Civile

Accesso al controllo giudiziario, la Cassazione allarga le maglie

Richiesta ammissibile anche se l’impresa non ha presentato un programma di recupero

di Giovanbattista Tona

Sempre più ampie le possibilità per le imprese, colpite da interdittiva antimafia, di sottoporsi al controllo giudiziario volontario, quando hanno proposto impugnazione avverso il provvedimento prefettizio. Con una sentenza dell'1 ottobre scorso, la Cassazione dà il via libera alla misura alternativa anche se pende giudizio di revocazione di sentenza definitiva del giudice amministrativo e anche se l'impresa non ha allegato un programma di bonifica.

I giudici di legittimità considerano ammissibile la richiesta, anche se il giudizio amministrativo sul ricorso avverso l'interdittiva si è concluso con una sentenza non più impugnabile con i mezzi ordinari, ma avverso questa sentenza definitiva sia stato proposto un ricorso per revocazione ai sensi dell'articolo 91 del Codice del processo amministrativo. Ciò che conta, quindi, è la pendenza di un qualsivoglia giudizio di impugnazione dell'interdittiva, pure che esso sia stato riattivato, dopo una sua prima definizione, attraverso un mezzo di impugnazione straordinario.

La giurisprudenza aveva già sottolineato la necessità che il procedimento sulla legittimità dell'interdittiva fosse attuale e non potenziale; infatti quando il termine per impugnare sia scaduto la richiesta va considerata inammissibile, come affermato da Cassazione 16105/2019.

Pure inammissibile la richiesta deve considerarsi se il giudizio dinanzi al giudice amministrativo si sia esaurito. Dagli argomenti utilizzati dalla Cassazione emergeva il convincimento che il controllo giudiziario volontario servisse per consentire all'impresa di proseguire la sua attività in attesa della decisione dei giudici amministrativi e l'impugnazione dell'interdittiva valeva anche a dimostrare un effettivo interesse ad affrontare le problematiche inquinanti segnalate dalla prefettura.

Con la recente decisione dell'1 ottobre, i giudici di legittimità precisano, invece, di volersi attenere al dato testuale della disposizione che richiede l'esistenza di un procedimento pendente, anche se il mezzo di impugnazione straordinario è valso a rendere di nuovo pendente un giudizio che tale non era più da un po’ di tempo perché si era concluso con una sentenza passata in cosa giudicata.

Inoltre nella stessa sentenza, la Cassazione ha l'occasione di ribadire che la lettera e la ratio dell'articolo 34, comma 6, del decreto legislativo 159 del 2011, in relazione ai presupposti applicativi del controllo giudiziario, non impone all'impresa istante alcun onere di allegazione o di prova nè dell'occasionalità del nesso di agevolazione tra la sua azienda e gli interessi dei soggetti portatori di pericolosità nè di uno specifico programma di recupero, idoneo ad affrancarsi dai pericoli di infiltrazione.

Secondo la Suprema Corte, l'accertamento dello stato di condizionamento, la verifica delle potenzialità dell'impresa di portare a termine con successo un programma di bonifica e infine l'individuazione dei contenuti prescrittivi e modalità esecutive della misura alternativa richiesta rientrano negli ordinari compiti valutativi spettanti, sulla base delle conoscenze acquisite, al Tribunale cui è rivolta la domanda.

In precedenti pronunce già i giudici di legittimità aveva annullato decisioni dei giudici di merito che non si erano attenuti al principio, secondo il quale non può essere dichiarata inammissibile la richiesta di applicazione del controllo giudiziario volontario, avanzata dall'imprenditore raggiunto da interdittiva antimafia, sol perché non ha allegato uno specifico programma di bonifica dalle infiltrazioni mafiose.

Non vi è in capo all'imprenditore l'onere di provare i presupposti per l'applicazione del controllo giudiziario volontario né quello di allegare un programma di prescrizioni di cui dimostrare l'idoneità ad impedire le infiltrazioni mafiose.Certamente egli ha la possibilità di allegare ogni elemento in proprio favore, anche per convincere il giudice della prevenzione per un verso che l'azienda non è condizionata in maniera cronica dalle relazioni con soggetti portatori di interessi criminali e per altro verso che può liberarsi da questi rischi di infiltrazione in maniera adeguata e rassicurante.

Il compito di adattare la griglia delle prescrizioni al caso concreto rimane affidato al Tribunale che deve anche d'ufficio richiedere atti o documenti, tanto alla parte istante che alla Prefettura che ha emesso la informazione interdittiva (Cassazione 17817/2021 e 17818/2021). A tal fine dovrà adeguatamente indagare sulla realtà preesistente per acquisire dati dinamici, funzionali ad un giudizio prognostico circa l'emendabilità della situazione rilevata, mediante gli strumenti di controllo previsti dall'articolo 34 del decreto legislativo 159 del 2011, ivi compresi gli obblighi informativi e gestionali previsti dal comma 3.

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