Professione e Mercato

Indennità di maternità, l'avvocata che si rivolge all'Inpdap non può chiedere la differenza a Cassa forense

Lo ha ribadito la Corte di cassazione, ordinanza n. 13846 depositata oggi, respingendo il ricorso del legale che chiedeva di essere ristorare rispetto al trattamento più generoso di Cassa forense

di Francesco Machina Grifeo

Nulla da fare per l'avvocata che essendo anche docente in materia giuridiche all'Università abbia chiesto all'Inpdap piuttosto che alla Cassa forense l'indennità di maternità. La professionista infatti è libera di rivolgersi ad entrambi gli enti ma non ha diritto al cumulo delle prestazione. Non può dunque agire per ottenere la differenza pari al trattamento più favorevole erogato dall'istituto di previdenza dei legali. Lo ha ribadito la Corte di cassazione, con l'ordinanza n. 13846 depositata oggi, respingendo il ricorso della donna.

Confermata dunque la decisione della Corte d'appello di Bari che accogliendo l'appello principale di Cassa Forense aveva rovesciato la decisione del tribunale di Bari che invece aveva riconosciuto il diritto della donna ad ottenere 11.975,56 euro a titolo di differenze sulla indennità di maternità maturata, già detratte le somme erogate dall'Inpdad . Per la Corte territoriale infatti è irrilevante che la lavoratrice "abbia in concreto subito una riduzione del tenore di vita precedentemente goduto in quanto destinataria del solo trattamento indennitario erogato dall'Università, ciò, in quanto era stata la stessa ricorrente a non aver correttamente optato per il trattamento offerto dalla Cassa forense". Proposto ricorso, la Sezione lavoro l'ha bocciato.

La Suprema corte ricorda che "In materia di indennità per maternità erogata dalla Cassa forense … va escluso il diritto al cumulo di prestazioni da parte di diversi enti previdenziali in relazione allo stesso evento, ovvero la situazione di maternità, in quanto il diritto alla suddetta prestazione è riconosciuto, indipendentemente dall'effettiva astensione dall'attività, a condizione che la lavoratrice proponga la relativa istanza, documenti idoneamente lo stato di gravidanza e la data presunta del parto ed attesti con dichiarazione "ad hoc", quale requisito essenziale per l'erogazione, l'inesistenza di altro trattamento di maternità come lavoratrice pubblica o autonoma" (Cass. n. 27224/17)

Così tornando al caso concreto "è pacifico che l'assicurata avesse percepito altro trattamento di maternità da parte dell'Università di Bari", né può avere rilievo la "poca chiarezza della modulistica fornita dalla Cassa Forense, atteso che il provvedimento di reiezione della Cassa forense fa espresso riferimento all'art. 71 comma 2 del d.lgs. n. 151/01, norma, questa, che il profilo giuridicamente qualificato dell'interessata (docente in materie giuridiche e avvocato) le consentiva di ben comprendere".

Pertanto, conclude la decisione, la Corte territoriale ha correttamente applicato il principio del divieto di cumulo di più indennità di maternità, "così che la lavoratrice che svolga due (o più) attività lavorative deve fare la sua scelta ed optare per la tutela offerta da un solo ente di previdenza al momento della presentazione della domanda amministrativa, i quali enti pur se concretamente erogano benefici diversi si prefiggono la medesima protezione economica dello stato di gravidanza e puerperio attraverso la garanzia della retribuzione, pur in assenza del corrispondente obbligo di fornire la prestazione lavorativa".

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