Penale

Pg Cassazione: avocazione senza automatismi

di Giovanni Negri

Era una delle misure più temute, e contestate, dalla magistratura nell’ambito della recente riforma del processo penale. La versione che sta prendendo corpo sul campo potrebbe però essere assai meno dirompente. Si tratta dell’avocazione disposta dalla legge 103/2017, in vigore dall’agosto scorso, che prevede la sottrazione del fascicolo al Pm da parte del Procuratore generale quando entro 3 mesi (15 mesi per i casi più complessi o indagini contro la criminalità organizzata) dalla conclusione del termine previsto per le indagini preliminari non è presa una decisione sull’azione penale (richiesta di rinvio a giudizio o archiviazione).

Una norma da subito contestata dall’Anm e, da ultimo, in audizione congiunta davanti al Csm dai capi delle principali procure (Francesco Greco, Milano; Giovanni Pignatone, Roma; Francesco Lo Voi, Palermo; Armando Spataro, Torino; Giovanni Melillo, Napoli). Tutti concordi nel mettere in evidenza il rischio di un rallentamento o di paralisi del lavoro delle Procure, nel caso di una rigida interpretazione della riforma, con il transito di migliaia di fascicoli alle Procure generali già alle prese con forti carenze di organico.

Ora, le linee guida messe a punto dalla Procura generale della Cassazione e trasmesse ai procuratori generali presso le Corti d’appello sembrano attenuare, se non scongiurare, questo pericolo, evitando qualsiasi automatismo nell’applicazione. Si sposa così una lettura che lascia un margine di discrezionalità ai Pg nella lettura di quel «dispone l’avocazione» imposto dalla legge. Per il Pg della Cassazione Riccardo Fuzio «l’indiscriminata avocazione di ogni procedimento penale che abbia visto scadere i termini senza una decisone del Pm, comprometterebbe la stessa organizzazione degli uffici. Un’avocazione di massa non potrebbe che scontrarsi con le limitatissime risorse umane e materiali» a disposizione delle Procure generali.

E allora, per uno di quei paradossi non molto rari nell’amministrazione della giustizia, a venire messo in pericolo sarebbe proprio il principio della ragionevole durata del processo che la norma intendeva invece rafforzare evitando l’inerzia dei pm. I procedimenti passerebbero semplicemente dagli uffici di Procura alle Procure generali dove verosimilmente si arenerebbero.

Nel mirino invece, puntualizzano le linee guida, dovranno essere i soli casi di «inerzia ingiustificata» del titolare del fascicolo; non viene fatto rientrare in questa ipotesi il caso del pm che non ha provveduto alla definizione perché ancora in attesa della decisione del giudice su un aspetto chiave per le indagini. E ancora, non dovrà essere oggetto di avocazione il procedimento che, sulla base dei criteri di priorità definiti dal capo procuratore, non è compreso tra quelli con trattazione preferenziale.

Le linee guida saranno oggetto del plenum del Csm in programma il 9 maggio, insieme con una risoluzione che ne condivide le conclusioni dove si sottolinea la necessità di interventi dei Pg concordati con i capi delle Procure secondo criteri predeterminati, nella consapevolezza che le Procure generali sono «uffici pensati per altri compiti».

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