta le condotte abusive da parte di un'impresa nei confronti di una controparte commerciale che si trovi in stato di dipendenza economica. Le condotte considerate abusive possono consistere, ad esempio, nel rifiuto di vendere o comprare, nell'imposizione di condizioni ingiustificatamente gravose o nell'interruzione arbitraria delle relazioni commerciali in atto.

In buona sostanza, la norma vieta alle imprese dotate di un significativo potere di mercato di esercitare quest'ultimo come strumento di pressione commerciale, al fine di imporre ai contraenti più deboli termini e condizioni non equi o, comunque, porre in essere in loro pregiudizio altre condotte scorrette o sleali. In quest'ottica, la fattispecie in esame è simile a quella di abuso di posizione dominante (artt. 102 TFUE e 3, l. 287/90) ma se ne differenzia perché il potere di mercato dell'impresa in posizione dominante è significativamente maggiore, permettendole di agire in modo sostanzialmente indipendente rispetto ai propri concorrenti, ai suoi clienti e in ultima analisi rispetto ai consumatori. In altre parole: di fare il bello e il cattivo tempo non solo nei confronti del contrante debole, ma di tutto il mercato.

Dal momento che "le posizioni soggettive" che caratterizzano i due illeciti sopradescritti (ossia la posizione di egemonia nella singola relazione contrattuale e la posizione dominante sul mercato) possono teoricamente coesistere, e che "l'elemento oggettivo" (i.e. le condotte considerate abusive ai sensi dell'art. 9, l. 192/98 e degli artt. 102 TFUE e 3, l. 287/90) è sostanzialmente identico, le due diverse discipline – abuso di dipendenza economica e abuso di posizione dominante – possono trovare applicazione nell'ambito della stessa fattispecie concreta. Poniamo, ad esempio, l'interruzione brutale dei rapporti di fornitura da parte di un'impresa monopolista.

Né si potrà obiettare che l'applicazione di una delle due discipline dovrebbe condurre all'écartement dell'altra, visto che il "bene giuridico" tutelato dalle succitate norme è diverso (la concorrenza da un lato, e la libertà contrattuale del "contraente debole" per l'art. 9, l. 192/98). Invero, non è un caso che la competenza dell'AGCM a conoscere delle violazioni di quest'ultima disposizione sorga (e si affianchi a quella del giudice ordinario) non in ogni caso, ma soltanto quando la condotta abusiva assuma rilevanza per la tutela della concorrenza.

In questo senso, si può certamente definire l'abuso di dipendenza economica come un illecito (potenzialmente) "plurioffensivo".In tale contesto, la Legge antitrust 2021 viene in rilievo, in primo luogo, poiché è andata a incidere sulla posizione soggettiva dell'illecito disciplinato dall'art. 9, l. 192/98. In particolare, è stata introdotta una presunzione (relativa) di dipendenza economica dell'impresa che utilizzi i servizi di intermediazione offerti da piattaforme digitali, nella misura in cui esse abbiano un ruolo determinante per raggiungere utenti finali e/o fornitori, anche in termini di effetti di rete e/o di disponibilità dei dati.

Le pratiche abusive realizzate dalle piattaforme digitali possono consistere, ad esempio, nel fornire informazioni o dati insufficienti in merito al servizio erogato, ovvero anche nell'adozione di pratiche volte a ostacolare l'utilizzo di un diverso fornitore per il medesimo servizio, per esempio attraverso l'applicazione di condizioni unilaterali o costi aggiuntivi.

L'introduzione di una presunzione, ancorché relativa, costituisce senz'altro un favor sia per l'AGCM (che se ne gioverà in ambito di public enforcement) sia per le parti abusate (in ambito di private enforcement). Inoltre, la disposizione conferma il legame strettamente sinergico dell'art. 9 l. 192/98 con la disciplina dell'abuso di posizione dominante. Si pensi ai procedimenti per abuso di posizione dominante aperti dalle autorità nazionali della concorrenza italiana, tedesca e svedese, relativi alle clausole di parità tariffaria applicati da Booking.com ed Expedia nei confronti delle strutture alberghiere. L'intervento del Legislatore conferma che tali fattispecie avrebbero potuto ricadere anche nella disciplina sull'abuso di dipendenza economica.

In definitiva, la Legge antitrust 2021 aggiunge un tassello al mosaico del c.d. "terzo contratto" ossia quella categoria che, come ricostruito da attenta dottrina, ha ad oggetto l'area della contrattazione tra imprese in contesti di asimmetria di potere di mercato e, dunque, di potere negoziale (si pensi alle norme in materia di contrasto al ritardo dei pagamenti nelle transazioni commerciali, affiliazione commerciale, e pratiche commerciali sleali nella filiera agro-alimentare).

L'interprete ha ormai a disposizione numerosi materiali per identificare le ipotesi socialmente tipiche di illeciti commessi nell'ambito delle relazioni asimmetriche tra imprese. Figure che potremmo definire di "faute mercatoria", ossia fattispecie in cui un'impresa sfrutta il proprio potere di mercato per porre in essere condotte scorrette, in danno vuoi della propria controparte, vuoi dell'intero mercato in cui opera, vuoi di entrambi contemporaneamente. Si pensi, ad esempio, al caso in cui, praticando condizioni commerciali predatorie, un'impresa con elevato potere di mercato dreni risorse economiche dall'impresa contrattualmente debole situata a valle e, così facendo, risulti slealmente avvantaggiata rispetto ai suoi concorrenti a monte.

Identificate queste ipotesi, all'interprete toccherà altresì agire sul versante rimediale. Lo strumento è offerto proprio dall'art. 9, l. n. 192/98, considerato da autorevole dottrina come la clausola generale regina del diritto contrattuale tra imprese. I tempi sembrano propizi affinché questa norma possa finalmente assumere un ruolo centrale in tutta la dinamica negoziale, nonché essere utilmente azionata in sede cautelare e di merito, e, in prospettiva, anche favorire una "moralizzazione" dei rapporti tra merchants, sempre più necessaria nel "mondo grande e terribile" (e asimmetrico) di oggi.

* di Pietro Missanelli e Andrea Pisani Tedesco, Greenberg Traurig Santa Maria


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