Famiglia

Famiglia e successioni: il punto sulla giurisprudenza dei giudici di merito

La selezione delle pronunce di merito in materia di diritto di famiglia e delle successioni 2022

di Valeria Cianciolo

Si segnalano in questa sede i depositi della giurisprudenza di merito in materia di diritto di famiglia e delle successioni 2022. Le pronunce in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni:

1. collocamento paritario e alternato e assegnazione parziale della casa familiare;

2. convivenza e decorrenza dell’assegno di mantenimento del figlio minorenne ;

3. rifiuto del riconoscimento del figlio naturale nell’interesse del figlio ;

4. condotte contrarie ai doveri del matrimonio, lesioni fisiche e pronuncia di addebito; assegno divorzile e breve durata del matrimonio ;

5. visita specialistica privata nell’interesse del figlio, diniego del padre e spese straordinarie ;

6. legittimità dell’affidamento super-esclusivo alla madre se vi è disinteresse del padre ;

7. giurisdizione italiana nel divorzio fra cittadini stranieri; presupposti per il provvedimento di sequestro di beni del coniuge obbligato.

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1. ASSEGNAZIONE CASA FAMILIARE - Possibile l’assegnazione parziale della casa familiare per consentire il collocamento paritario e alternato del figlio minore . (Cc articoli 155, comma. 4, 337-bis e 337-sexies)
Il potere del giudice della separazione di assegnare l'abitazione della casa familiare, in deroga al normale regime privatistico, (art. 155, 4 comma cod. civ., nel testo fissato dall'art. 36 l. 19 maggio 1975 n. 151) include la facoltà di attribuire alcuni soltanto dei locali di detta casa, quando essi abbiano ampiezza sufficiente per soddisfare le esigenze di detti figli e del genitore, ed altresì abbiano caratteristiche strutturali e funzionali tali da consentirne il distacco con autonoma unità abitativa, con modesti accorgimenti o piccoli lavori, senza opere edili di trasformazione. Nella specie, il figlio è stato affidato congiuntamente ai genitori, indicati quali collocatari in modo paritetico ed alternato, con assegnazione parziale agli stessi della abitazione familiare, divisa su due distinte unità abitative, dotate di ingresso in comune e tra loro comunicabili tramite una scala.
Tribunale di Gorizia, decreto 26 maggio 2022 – Pres. Merluzzi, Giud. est. Clocchiat ti

2. ASSEGNO DI MANTENIMENTO DEL FIGLIO MINORENNE - L'assegno di mantenimento a favore del figlio decorre dalla data della domanda . (Cc, articolo 445)
L'assegno di mantenimento a favore del figlio minorenne decorre dalla data della relativa domanda, in applicazione del principio per il quale un diritto non può restare pregiudicato dal tempo necessario per farlo valere in giudizio. 
Corte d’Appello di Trieste, decreto 12 maggio 2022 – Pres. Est. De Rosa

3. FILIAZIONE NATURALE - Legittimo il rifiuto al riconoscimento e all’aggiunta del cognome paterno se pregiudizievole al figlio minore . (Cc, articoli 250, 316 e 320; Cpc, articoli 282 e 283; Costituzione, articolo 30)
Nel giudizio volto al riconoscimento del figlio minore di anni quattordici da parte del secondo genitore, nell'ipotesi di opposizione del primo che lo abbia già effettuato, occorre procedere al bilanciamento tra l'esigenza di affermare la verità biologica e l'interesse alla stabilità dei rapporti familiari, e tale bilanciamento non può costituire il risultato di una valutazione astratta, ma deve procedersi a un accertamento in concreto dell'interesse del minore nelle vicende che lo riguardano, con particolare riferimento agli effetti del provvedimento richiesto in relazione all'esigenza di un suo sviluppo armonico, dal punto di vista psicologico, affettivo, educativo e sociale. (Nella specie la Corte d’Appello veneziana ha evidenziato che il Tribunale aveva del tutto omesso di esaminare l'allegazione relativa alla abituale condotta violenta e prevaricatrice del padre biologico nei confronti della madre e dei suoi familiari che doveva invece essere posta in evidenza nell'operazione di bilanciamento).
Corte d'Appello di Venezia, sentenza 26 maggio 2022 n. 1216 – Pres. Rigoni, Cons. Rel. Stefani

NOTA

La Corte d’appello, riformando la decisione di prime cure, non ha autorizzato un uomo a procedere al riconoscimento del figlio minore, già riconosciuta dalla madre, ritenendo sussistenti i gravi motivi ostativi al riconoscimento asseriti dalla madre, nonostante non avesse contestato la paternità. I giudici d’appello hanno quindi sostenuto la sussistenza del rischio di un pregiudizio concreto e attuale per la minore, per le ragioni espresse dalla madre. Viene in tal modo seguito l’orientamento più volte espresso dalla Cassazione secondo il quale il secondo riconoscimento deve rispondere, in concreto, al “best interest” del minore, proteso ad assicurare allo stesso, già riconosciuto dalla madre, il benessere e una crescita armoniosa e serena, con necessario bilanciamento tra interesse alla stabilità dei rapporti familiari e verità biologica. La Suprema Corte ha affermato che il riconoscimento del figlio naturale dà luogo ad un rapporto nel quale il genitore che per primo abbia operato il riconoscimento ha un ruolo rilevante. Infatti, come precisa l’art.  250 cod. civ., esprime il consenso al successivo riconoscimento da parte dell’altro genitore. Ne consegue che il genitore che per primo ha riconosciuto il minore è litisconsorte necessario con quest’ultimo nell’eventuale azione ai sensi dell’articolo 250 cod. civ., comma 4, promossa dall’altro genitore per ottenere la sentenza sostitutiva del consenso del primo. In tema di attribuzione giudiziale del cognome al figlio nato fuori del matrimonio, riconosciuto non contestualmente dai genitori, i criteri di individuazione del cognome del minore si pongono in funzione del suo interesse, che è quello di evitare un danno alla sua identità personale, intesa anche come proiezione della sua personalità sociale, avente copertura costituzionale assoluta, sicché il giudice deve avere riguardo al modo più conveniente di individuare il minore in relazione all'ambiente in cui è cresciuto fino al momento del successivo riconoscimento, non potendo essere condizionata né dal "favor" per il patronimico, né dall'esigenza di equiparare il risultato a quello derivante dalle diverse regole, non richiamate dall'art. 262 cod. civ., che presiedono all'attribuzione del cognome al figlio legittimo.

4. SEPARAZIONE GIUDIZIALE - Condotte contrarie ai doveri del matrimonio, lesioni fisiche e pronuncia di addebito . (Cc, articoli 151 e 337-ter)
Le reiterate violenze fisiche e morali inflitte da un coniuge all’altro costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti la intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all’autore di esse.  Nel caso in esame, la donna aveva allegato di aver subito violenze dal marito, producendo copia di un referto medico e copia della querela sporta contro di lui. Il marito rimaneva contumace non giustificando così, quanto emergeva dal referto; pertanto, il Collegio ha accolto la domanda di addebito della ricorrente.
Tribunale di Reggio Emilia, sentenza 11 maggio 2022 n. 602 – Pres. Parisoli, Giud. Est. Meoli

NOTA

La pronuncia di addebito non solo ha carattere accessorio rispetto alla domanda di separazione, ma ha una propria autonomia posto che è possibile scindere la decisione sulla separazione da quella sull’addebito. Infatti, l’art. 709 bis c.p.c. consente al giudice di pronunciare la separazione con sentenza non definitiva e di continuare il processo sulla richiesta di addebito, oltre che sulle domande accessorie eventualmente proposte. L’autonomia della domanda d’addebito non esclude, ovviamente, la sua necessaria connessione con la domanda di separazione: infatti la prima potrà essere accolta solo se è accolta anche la domanda di separazione così creando un cumulo condizionale “consequenziale” (Danovi, La separazione personale dei coniugi, nel Trattato di diritto di famiglia diretto da Bonilini, III, Milano, 2015, 2126). Si è discusso se la funzione dell’addebito sia quella di sanzionare atti contrari ai doveri derivanti dal matrimonio anche a prescindere dalla loro idoneità a incidere sulla convivenza dei coniugi rendendola intollerabile. Affinché possa essere accolta la domanda di addebito, occorre coordinare i due commi dell’art. 151 cod. civ. e dunque, il coniuge nei cui confronti è richiesta deve aver tenuto un comportamento contrario ai doveri coniugali e dal comportamento colpevole deve essere derivata l’intollerabilità della convivenza. Dunque, è necessario che il coniuge istante dia prova del nesso di causalità tra il comportamento colpevole - volontariamente e consapevolmente posto in essere - dell’altro coniuge ed il sorgere dei presupposti della separazione. Se la violazione dei doveri coniugali avvengono in un contesto di crisi coniugale già in atto, non vi sono i presupposti per la pronuncia di addebito della separazione, non essendo riscontrabile il predetto nesso di causalità. La pronuncia di addebito ha delle ricadute solo sugli effetti patrimoniali, permettendo una pronuncia parziale di separazione, suscettibile di passare in giudicato se non impugnata nelle forme ordinarie. Nondimeno passa in giudicato il capo della sentenza relativo alla separazione qualora venga impugnato solo quello relativo all’addebito.

5. ASSEGNO DIVORZILE – Negato l’assegno divorzile se il matrimonio è durato nove mesi . (Legge 1° dicembre 1970 n. 898, articolo 5)
Alla luce dell’intervento nomofilattico della Cass., sez. un., 11 luglio 2018, n. 18287, all’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa che deriva dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell’autosufficienza economica, sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento, in concreto, di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare. Nel caso in esame, essendo durato il matrimonio appena nove mesi, è stata respinta la richiesta dell’ ex moglie di vedersi riconosciuto un assegno di divorzio, rilevando come – le condizioni economiche e patrimoniali dei coniugi non costituiscano più il punto di riferimento principale per l’attribuzione del diritto all’assegno divorzile, rilevando le medesime solo ove eziologicamente connesse al contributo dato da ciascuno nel corso della vita matrimoniale.
Tribunale di Parma, Sezione feriale, sentenza 26 aprile 2022 n. 507 – Pres. Rel. Sinisi

6. AFFIDAMENTO DEI FIGLI E SPESE STRAORDINARIE - Visita specialistica privata per nell’interesse del figlio, diniego del padre e spese straordinarie. (Cc, articoli 337- bis, 337- ter e 316)
Non è configurabile a carico del coniuge affidatario un obbligo di informazione e di concertazione preventiva con l'altro in ordine alla determinazione delle spese straordinarie, trattandosi di decisione "di maggiore interesse" per il figlio e sussistendo, pertanto, a carico del coniuge non affidatario, un obbligo di rimborso qualora non abbia tempestivamente addotto validi motivi di dissenso.
Tribunale di Bologna, decreto 22 marzo 2022 – Pres. Est. Perla

NOTA

La distinzione tra spese ordinarie e spese straordinarie non è normativamente prevista. La normativa contiene, invece, la nozione di decisioni di maggiore interesse di cui all’art. 6 della l. n. 898/70, all’art. 155, comma 3, come modificato dalla l. 8 febbraio 2006, n. 54, ora abrogato e sostituito dall’art. 337 ter, comma 3, che dispone «le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli». Il d.lgs. n. 154/13 ha introdotto il riferimento alla residenza dei figli. I genitori dovrebbero adempiere l’obbligo di cui all’art. 148 cod. civ. «in misura proporzionale al proprio reddito», come ribadito dagli artt. 316 - bis e 337-ter cod. civ., nonché dall’art. 155 cod. civ. prima dell’abrogazione disposta dal d.lgs. n. 154/13. Nella crisi familiare al giudice è di fatto dato un potere discrezionale molto ampio nell'interesse prioritario dei figli, che è al centro della disciplina della crisi familiare e del diritto di famiglia, sebbene l’intervento del giudice, nell'interesse esclusivo della prole minore o non autosufficiente, sia residuale ed operante in caso di inerzia o disaccordo dal momento che le decisioni di maggior interesse sono rimesse alla condivisione tra i genitori. Ai tentativi della giurisprudenza di individuare criteri discretivi tra le spese ordinarie e quelle straordinarie, si sono affiancati anche diversi protocolli, adottati dai Tribunali per agevolare l’identificazione delle spese da considerarsi extra ordinarie e, quindi, estranee all’importo, normalmente mensile, dell’assegno di mantenimento. Le Linee Guida nascono, dunque, con lo scopo di determinare le modalità di contribuzione al mantenimento del figlio in seguito alla crisi familiare nel momento della separazione tra i coniugi, assicurando le regole orientative, tratte dalla prassi giudiziaria, più idonee a garantire un simile risultato. Lo scopo dell’adozione di questi documenti, in sostanza, è riconosciuto nella esigenze della diffusione di una prassi condivisa che possa definire o, quantomeno, limitare le ragioni del conflitto, fondato su profili essenzialmente – ma non solo economici, al momento della crisi familiare, e prevenire l’instaurazione di un giudizio, con conseguente intervento “esterno” del giudice, necessariamente di compromesso, per la ricerca della scelta più opportuna per la migliore tutela degli interessi coinvolti, in relazione alle circostanze del caso concreto. Presupposto generale è che le spese extra assegno siano debitamente documentate e, soprattutto, condivise, sia nella percentuale di partecipazione sia, soprattutto, nell’an, tra le parti, ivi compreso il figlio maggiorenne non economicamente indipendente. Nel dettaglio le spese extra sono individuate nel documento per macrocategorie, in ragione della natura delle stesse: spese mediche, spese scolastiche e spese extrascolastiche.

7. AFFIDAMENTO DEI FIGLI – Affidamento super-esclusivo alla madre a fronte del totale disinteresse materiale e morale del padre. (Cc, articoli 337-ter e 337-quater)
Il principio di bigenitorialità, che informa il diritto di famiglia, impone che, in via prioritaria, ai sensi dell'art. 337 quater cod. civ., il Giudice affidi i figli minori ad entrambi i genitori; l'affido esclusivo, conseguentemente, costituisce una deroga eccezionale a tale principio ed è giustificato solo ove risulti, nei confronti di uno dei genitori, una sua condizione di manifesta carenza o inidoneità educativa o comunque tale da rendere quell'affidamento in concreto pregiudizievole per il minore. A fronte del totale disinteresse materiale e morale del padre, sussistono i presupposti per l'applicazione dell'affidamento cosiddetto "super esclusivo" che, a differenza di quello previsto dall'art. 337 quater cod. civ.., stabilisce che tutte le decisioni di maggior interesse relative all'istruzione, educazione, salute, scelta della residenza abituale, nonché relative alla straordinaria amministrazione dei figli, siano adottate dalla sola madre senza il preventivo accordo del padre. Nel caso in esame, con riferimento alle modalità dell'affidamento esclusivo, tutte le decisioni di maggior interesse relative all'istruzione, educazione, salute, scelta della residenza abituale, nonché relative alla straordinaria amministrazione della figlia minore sono adottate dalla sola madre, senza il preventivo accordo del padre.
Tribunale Treviso, Sez. I, sentenza 2 marzo 2022, n. 340 – Pres. Barbazza, Giud. Rel. Saran

8. MATRIMONIO FRA STRANIERI – In mancanza di scelta, il divorzio e la separazione personale fra cittadini stranieri sono disciplinati dalla legge dello Stato. (articolo 28 della Legge 31 maggio 1995, n. 218, Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato; articoli 4, 5, 8 Regolamento. Ue 1259/2010; articolo 8 Regolamento CE 2201/2003 del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale; articolo 3 Regolamento Ue 04/2009 del 18 dicembre 2008, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari)
In forza dell’art. 28 della Legge 31 maggio 1995, n. 218, il matrimonio celebrato all'estero dalle parti, entrambe cittadini stranieri, anche se non trascritto nei registri dello stato civile italiano, ha piena rilevanza nel nostro ordinamento. Non vale ad escludere la giurisdizione del giudice italiano, in caso di domanda di divorzio tra cittadini stranieri, la circostanza che l'eventuale sentenza sarebbe improduttiva di effetti nel territorio della Repubblica, perché non suscettibile di annotazione nei registri dello stato civile nei quali il matrimonio non è stato mai trascritto.
Tribunale di Modena, sentenza 12 aprile 2022 – Pres.  Rel. Di Pasquale

9. PROCESSO CIVILE – Il provvedimento di sequestro di beni del coniuge obbligato ha natura atipica . (Cc, articoli 156, comma 6; Cpc, articoli 669-novies e 675; legge 1° dicembre 1970 n. 898, articolo 8)
Con specifico riferimento all’inadempienza che costituisce il presupposto per il sequestro di beni del coniuge obbligato all'assegno di mantenimento è stato altresì chiarito che detta inadempienza, della quale non è richiesta la gravità, non inerisce solamente alla corresponsione più o meno regolare dell'assegno di mantenimento nel suo preciso ammontare, ma più generalmente al complesso dei rapporti patrimoniali stabiliti tra i coniugi. Il provvedimento ex art. 156 comma VI cod. civ. si giustifica in quanto sussista la violazione da parte del genitore dell’obbligo di corrispondere quanto dovuto a titolo di contributo al mantenimento del figlio minore. L’art. 156 cod. civ., comma 6, postula una valutazione di opportunità che prescinde da qualsiasi comparazione tra le ragioni poste a fondamento della richiesta e quelle addotte a giustificazione del ritardo nell’adempimento, implicando esclusivamente un apprezzamento in ordine all’idoneità del comportamento dell’obbligato a suscitare dubbi circa l’esattezza e la regolarità del futuro adempimento, e quindi a frustrare le finalità proprie dell'assegno di mantenimento.
Corte d’Appello di Milano, decreto 5 maggio 2022 – Pres. Laurenzi, Cons. Est. Pizzi

NOTA

L’art. 156, 4 co., cod. civ. prevede che il tribunale possa imporre al coniuge obbligato a corrispondere l'assegno di mantenimento o gli alimenti legali, ovvero il contributo al mantenimento dei figli (art. 155), di prestare idonea garanzia reale o personale, qualora sussista il pericolo che possa sottrarsi all'adempimento di detti obblighi patrimoniali. Il pericolo deve stabilirsi in base alla condotta dell'obbligato che deve essere tale da potersi presumere il futuro inadempimento: ad esempio, in caso di precedenti violazioni o di trasferimento all'estero, ovvero di gestione disordinata e rischiosa del patrimonio. Il mero ritardo nel pagamento, tuttavia, non comporta di per sé la concessione della garanzia. Il giudice stabilisce il modo e le forme della garanzia; diversamente la scelta spetta all'obbligato, secondo il principio generale. L’art. 156, 6 co., cod. civ. prevede quali forme di garanzia per il caso di inadempimento degli obblighi economici stabiliti dalla sentenza di separazione il sequestro dei beni del coniuge obbligato e l'ordine ai terzi debitori del coniuge. Quest’ultima forma di garanzia è costituita dall'ordine diretto ai terzi, debitori del coniuge inadempiente, di versare direttamente somme periodiche a favore degli aventi diritto. Per quel che concerne il sequestro dei beni, secondo la giurisprudenza di legittimità il provvedimento ha natura non cautelare, in quanto presuppone un credito già dichiarato giudizialmente, e non richiede il periculum in mora ma solo l'inadempimento. La funzione di tale misura è quella di imporre un vincolo di destinazione di parte dei beni del debitore, al fine di assicurare il futuro adempimento, alle singole scadenze, dell'obbligo di pagamento degli assegni o degli alimenti stabiliti in sede di separazione. I presupposti per la concessione del sequestro - a differenza di quanto previsto per il sequestro conservativo - non sono il fumus boni iuris e il periculum in mora, ma è sufficiente che si sia verificato l'inadempimento degli obblighi economici stabiliti dalla sentenza di separazione.

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