Amministrativo

Niente interdittiva antimafia per i professionisti

Il caso esaminato dal Consiglio di Stato riguardava un architetto incaricato da un Comune della progettazione e direzione lavori di opere stradali

di Guglielmo Saporito

Il professionista non può essere destinatario di un'interdittiva antimafia: lo afferma il Consiglio di Stato con la sentenza 2212 del 2 marzo. Il principio ha particolare valore perché delimita la possibilità che le pubbliche amministrazioni chiedano al prefetto un'informativa sulla permeabilità mafiosa del soggetto che esegua contratti pubblici.

La verifica su tale contaminazione può quindi avvenire solo se l’attività sia svolta da un’impresa. Cosicché un libero professionista, che non agisca quale impresa ma quale persona fisica, non è soggetto al passaggio presso la Prefettura e alla verifica attraverso la banca dati antimafia.

Il caso esaminato dal Consiglio di Stato riguardava un architetto incaricato da un Comune della progettazione e direzione lavori di opere stradali. La situazione era resa delicata dalla circostanza che quel Comune era stato da poco sciolto per infiltrazioni mafiose, diventando così soggetto (articolo 100, Dlgs 159/2011,Testo unico antimafia) all’obbligo di acquisire l’informativa antimafia in relazione a «qualsiasi contratto». La norma, secondo i giudici, esige comunque un’attività «d’impresa», cosicché il singolo professionista, anche se condannato (nel caso specifico, per abuso d’ufficio e falso, con aggravante mafiosa), non è soggetto alla verifica prefettizia sul rischio di infiltrazione mafiosa.

Questa esenzione riguarda anche tutte le attività di lavoro autonomo, anche intellettuale (ad esempio, un artista), esercitate in forma individuale e include pure l’attività artigiana, esercitata come impresa individuale (articolo 83, comma 3, Dlgs 159 / 2011).

L’esonero dall’informativa antimafia, per il libero professionista che eserciti in forma individuale, deriva dall’applicazione del principio di tassatività: in presenza di provvedimenti afflittivi o limiti alla libertà degli interessati, la norma non può essere ampliata e in questo caso la norma parla di attività «di impresa». Questo orientamento può destare perplessità: le attività professionali si vanno evolvendo verso logiche imprenditoriali e inoltre uno stesso incarico può essere affidato sia ad un singolo professionista sia a una società professionale, con diverse garanzie antimafia qualora l’attività sia svolta in forma di impresa.

Sta di fatto che i giudici hanno fatto prevalere la tutela della sfera giuridica del privato, sia a livello economico (per l’impossibilità di reperire un posto di lavoro o presentare una semplice Scia) sia a livello personale e sociale. Infatti, si osserva, un'interdittiva, nei confronti di persona fisica avrebbe effetti eccessivi rispetto alla finalità di tutela dell’ordine pubblico economico e della libera concorrenza, perché punirebbe la vita privata del singolo nelle manifestazioni della sua personalità che, pur riguardando la sfera lavorativa, non risultino esplicarsi in ambito imprenditoriale. Oltretutto, sottolinea il Tar di Reggio Calabria (284 / 2022), mentre l’impresa può tutelarsi dall’interdittiva attivando un «controllo giudiziario» (articolo 34-bis, Dlgs 159/2011), la persona fisica non può ricorrere a tale rimedio, quindi le è dimostrare l’occasionalità dei contatti compromettenti.

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