Civile

Cassazione civile: le principali sentenze di procedura della settimana

La selezione delle pronunce della Suprema corte depositate nel periodo compreso tra il 16 ed il 20 gennaio 2023.

di Federico Ciaccafava

Nel consueto appuntamento con i depositi della giurisprudenza di legittimità in materia processualcivilistica, si propongono, nel periodo oggetto di scrutinio, le pronunce che, in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni: (i) atti processuali e forma del deposito tra irregolarità e nullità; (ii) atti processuali, nullità e rilevabilità officiosa; (iii) mancata costituzione di controparte e compensazione delle spese di lite; (iv) cessazione della materia del contendere e presupposti di operatività; (v) liquidazione compenso del CTU e perfezionamento deposito telematico del ricorso in opposizione; (vi) equa riparazione, misura dell’indennizzo e giudizio di verificazione dello stato passivo; (vii) giudizio di cassazione e potere di correzione della motivazione della Corte; competenza per territorio e residenza abituale.
_

PROCEDURA CIVILE - I PRINCIPI IN SINTESI

ATTI PROCESSUALI - Cassazione n. 1108/2023

L’ordinanza afferma che, in difetto di una espressa previsione, non si può pronunciare la nullità di un atto ove depositato dalla parte in forma cartacea anziché digitale ove lo stesso abbia comunque raggiunto lo scopo a cui è destinato.

ATTI PROCESSUALI - Cassazione n. 1200/2023

La pronuncia riafferma che la regola dettata dall’articolo 157, comma 3, Cpc, secondo cui la parte che ha determinato la nullità non può rilevarla, non opera quando si tratti di una nullità rilevabile anche d’ufficio, ma tale inoperatività è correlata alla durata del potere ufficioso del giudice, sicché una volta che quest’ultimo abbia deciso la causa omettendo di rilevare la nullità, la regola si riespande, con la conseguenza che la parte che vi ha dato causa con il suo comportamento, ed anche quella che, omettendo di rilevarla, abbia contribuito al permanere della stessa, non possono dedurla come motivo di nullità della sentenza, a meno che si tratti di una nullità per cui la legge prevede il rilievo officioso ad iniziativa del giudice anche nel grado di giudizio successivo.

SPESE PROCESSUALI - Cassazione n. 1243/2023

La decisione afferma che la mancata costituzione in giudizio di controparte non giustifica la compensazione delle spese di giudizio, essendo la contumacia condotta in sé neutra, non espressiva di non opposizione o di adesione alle richieste di controparte oltre ad essere eventualità tutt’altro che eccezionale.

CESSAZIONE DELLA MATERIA DEL CONTENDERE - Cassazione n. 1257/2023

Cassando con rinvio la decisione gravata, l’ordinanza ribadisce che la cessazione della materia del contendere presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongano conclusioni conformi in tal senso al giudice, potendo al più residuare un contrasto solo sulle spese di lite, che il giudice medesimo con la pronuncia deve risolvere secondo il criterio della cosiddetta soccombenza virtuale.

CONSULENZA TECNICA D’UFFICIO - Cassazione n. 1369/2023

Enunciando il principio di diritto, l’ordinanza afferma che il deposito telematico del ricorso per opposizione ex articolo170 del Dpr n. 115 del 2002 avverso il decreto di liquidazione del compenso del Ctu si perfeziona, anche ai fini del rispetto del termine di trenta giorni, decorrenti dalla comunicazione o notificazione del provvedimento, al momento della ricevuta di avvenuta consegna, ancorché il ricorso sia iscritto nel registro di volontaria giurisdizione anziché nel registro contenzioso civile, senza che perciò rilevi la successiva iscrizione nel registro corretto.

EQUA RIPARAZIONE - Cassazione n. 1397/2023

La decisione riafferma che in tema di equa riparazione, nel caso del giudizio di verificazione dello stato passivo, occorre aver riguardo al credito azionato dal ricorrente ovvero, se inferiore, alla somma per la quale il creditore, all’esito del giudizio stesso, risulti essere stato ammesso, a nulla rilevando, almeno a tal fine, la somma per la quale il creditore ammesso risulti, poi, iscritto al riparto.

IMPUGNAZIONI - Cassazione n. 1669/2023

L’ordinanza riafferma che il principio di economia processuale (quale riflesso della garanzia costituzionale del giusto processo) giustifica il potere della Corte di Cassazione di correggere ex articolo384, comma 4, Cpc la motivazione della sentenza impugnata anche con riferimento all’error in procedendo, in particolare all’error in iudicando de modo procedendi (cioè all’errore di applicazione della norma processuale che sfocia in un corrispondente vizio di attività), indipendentemente dalla circostanza che la falsa applicazione dipenda dall’erronea soluzione di una quaestio iuris o di una quaestio facti, trattandosi di fatto processuale rispetto al quale la Corte ha potere d’indagine autonoma sul fascicolo.

COMPETENZA - Cassazione n. 1804/2023

La decisione afferma che in sede di accertamento del luogo di residenza ai fini della individuazione del foro competente per territorio, vale il riferimento alla nozione di residenza abituale che può prescindere dall’accertamento della residenza anagrafica, soprattutto in presenza di un trasferimento non contingente o temporaneo.

***

PROCEDURA CIVILE - IL MASSIMARIO

Procedimento civile - Atti processuali - Deposito in forma cartacea anziché per via telematica - Mera irregolarità - Raggiungimento dello scopo - Condizioni - Fattispecie relativa ad accertamento tecnico preventivo obbligatorio ex articolo 445-bis Cpc (Costituzione, articolo 24; Dl, n. 179/2012, articolo 16-bis; Cpc, articoli 156, 161, 162 e 445-bis)
Nel caso di deposito di atti in formato, digitale o cartaceo, diverso da quello previsto dalla legge ed in difetto di espressa previsione di nullità, trova applicazione il principio, sancito in via generale dall’articolo 156, comma 3, codice di procedura civile, secondo cui la nullità non può essere mai pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato. Trattasi, infatti, di mera irregolarità che, in mancanza di espressa comminatoria ex articolo 156, comma 1, codice di procedura civile, non determina la nullità dell’atto e ciò appunto anche in forza del principio del raggiungimento dello scopo che l’atto è destinato a conseguire, costituito dalla presa di contatto tra la parte e l’ufficio giudiziario ai fini della prosecuzione del giudizio, avvenuta utilmente senza “vulnus” alcuno per le prerogative ed i diritti delle parti nel processo; inoltre, la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme di rito non tutela l’interesse all’astratta regolarità del processo, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata avendo il giudice del merito dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall’Inps sul rilievo che il dissenso avverso le conclusioni rassegnate dal consulente tecnico d’ufficio in sede di accertamento tecnico preventivo obbligatorio ex articolo 445-bis codice di procedura civile fosse stato manifestato con atto cartaceo depositato in cancelleria anziché inviato telematicamente come prescritto dall’articolo 16-bis del decreto legge n. 179/2012 convertito nella legge n. 221/2012; nella circostanza, osserva la il giudice di legittimità, la pronuncia impugnata non si è attenuta agli enunciati principi, in quanto ha negato che l’atto irregolare avesse raggiunto il proprio scopo in ragione dell’erronea individuazione dello stesso, ravvisato nella piena realizzazione del processo telematico, anziché in quello di impedire il consolidarsi dell’accertamento effettuato dal consulente). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 25 novembre 2020, n. 26860; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 23 gennaio 2019, n. 1717: Cassazione, sezione civile II, sentenza 12 maggio 2016, n. 9772; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 18 aprile 2016, n. 7665; Cassazione, sezione civile II, sentenza 29 gennaio 2015, n. 1676; Cassazione, sezione civile V, sentenza 18 dicembre 2014, n. 26831).
Cassazione, sezione L civile, ordinanza 16 gennaio 2023, n. 1108 - Presidente Berrino - Relatore Calafiore

___

Procedimento civile - Atti processuali - Nullità - Rilevabilità e sanatoria - Articolo 157, comma 3, Cpc - Parte che ha determinato la nullità - Impossibilità di rilevarla - Inoperatività in caso di nullità rilevabile d’ufficio - Condizioni - Correlazione alla durata del potere officioso del giudice - Sussistenza - Conseguenze - Deduzione quale motivo di nullità della sentenza - Limiti - Fattispecie concernente tentativo obbligatorio di conciliazione relativo a controversia insorta in materia di telecomunicazioni. (Legge, n. 249/1997, articolo 11; Cpc, articolo 157)
La regola dettata dall’articolo 157, comma 3, cod. proc. civ., secondo cui la parte che ha determinato la nullità non può rilevarla, non opera quando si tratti di una nullità rilevabile anche d’ufficio, ma tale inoperatività è correlata alla durata del potere ufficioso del giudice, sicché una volta che quest’ultimo abbia deciso la causa omettendo di rilevare la nullità, la regola si riespande, con la conseguenza che la parte che vi ha dato causa con il suo comportamento, ed anche quella che, omettendo di rilevarla, abbia contribuito al permanere della stessa, non possono dedurla come motivo di nullità della sentenza, a meno che si tratti di una nullità per cui la legge prevede il rilievo officioso ad iniziativa del giudice anche nel grado di giudizio successivo (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta in materia di telecomunicazioni, la Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso proposto avverso la sentenza impugnata, ha ritenuto destituito di fondamento il motivo di impugnazione con cui il ricorrente aveva lamentato che la condizione di procedibilità della domanda monitoria non potesse nella circostanza considerarsi avverata, in quanto, in sede di tentativo obbligatorio di conciliazione, per la controparte era comparso il difensore privo di valida procura: il ricorrente, tuttavia, osserva la decisione in esame, non ha dato invero conto di averne già fatto oggetto di eccezione all’atto della costituzione dopo la riassunzione del giudizio ex articolo 157, comma 3, cod. proc. civ., non potendo d’altro canto ipotizzarsi la relativa rilevabilità d’ufficio, essendosi il potere di relativa rilevazione - come quello di eccezione - pertanto consumato al tempo dell’ultima difesa in sede di giudizio di gravame risultando in realtà precluso, in difetto di previsione normativa che ne consenta la rilevazione d’ufficio da parte del giudice in ogni stato e grado del processo, dalla mancanza della relativa eccezione di parte). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 27 luglio 2021, n. 21529; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 27 31 gennaio 2019, n. 2841; Cassazione, sezione civile III, sentenza 30 agosto 2018, n. 21381).
Cassazione, sezione III civile, ordinanza 17 gennaio 2023, n. 1200 - Presidente Frasca - Relatore Scarano

___

Procedimento civile - Spese processuali - Compensazione tra le parti - Configurabilità - Presupposti - Gravi ed eccezionali ragioni - Mancata costituzione di controparte - Idoneità - Esclusione - Fondamento. (Cpc, articoli 91 e 92)
In tema di spese processuali, ai sensi dell’articolo 92, comma 2, codice di procedura civile, la compensazione è ammessa, in caso di soccombenza reciproca, di assoluta novità delle questioni o di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, ed infine in presenza di altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione. In particolare, con riferimento a quest’ultime, le ipotesi illegittimamente non considerate dalla disposizione censurata possono identificarsi in quelle che siano riconducibili a tale clausola generale e che siano analoghe a quelle tipizzate nominativamente nella norma, nel senso che devono essere di pari, o maggiore, gravità ed eccezionalità (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema corte ha cassato con rinvio l’ordinanza impugnata con la quale il giudice del merito, a seguito di opposizione proposta dal ricorrente avvocato ex articolo 170 del Dpr n. 115 del 2002, nel riformare il decreto di liquidazione, riconoscendogli un diverso importo a titolo di compenso per la difesa penale di un imputato ammesso al gratuito patrocinio, aveva disposto la compensazione delle spese di lite, sostenendo che l’intimato Ministero della Giustizia, non costituendosi, non aveva resistito alla domanda). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 14 luglio 2016, n. 14411; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 11 gennaio 2016, n. 221; Cassazione, sezione civile III, sentenza 19 ottobre 2015, n. 21083; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 11 luglio 2014, n. 16037; Corte costituzionale, sentenza 19 aprile 2018, n. 77).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 17 gennaio 2023, n. 1243 - Presidente Mocci - Relatore Fortunato

___

Procedimento civile - Cessazione della materia del contendere - Operatività - Presupposti e limiti. (Cpc, articoli 84, 91, 92, 100 112 e 306)
La cessazione della materia del contendere, che deve essere dichiarata dal giudice anche d’ ufficio, si verifica quando viene totalmente a mancare la posizione di contrasto fra le rispettive conclusioni delle parti, per essere nel corso del giudizio sopravvenute determinate circostanze, le quali, incidendo sulla posizione sostanziale dedotta in causa, vengano ad incidere anche sul processo, eliminando le ragioni stesse del contendere delle parti e facendo venir meno la necessità della pronunzia del giudice in precedenza richiesta, ovvero quando sono intervenute situazioni sostanziali che abbiano privato la parte di un interesse giuridicamente rilevante alla decisione. In particolare, la cessazione della materia del contendere presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongano conclusioni conformi in tal senso al giudice, potendo al più residuare un contrasto solo sulle spese di lite, che il giudice con la pronuncia deve risolvere secondo il criterio della cosiddetta soccombenza virtuale (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta in materia successoria, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata avendo nella circostanza la corte del merito definito il giudizio con dichiarazione di cessazione della materia del contendere in forza del duplice rilievo che l’appellante, in sede di precisazione di conclusioni, aveva dichiarato di rimettersi alla decisione della Corte adita e che l’appellata, a sua volta, aveva chiesto di essere mandata assolta dalla domanda di controparte, con compensazione delle spese; è del tutto evidente, osserva la Corte regolatrice, che tali generiche espressioni non sono suscettibili di essere considerate alla stregua di una richiesta congiunta idonea, secondo gli enunciati principi, a giustificare la pronunzia di cessazione della materia del contendere, costituendo altresì principio acquisito nella giurisprudenza di legittimità che la dichiarazione “rimettersi alla giustizia” non implica alcuna rinunzia, ma sta unicamente a significare che la parte rimane in attesa di una pronunzia secondo diritto ed equità, senza rinunciare alla possibilità di impugnare una decisione iniqua o errata; a maggior ragione, conclude la decisione in epigrafe, non poteva essere intesa quale indice della cessazione della materia del contendere la richiesta dell’appellata, di essere “mandata assolta” dalla domanda di controparte, equivalendo una tale richiesta, nel gergo curiale, piuttosto ad una richiesta di rigetto della pretesa dell’avversario). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, sentenza 29 luglio 2021, n. 21757; Cassazione, sezione civile III, sentenza 15 giugno 2021, n. 16891; Cassazione, sezione civile II, sentenza 23 luglio 2019, n. 19845; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 4 novembre 2016, n. 22446; Cassazione, sezione civile L, sentenza 20 marzo 2009, n. 6909; Cassazione, sezione civile II, sentenza 23 dicembre 2004, n. 23935; Cassazione, sezione civile I, sentenza 7 luglio 2004, n. 12419).
Cassazione, sezione II civile, ordinanza 17 gennaio 2023, n. 1257 - Presidente Orilia - Relatore Tedesco

__

Procedimento civile - Consulenza tecnica d’ufficio - Decreto di liquidazione del compenso del Ctu - Opposizione - Deposito telematico del ricorso - Perfezionamento - Ricevuta di avvenuta consegna - Idoneità - Ricorso iscritto nel registro di volontaria giurisdizione - Irrilevanza. (Dpr, n. 115 del 2002, articolo 170)
Il deposito telematico del ricorso per opposizione ex articolo 170 del Dpr n. 115 del 2002 avverso il decreto di liquidazione del compenso del Ctu si perfeziona, anche ai fini del rispetto del termine di trenta giorni, decorrenti dalla comunicazione o notificazione del provvedimento, al momento della ricevuta di avvenuta consegna, ancorché il ricorso sia iscritto nel registro di volontaria giurisdizione anziché nel registro contenzioso civile, senza che perciò rilevi la successiva iscrizione nel registro corretto (Nel caso di specie, accogliendo in ricorso in applicazione dell’enunciato principio di diritto, la Suprema Corte ha cassato con rinvio l’ordinanza impugnata con la quale il giudice del merito aveva dichiarato inammissibile per tardività l’opposizione proposta dal ricorrente avverso il decreto di liquidazione del compenso del Ctu, osservando che la nuova iscrizione, avendo una valenza meramente interna, non poteva pertanto travolgere gli effetti dell’originaria iscrizione e del deposito tempestivo del ricorso, essendo stato assicurata la presa di contratto tra l’opponente e l’ufficio giudiziario, con pieno conseguimento dello scopo del deposito stesso anche agli effetti della tempestività dell’opposizione) (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 6 dicembre 2019, n. 31999; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 20 novembre 2017, n. 27418; Corte costituzionale, sentenza 12 maggio 2016, n. 106).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 18 gennaio 2023, n. 1369 - Presidente Orilia - Relatore Scarpa

____

Procedimento civile - Giudizio per l’equa riparazione del danno da irragionevole durata del processo - Misura dell’indennizzo - Giudizio di verificazione dello stato passivo - Valutazione del credito azionato o, se inferiore, della somma per cui il creditore è ammesso - Sufficienza - Iscrizione del creditore al riparto - Irrilevanza.   (Rd, n. 267/1942, articoli 93, 96, 99 e 110; Legge, n. 89/2001, articolo 2-bis)
In tema di equa riparazione, nel caso del giudizio di verificazione dello stato passivo, occorre aver riguardo al credito azionato dal ricorrente ovvero, se inferiore, alla somma per la quale il creditore, all’esito del giudizio stesso, risulti essere stato ammesso, a nulla rilevando, almeno a tal fine, la somma per la quale il creditore ammesso risulti, poi, iscritto al riparto (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte, assicurando continuità all’enunciato principio, ha cassato con rinvio il decreto impugnato con cui la corte d’appello, nel rigettare l’opposizione avverso il precedente provvedimento dello stesso ufficio, con cui era stato denegato l’indennizzo per irragionevole durata del processo invocato dalla società ricorrente in relazione ad un procedimento fallimentare ancora in corso, all’atto della decisione, e protrattosi per la durata di complessivi tredici anni, aveva ritenuto che, ai sensi dell’articolo 2-bis, comma 3, della legge n. 89 del 2001, non potendo l’indennizzo superare il valore della causa, nulla era dovuto alla predetta società, non avendo la stessa ricevuto alcun riparto in sede fallimentare). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, ordinanza 17 settembre 2021, n. 25181; Cassazione, sezione civile II, ordinanza 4 ottobre 2018, n. 24362).
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 18 gennaio 2023, n. 1397 - Presidente Lombardo - Relatore Oliva

_____

Procedimento civile - Impugnazioni - Giudizio di cassazione - Potere della Corte di correzione della motivazione - Motivazione erronea per “error in procedendo” - “Error in iudicando de modo procedendi” - Ammissibilità - Sussistenza - Fondamento. (Cpc, articoli 360 e 384)
Il principio di economia processuale (quale riflesso della garanzia costituzionale del giusto processo) giustifica il potere della Corte di Cassazione di correggere ex articolo 384, comma 4, codice di procedura civile la motivazione della sentenza impugnata anche con riferimento all’”error in procedendo”, in particolare all’”error in iudicando de modo procedendi” (cioè all’errore di applicazione della norma processuale che sfocia in un corrispondente vizio di attività), indipendentemente dalla circostanza che la falsa applicazione dipenda dall’erronea soluzione di una “quaestio iuris” o di una “quaestio facti”, trattandosi di fatto processuale rispetto al quale la Corte ha potere d’indagine autonoma sul fascicolo (Nel caso di specie, la Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, ha ribadito l’enunciato principio di diritto) (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, ordinanza 28 luglio 2005, n. 15810).
Cassazione, sezione II civile, ordinanza 19 gennaio 2023, n. 1669 - Presidente Di Virgilio - Relatore Caponi

__

Procedimento civile - Competenza - Per territorio - Nozione di residenza abituale - Rilevanza. (Cpc, articoli 45, 47 e 444)
In tema di accertamento del luogo di residenza ai fini della individuazione del foro competente per territorio, vale il riferimento alla nozione di residenza abituale che può prescindere dall’accertamento della residenza anagrafica, soprattutto in presenza di un trasferimento non contingente o temporaneo (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio volto ad ottenere l’accertamento da parte della ricorrente del diritto alla corresponsione dell’indennità di malattia spettante ai lavoratori marittimi, con conseguente condanna dell’Inps al pagamento dell’emolumento richiesto, la Suprema Corte, accogliendo il regolamento sollevato d’ufficio ex artt. 45 e 47 codice procedura civile dal Tribunale di Viterbo, ha dichiarato la competenza del Tribunale di Roma che aveva declinato la propria competenza territoriale in favore di quest’ultimo ai sensi dell’articolo 444, comma 1, codice procedura civile alla luce della residenza della ricorrente in Nepi; nella circostanza, il giudice di legittimità ha condiviso l’assunto del Tribunale di Viterbo atteso che, effettivamente, non si ravvisava alcun elemento probatorio da cui potesse evincersi la residenza della ricorrente in Nepi e, quindi, nel circondario di tale foro, sussistendo, piuttosto, numerosi indici a favore della residenza in Roma a partire dalla quella indicata in ricorso nonché da quanto descritto in procura). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 17 novembre 2017, n. 27358)
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 20 gennaio 2023, n. 1804 - Presidente Doronzo - Relatore Piccone

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©