Amministrativo

No al ricorso anonimo, per la difesa necessario conoscere l’avversario

Per i giudici, nei processi ci deve essere parità delle armi e l’esigenza di anonimato di una parte non può impedire all’avversario di difendersi adeguatamente

di Guglielmo Saporito

Il conflitto tra la pubblicità degli atti giudiziari e la tutela di chi effettua segnalazioni alla magistratura trova un nuovo capitolo nella sentenza 15 febbraio 2022 n. 1808 del Tar Lazio che respinge un ricorso notificato in forma anonima. Per i giudici, nei processi ci deve essere parità delle armi e l’esigenza di anonimato di una parte non può impedire all’avversario di difendersi adeguatamente.

Nel caso esaminato, un’impresa si era rivolta all’Autorità garante della concorrenza (Agcm) segnalando come anticoncorrenziale l’attività di un’industria che realizza stampi in plastica per produrre bottiglie. Gli stampi, qualora abbinati ad accessori non ufficiali del produttore, avevano infatti una resa inferiore, incidendo sulla produzione e quindi sulla libertà di mercato: ma l’Autorità ha escluso che tali comportamenti alterassero la concorrenza, con una pronuncia che è stata contestata innanzi il Tar.

Qui è sorto il problema della pubblicità dei nomi dei litiganti: l’impresa, che riteneva alterata la concorrenza, rivolgendosi al Tar chiedeva di fruire dei vantaggi dell’anonimato, soprattutto per evitare ritorsioni economiche da parte dell’impresa produttrice degli stampi. Il testo del ricorso al Tar risultava infatti redatto “in chiaro” nella copia depositata al giudice (quindi, con gli estremi dell’impresa che lamentava la lesione della libertà di mercato), ma lo stesso testo risultava “oscurato” nella copia del ricorso indirizzata alla controparte (l’impresa produttrice degli stampi).

Da un lato quindi l’impresa che si era rivolta al Tar, riteneva che solo l’oscuramento della propria ragione sociale la poteva garantire da possibili ritorsioni da parte dell’avversaria impresa produttrice di stampi; dall’altra, l’impresa che realizzava gli stampi inserendovi chip e limiti di compatibilità, vedeva danneggiata la propria capacità difensiva, non sapendo chi fosse il proprio avversario.

Questo conflitto è stato risolto dando prevalenza alle esigenze del contraddittorio e della “parità delle armi” tra i litiganti. Tutte le parti devono infatti poter validamente resistere in giudizio senza risultare penalizzate rispetto agli avversari, conoscendo quindi non solo i motivi di contrasto, ma anche gli specifici interessi di chi ha una posizione ostile: di qui la pronuncia del Tar, che dichiara inammissibile il ricorso notificato in forma anonima.

La materia è affine a quella dell’oscuramento dei dati nelle sentenze (articolo 52 del decreto legislativo 196/2003, in caso di dati sensibili, quali gli atti di famiglia e lo stato delle persone), ed alle norme sulla protezione di chi segnali illeciti nei rapporti di lavoro (whistleblowing: articolo 54 bis del Dlgs 165/2001). Rilevanti sono anche le connessioni con il diritto all’oblio (da ultimo, Cass.3952/2022), cioè con il diritto a farsi cancellare da possibili ricerche nel mondo digitale.

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