Penale

Rifiuti abbandonati nel cantiere, risponde il titolare della ditta

Tutti coloro che sono coinvolti nella produzione, detenzione, trasporto e smaltimento dei rifiuti sono responsabili della loro corretta gestione

di Marco Pauletti

Qualunque soggetto che si inserisce nella filiera dei rifiuti, acquisendone la disponibilità, è tenuto a verificare che tutte le fasi di gestione, antecedenti e successive, siano svolte conformemente alla legge. Ciò in quanto coloro che sono coinvolti nella produzione, detenzione, trasporto e smaltimento dei rifiuti sono tutti responsabili della corretta gestione e devono garantire il loro corretto smaltimento. A ribadire questo principio è la Corte di cassazione con la sentenza 41809 del 7 novembre 2022.

I giudici di legittimità hanno ribadito la “responsabilità condivisa”, che trova riscontro normativo negli articoli 178 e 188 del Testo unico ambientale (decreto legislativo 152/2006). Tale principio impone che la gestione dei rifiuti sia effettuata osservando un canone di diligenza idonea a ricostruire il loro intero percorso (“dalla culla alla tomba”).

Nella vicenda posta all’attenzione della Suprema corte, il titolare di una ditta era stato condannato per i reati di “abbandono e deposito incontrollato di rifiuti” e “attività di gestione di rifiuti non autorizzata” (previsti e puniti dagli articoli 192 e 256 del Testo unico ambientale). Più in dettaglio, era stato ritenuto responsabile di omessa vigilanza sull’abbandono, in una zona destinata a cantiere di opera stradale pubblica, di molteplici tipologie di rifiuti, anche pericolosi e per un quantitativo non trascurabile, tanto che l’area interessata da lavori di pubblica utilità era stata trasformata in discarica.

Nel ricorso per Cassazione l’imprenditore lamentava, tra l’altro, l’assenza di accertamenti svolti sulla vicenda, con la conseguenza che era stato ritenuto responsabile solamente in forza di presunzioni, in considerazione del rinvenimento di documentazione riferibile alla propria ditta e alla natura dei beni ritrovati, riconducibili all’attività svolta. Peraltro era stato rilevato che aveva provveduto alla rimozione dei rifiuti. In sostanza, secondo l’interessato, la culpa in vigilando in capo all’imprenditore comportava l’accertamento delle effettive modalità di realizzazione della condotta di abbandono di rifiuti.

La Cassazione ha respinto il ricorso. I giudici di legittimità hanno evidenziato, tra l’altro, la corretta applicazione, in sede di appello, del principio della responsabilità condivisa, in base al quale la responsabilità per la corretta gestione dei rifiuti grava su tutti i soggetti coinvolti nella loro produzione, detenzione, trasporto e smaltimento, avendo questi soggetti una posizione di garanzia in ordine al corretto smaltimento dei rifiuti stessi. Ne consegue che qualunque soggetto si ponga nella filiera dei rifiuti, acquisendone la disponibilità, è tenuto a verificare che le fasi antecedenti e successive a quella in cui si gestisce il rifiuto siano svolte conformemente alla legge.

Applicando tale principio, la Cassazione ha confermato la condanna per il reato di gestione illecita a carico del produttore di rifiuti che non aveva in alcun modo verificato l’effettiva destinazione – cioè lo smaltimento – da parte del trasportatore incaricato, che aveva illecitamente abbandonato il carico. L’imprenditore non aveva dato conto della propria estraneità alla vicenda, deducendo il caso fortuito ovvero la forza maggiore, o ancora l’inosservanza di indicazioni circa il corretto smaltimento dei materiali rintracciati in tal modo. Tantomeno l’imputato aveva dimostrato che i rifiuti rinvenuti corrispondessero a quanto già oggetto di corretto smaltimento, in modo da comprovare l’eventuale infedeltà di terzi. Infine, per la peculiare condotta tenuta, la Cassazione ha ritenuto corretta il diniego da parte dei giudici alla richiesta di applicazione dell’esimente della particolare tenuità del fatto (articolo 131-bis Codice penale).

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