Amministrativo

Anche per i murales ci vuole il titolo edilizio

È manutenzione straordinaria, soggetto a relative regole e sanzioni

di Guglielmo Saporito

Anche un murales è soggetto alle formalità dei titoli edilizi (Scia, Cila, permessi, pareri della Sovrintendenza) e alle relative sanzioni pecuniarie di demolizione: lo sottolinea il Consiglio di Stato con la sentenza 1289/2023.

La vicenda riguarda un’opera grafica di diverse decine di metri quadrati, realizzata in un quartiere del centro storico di Napoli: raffigura il volto di un giovane su una facciata di un edifico di più piani. L’opera risultava commissionata dal condominio, proprietario dei muri, e raffigurava l’autore (e vittima) di un episodio criminoso. Insieme ad altre decine di murales, tabernacoli ed edicole votive della città partenopea era giunta all’attenzione del Comitato per l’ordine e la sicurezza, in quanto fortemente simbolica.

Solo con uno slalom tra leggi urbanistiche, piani e vincoli della Sovrintendenza, i giudici confermano il provvedimento sindacale che elimina l’opera, precisando tuttavia che le valutazioni della magistratura amministrativa riguardano solo le norme edilizie sul territorio.

Appunto tali norme, e in particolare gli aspetti di tutela del centro storico, collocano i murales tra le opere di “manutenzione straordinaria”, cioè tra quelle che servono a riparare o sostituire le finiture esterne degli edifici senza modificarne i caratteri originari. In conseguenza, quando questo tipo di manutenzione non ripropone gli aspetti preesistenti, ma modifica caratteristiche, posizioni, forme e colori, si rischia la sanzione del ripristino.

Non è la prima volta che i giudici amministrativi si occupano di murales. Già in Piemonte, nel Comune di Avigliana, vi è stato un contrasto tra un cittadino e l’amministrazione comunale: il primo è riuscito a difendere la facciata del proprio edificio dove era stata rappresentata la scena di un indiano a cavallo che insegue una locomotiva.

Anche in questo caso, limitatamente agli aspetti edilizi, l’arte murale è stata esaminata giungendo a qualificarla manutenzione straordinaria: per la relativa realizzazione, come per la eventuale eliminazione, è necessario parere della Sovrintendenza: per tale motivo il Consiglio di Stato, nella sentenza 7872/2020, precisa che la mancanza della valutazione paesaggistica consente l’eliminazione dell’opera mentre, se la Sovrintendenza fosse favorevole a mantenerla, vi sarebbe soltanto una blanda sanzione pecuniaria.

Diverso è il ragionamento quando si discute di elementi accessori, quali lapidi o iscrizioni, che tuttavia abbiano precisi significati commemorativi di eventi: in alcune pronunce, i giudici distinguono tra le dimensioni di quadretti, immagini sacre, tabernacoli, tempietti (che non necessitano di concessione o autorizzazione edilizia), rispetto al contenuto di ciò che è raffigurato o descritto.

Così, quando si è discusso di una lapide posta sui muri di un santuario nell’anconetano, che commemorava un episodio della resistenza, il locale Tar (733/2010) ha precisato che con la normativa edilizia non si risolvono problemi di simbologia. Infatti, non si può contestare l’abusività edilizia di un intervento (nel caso esaminato, una lapide) che abbia un minimo peso edilizio ma un forte valore simbolico. La rigidità delle norme e delle procedure urbanistiche non può quindi essere una scorciatoia per adottare provvedimenti sanzionatori.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©