Professione e Mercato

Negli studi professionali piani per la lotta al «gender gap»

di Elena Pasquini

Esiste un “task” che negli studi legali va sotto la definizione di gender equality e sempre più si traduce con inclusione, non solo «parità di genere». La consapevolezza delle diversità resta il primo passo; la costruzione di un approccio basato su reti relazionali lo strumento per superare prassi escludenti. Poi è l’essere attivi a permettere l’evoluzione, prima di tutto culturale.

Uno degli esempi è quanto accaduto con Women for Women in casa Nunziante Magrone: nato nel 2015 su iniziativa di Caterina Flick, of counsel e della partner Fulvia Maggio, il progetto ha superato rapidamente i perimetri dello studio per raggiungere anche Terziario donna di Confcommercio, gruppo rappresentativo delle imprenditrici associate (circa il 30% sul totale). Tutta la struttura della law firm è a disposizione, in un approccio alla donna lavoratrice che si ricorda dei suoi tempi e non la chiude in materie culturalmente declinate al femminile. Non diritto di famiglia come priorità, allora, ma sostegno all’imprenditoria attraverso la web reputation o il passaggio generazionale, ad esempio; e approcci “smart” anche nei luoghi della consulenza, aperta ad altre categorie.

I progetti sul campo

«Una delle grosse difficoltà nella creazione delle reti al femminile è evitare di ghettizzare», afferma l’avvocato Flick. Le esperienze “degli altri” diventano così una miniera di punti di vista che in Clifford Chance ha trovato una forma nel comitato “CC Women” promosso dal socio Simonetta Candela e insignito del premio Aslawomen per le pari opportunità nel 2016. Con l’obiettivo di «valorizzare il percorso di crescita delle avvocatesse in studio», racconta la responsabile delle risorse umane, Marta Grivet.

L’approccio di Bird & Bird, invece, capovolge le prassi e lavora sui 14 soci italiani, una sola donna, al fine di creare maggiore coscienza sui pregiudizi inconsapevoli nei confronti della leadership femminile e, insieme, di comprendere come rendere attraenti ruoli di responsabilità per le professioniste. Il progetto ideato dalle avvocatesse Afra Casiraghi, Claudia Ricciardi e Rossella Sansone - Together® - ha fatto incontrare i professionisti con il top management in sessioni che vanno sotto il titolo di “Manage your career” utili all’analisi delle dinamiche della domanda (di crescita professionale) e dell’offerta (di posizioni apicali in studio). «Troppo spesso si pensa che le donne vogliano un lavoro e non una carriera, ma questo pregiudizio inizia a vacillare», spiega a sei mesi dall’inizio del progetto Giovanni Galimberti, managing partner.

Gli strumenti a disposizione

Sul piano pratico, tra le attenzioni in campo figurano smart working, piani di mentoring e di maternità agevolanti. Se in Clifford Chance si garantiscono 8 mesi di maternità di cui 5 interamente retribuiti e 3 con un compenso al 25%, in Orrick - dove due delle cinque business unit sono guidate da donne - si prevede un piano di maternità retribuita al 100% di sei mesi. «È impossibile pensare a una cultura meritocratica e inclusiva senza affrontare il tema del gender pay gap», aggiunge Madeleine Horrocks, diventata partner poco dopo il rientro dalla maternità, mentre racconta che i piani di retribuzione e bonus in studio variano unicamente in funzione del livello e delle performance.

E poi c’è il part time, anche per le professioniste. «È difficile da gestire ma lascia alcune libertà di movimento che un avvocato non si permetterebbe, mentalmente, con un full time», spiega Manuela Cavallo, founding partner e membro del comitato esecutivo dello studio ritenuto tra i Best Workplace Italia for Women 2018. In Portolano Cavallo il percorso di cambiamento è iniziato anni fa e non è un’eccezione trovare nuove socie appena diventate mamme. La scelta migliore per lo studio è il faro che guida le decisioni, sempre nel rispetto della persona e delle sue esigenze: per cui non si fissano riunioni dopo una certa ora se parteciperanno socie o counsel part-time. L’inclusione degli avvocati di studio è stata la chiave di volta. «Avere la chiarezza che va gestita la differenza: questo “fa” la differenza», conclude l’avvocato Cavallo.

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