Amministrativo

Consiglio di Stato e Tar: le principali decisioni della settimana

La selezione delle pronunce della giustizia amministrativa nel periodo compreso tra il 9 e il 13 maggio 2022

di Maurizio De Giorgi

Nel corso di questa settimana i Giudici di Palazzo Spada intervengono in tema di pianificazione urbanistica, interpretazione del bando di gara, sanzioni disciplinari a carico dei militari, giudizio elettorale e, infine, spesa sanitaria. Da parte loro i tribunali amministrativi regionali trattano del porto e della detenzione di armi, del principio d’invarianza nelle gare pubbliche, d el pubblico impiego privatizzato, dell’informazione antimafia e, infine, del sistema scolastico.

***

AMBIENTE E TERRITORIO

Pianificazione del territorio - Aspettative diversificate dei privati - Tutela. (Costituzione, articolo 117)
Se per principio generale – precisa il Consiglio di Stato in sentenza – si nega la necessità di apposita motivazione di rigetto (o di accoglimento) delle osservazioni dei privati agli strumenti di pianificazione territoriale, anche in ragione dell’ampia discrezionalità riconosciuta all’amministrazione in materia, opera una eccezione in presenza di posizioni “qualificate” o “differenziate”. In caso di sacrificio imposto dalla nuova disciplina pianificatoria ad aspettative di privati in posizione diversificata da quella della generalità degli amministrati, il livello di tutela va dunque innalzato, richiedendosi all’amministrazione una motivazione adeguata che evidenzi l’avvenuta comparazione tra l’interesse pubblico e quello privato sacrificato. Si tratta di un’applicazione del principio di tutela dell’affidamento, che può derivare, nella materia urbanistica, da precedenti accordi o da convenzioni con la P.A. e, nella materia delle attività economiche (quale quella estrattiva), dalla titolarità di un diritto all’esercizio dell’attività (estrattiva), ovvero anche soltanto di un ragionevole affidamento alla probabile insorgenza di tale diritto. E dunque, le scelte compiute in sede di pianificazione generale, in linea di principio, non necessitano di particolare motivazione (in quanto rinvengono giustificazione nei criteri generali di ordine tecnico-discrezionale seguiti nella impostazione del piano), salvo laddove particolari situazioni abbiano creato aspettative (o affidamenti) in favore di soggetti le cui posizioni appaiono meritevoli di specifica considerazione, ovvero salvo che si renda necessario prevenire profili di intrinseca contraddittorietà o potenziale arbitrarietà della stessa. L’esercizio della pianificazione è espressione di un potere ampio e funzionalizzato di «governo del territorio» che deriva direttamente dall'art. 117, III, Cost. e che si esplica non solo nell’individuazione delle destinazioni delle zone del territorio comunale e della disciplina della edificazione dei suoli, ma in tutte le modalità di utilizzo delle aree, nel quadro di rispetto e di positiva attuazione di valori costituzionalmente tutelati.
C onsiglio di Stato, sezione V, 9 maggio 2022 n. 3577

APPALTI PUBBLICI

Bando di gara – Clausole – Interpretazione. (Cc, articoli 1362 e 1363)
Intervenuto in materia di gare pubbliche il Consiglio di Stato osserva come la lex specialis abbia la funzione di individuare il puntuale contenuto delle prestazioni oggetto del contratto da stipulare e sia perciò destinata ad orientare in termini di congruità la formulazione della proposta negoziale ad opera degli operatori economici interessati.
Ai fini dell’interpretazione della lex specialis trovano applicazione le norme in materia di contratti ed anzitutto il criterio letterale e quello sistematico, ex artt. 1362 e 1363 c.c., con la precisazione che, sebbene tali principi si trovano generalmente enunciati per sottolineare l’effetto di autovincolo delle clausole del bando nei confronti dell’amministrazione che le ha poste, gli stessi ben possono essere richiamati anche per la ricostruzione dell’effettivo contenuto delle clausole della lex specialis al fine di far emergere gli elementi di cui l’operatore economico concorrente deve tener conto per la formulazione della propria offerta. Nell’ipotesi in cui il bando, il disciplinare di gara e il capitolato speciale d'appalto (ciascuno dei quali ha una propria autonomia ed una propria peculiare funzione nell'economia della procedura - il primo fissando le regole della gara, il secondo disciplinando in particolare il procedimento di gara ed il terzo integrando eventualmente le disposizioni del bando – e tutti insieme costituiscono la lex specialis della gara) contengano singole disposizioni tra loro contrastanti si pone un problema di interpretazione che va risolto alla luce della gerarchia differenziata con prevalenza del contenuto del bando di gara. Invero, le disposizioni del disciplinare sono chiamate ad integrare e non a modificare quelle del bando e, in caso di contrasto, prevalgono le disposizioni di quest'ultimo. Nell'interpretare la legge di gara, dunque, occorre privilegiare il valore semantico delle proposizioni utilizzate nelle singole clausole evitando qualsiasi percorso ermeneutico che conduca all'integrazione delle regole di gara e per questa via faccia emergere significati delle clausole ulteriori ed estranei rispetto a quelli contenuti nel perimetro dei possibili significati delle disposizioni.
Consiglio di Stato, sezione V, 10 maggio 2022, n. 3628

MILITARI

Forze armate - Sanzioni disciplinari - Procedimento disciplinare. (Dlgs 15 marzo 2010 n. 66, articoli 1357 e 1358)
Il Consiglio di Stato adito in tema di sanzioni disciplinari di corpo e di stato previste per il personale militare (Dlgs n. 66/2010, articoli1357, 1358) precisa come le sanzioni di stato attengano a violazioni della disciplina militare cui consegue un effetto esterno alla medesima compagine militare, mentre le sanzioni di corpo esauriscono la loro funzione all'interno della organizzazione militare e, quindi, rispondono a una finalità educativa del punito in base alle esigenze delle Forze Armate. Il procedimento per le sanzioni militari di corpo non prevede alcun termine perentorio per l'instaurazione del procedimento medesimo, essendo stabilito unicamente che debba provvedersi «senza ritardo», con previsione di un termine sollecitatorio dell'attività amministrativa. Invero, la clausola "senza ritardo" costituisce il riferimento per la valutazione in concreto, nelle singole fattispecie, del tempo trascorso tra la conoscenza dei fatti da parte dell'Amministrazione e la contestazione degli addebiti all'interessato. Tale clausola reca una regola di ragionevole prontezza nella contestazione degli addebiti che postula il contemperamento dell'esigenza della P.A. di valutare con ponderazione il comportamento dell'incolpato sotto il profilo disciplinare con quella di evitare che un'eccessiva distanza di tempo dai fatti possa rendere più difficile per l'inquisito l'esercizio del diritto di difesa. Il tutto ferma restando, si precisa ancora in sentenza, che la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all'applicazione di una sanzione disciplinare costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal Giudice della legittimità, salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l'evidente sproporzionalità e il travisamento. In particolare, le norme relative al procedimento disciplinare sono necessariamente comprensive di diverse ipotesi e, pertanto, spetta alla P.A., in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l'infrazione e il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità.
Consiglio di Stato, sezione II, 11 maggio 2022, n. 3720

ELEZIONI

Giudizio elettorale – Motivi del ricorso – Allegazioni e prove.
Il Collegio di Palazzo Spada, in sentenza, richiama gli specifici principi di diritto che disciplinano il rito elettorale e secondo cui, in particolare, l’osservanza dell’onere di specificità del motivo non assorbe l'onere della prova, posto che anche una denuncia estremamente circostanziata dell'irregolarità in cui sia incorsa la sezione elettorale deve pur sempre essere sorretta da allegazioni ulteriori rispetto alle affermazioni della parte ricorrente; un motivo anche strutturato in termini specifici può rendere inammissibile il ricorso allorché questo presenti caratteri tali da doversi qualificare come esplorativo. È dunque onere di chi agisce in giudizio avvero gli atti elettorali non solo formulare motivi specifici, indicando le circostanze concrete, il numero delle schede e delle sezioni di riferimento, la natura dei vizi denunziati, ma anche allegare in che modo tali presunti irregolarità, alterando la manifestazione del voto, comportino l'illegittimità del risultato proclamato e l’ottenimento di quello auspicato. In virtù, poi, del principio della strumentalità delle forme vigente in materia elettorale, in mancanza di espressa comminatoria di nullità, sono rilevanti, tra tutte le possibili irregolarità, solo quelle sostanziali, tali cioè da influire sulla sincerità e sulla libertà di voto, atteso che la nullità delle operazioni può essere ravvisata solo quando manchino elementi o requisiti che impediscano il raggiungimento dello scopo al quale l'atto è prefigurato; pertanto, non possono comportare l'annullamento delle operazioni stesse le mere irregolarità, cioè vizi da cui non deriva alcun pregiudizio di livello garantistico o compressione alla libera espressione del voto. Tale principio di strumentalità delle forme, coniugato con i generali principi di conservazione dell'atto, comporta l'applicazione dell'istituto dell'illegittimità non invalidante in cui ha preminente rilievo l'interesse alla stabilità del risultato elettorale. L’interessato non può dunque limitarsi a rappresentare presunte scorrettezze nelle operazioni elettorali, ma è necessario che fornisca almeno un principio di prova, in termini indiziari, sul fatto che le irregolarità censurate abbiano determinato l'attribuzione al ricorrente di un numero di voti inferiore a quello effettivamente espresso dal corpo elettorale oppure, specularmente, con riferimento alla posizione del controinteressato, il conteggio di un numero di preferenze superiore a quelle legittimamente riconoscibili.
Consiglio di Stato, 11 maggio 2022, n. 3722

SANITA’ E BIOETICA

Accreditamento sanitario – Spesa sanitaria - Clausola di salvaguardia - Legittimità .  (Dlgs 30 dicembre 1992, n. 502)
Adito in tema di accreditamento sanitario il Consiglio di Stato afferma la legittimità delle clausole di salvaguardia, il cui inserimento negli accordi tra P.A. e operatori privati è recepito a livello di scelta generale per arginare gli effetti del proliferare dei contenziosi già insorti e in funzione transattiva degli stessi (D.Lgs. n. 502/1992). Dette pattuizioni sono funzionali alla tutela del diritto alla salute, quale bene superiore costituzionalmente garantito, e le stesse clausole non  sono foriere di una indebita compressione del diritto di agire in giudizio dell’operatore privato, il quale ben può valutare il proprio interesse a coltivare il contenzioso in atto e, quindi, a non sottoscrivere la clausola, fermo restando che anche sottoscrivendo la clausola manterrebbe intatto il proprio diritto d’azione in giudizio, costituzionalmente garantito, in relazione alle sopravvenienze. Alle clausole in esame è sottesa una duplice finalità: da una parte, garantire il necessario contenimento della spesa sanitaria nelle regioni che presentino un deficit economico finanziario; dall’altra, evitare che il rispetto dei vincoli finanziari, attuato con la sottoscrizione di accordi contrattuali compatibili con le risorse regionali disponibili, possa essere esposto ad iniziative in sede giurisdizionale in grado di compromettere o porre in pericolo gli obiettivi perseguiti dalla Regione. L’adesione volontaria all’accordo, alla cui stipula l’operatore economico non è affatto costretto, suggella quindi la priorità dell’esigenza di contenimento della spesa pubblica, funzionale alla continuità dell’erogazione di prestazioni sanitarie. L’interessato, qualora ritenga insufficiente il budget assegnatogli dalla Regione, può scegliere di operare in regime di libera concorrenza, accettando il rischio d’impresa connesso alle normali dinamiche competitive del mercato, rispetto alle quali una attività economica privata svolta a fini di lucro, ma in regime protetto di riserva, e sostenuta da un finanziamento pubblico, costituisce una fattispecie del tutto speciale. Se è vero, dunque, che la stipulazione degli accordi in esame è condizione imprescindibile per l’erogazione di prestazioni sanitarie con oneri a carico del S.S.R., è anche vero che, una volta siglato l’accordo, le prestazioni erogabili a carico del pubblico erario sono solo quelle ivi ritenute compatibili con gli atti di programmazione generale vigenti in relazione all’attuale stato della spesa pubblica.
Consiglio di Stato, sezione III, 12 maggio 2022, n. 3744

ARMI

Detenzione di armi - Porto - Autorizzazione. (Rd 18 giugno 1931, n. 773, articoli 11, 43)
In punto di diritto afferma il G.A. di Ancona come, in materia di detenzione e di porto di armi, l’Autorità di Pubblica Sicurezza goda di ampia discrezionalità nel valutare la sussistenza dei requisiti di affidabilità del soggetto nell’uso e nella custodia delle armi, a tutela della pubblica incolumità. Il porto d’armi, invero, non costituisce oggetto di un diritto assoluto, ma rappresenta un’eccezione al normale divieto di circolare armati, potendo esso essere riconosciuto soltanto in condizioni di affidabilità sul buon uso delle armi stesse in perfetta e completa sicurezza, e quindi quando non sussistono dubbi o perplessità, sotto il profilo prognostico, per l’ordine pubblico e per la tranquilla convivenza della collettività. Il giudizio che compie l’Autorità di P.S., proprio perché connotato da ampia discrezionalità, è sindacabile solo a fronte di vizi che afferiscano all’abnormità, alla palese contraddittorietà, all’irragionevolezza, all’illogicità, all’arbitrarietà e/o al travisamento dei fatti. Al tempo stesso l’Amministrazione, nel vagliare l’istanza del privato, deve svolgere un’istruttoria congrua ed adeguata, di cui deve dar conto in motivazione, che le consenta una valutazione complessiva del soggetto e dunque tenendo conto anche del percorso di vita del richiedente successivo agli eventuali episodi ostativi, e ciò in particolare laddove tali episodi siano risalenti nel tempo. Ed invero, la ratio alla base della normativa che disciplina le autorizzazioni di polizia, per come risulta dal combinato disposto degli artt. 11 e 43 R.D. n. 773/1931 (TULPS), risiede nell’opportunità di evitare che le autorizzazioni al porto di armi vengano rilasciate a soggetti che, per i loro comportamenti pregressi, denotino scarsa affidabilità sul corretto loro uso, potendo in astratto costituire un pericolo per l’incolumità e per l’ordine pubblico; è tuttavia necessario che i precedenti comportamenti del richiedente siano sintomatici, idonei quindi ad evidenziare una personalità violenta, incline a risolvere situazioni di conflittualità anche con ricorso alle armi o, in ipotesi, in grado di attentare all’altrui patrimonio con uso di armi ed in sintesi che, nell'ottica di una prognosi ex ante, non diano garanzia di un corretto uso delle armi senza creare turbativa all’ordine sociale.
Tar Marche, Ancona, sezione I, 9 maggio 2022, n. 281

APPALTI PUBBLICI

Anomalia delle offerte – Soglia – Variazione. (Dlgs 18 aprile 2016, n. 50, articolo 95)

Il Tar Bari, adito in materia di gare pubbliche, nella sentenza in esame  fa applicazione del principio della stabilità della soglia di anomalia e dell’irrilevanza delle sopravvenienze pur se determinate da vicende giudiziarie. Il principio d’invarianza (art. 95, XV, D.Lgs. n. 50/2016) è rivolto a garantire continuità alla gara e stabilità ai suoi esiti, onde impedire che la stazione appaltante debba retrocedere il procedimento fino alla determinazione della soglia di anomalia delle offerte, cioè di quella soglia minima di utile al di sotto della quale l’offerta si presume senz’altro anomala, situazione che ingenererebbe una diseconomica dilatazione dei tempi di conclusione della gara correlata a un irragionevole dispendio di risorse umane ed economiche. La disposizione mira altresì a paralizzare gli effetti riflessi sulla soglia di anomalia, derivanti da modifiche incidenti a posteriori sul novero degli operatori economici legittimamente partecipanti, in particolare al fine di evitare che concorrenti non utilmente collocati in graduatoria promuovano giudizi meramente speculativi e strumentali, e mossi dall’unica finalità, una volta noti i ribassi offerti e quindi gli effetti delle rispettive partecipazioni in gara sulla soglia di anomalia, di incidere direttamente su quest’ultima traendone vantaggio. Tale principio dell’invarianza comporta dunque che, una volta effettuato il calcolo della media, ed individuata la soglia di anomalia, qualsiasi successiva variazione, anche ove discendente da una pronuncia giurisdizionale, non giustifica il suo rifacimento. All’interno della descritta cornice non assume, dunque, rilievo il fatto che il procedimento di anomalia non si sia concluso con la declaratoria di incongruità dell’offerta del primo classificato, bensì con un giudizio di inadeguatezza sul piano tecnico dell’offerta medesima, con conseguente improcedibilità del sub-procedimento di verifica dell’anomalia.
Tar Puglia, Bari, sezione II, 9 maggio 2022, n. 632

PUBBLICO IMPIEGO

Pubblico impiego privatizzato – Controversie – Giurisdizione. ( Dlgs 30 marzo 2001, n. 165, articoli 2, 5)

Osserva l’adito Tar Napoli come, in tema di pubblico impiego privatizzato, appartengono alla giurisdizione generale di legittimità del G.A. le questioni afferenti agli atti espressione di scelte macro-organizzative di carattere generale, in quanto volte a definire le linee fondamentali di organizzazione degli uffici o i modi di conferimento della titolarità degli stessi, laddove rientrano invece nell'ordinaria attività organizzativa posta in essere dall'amministrazione con la capacità ed i poteri del datore di lavoro privato, conseguente alla c.d. "contrattualizzazione del pubblico impiego" (artt. 2, II, e 5, II, D.Lgs. n. 165/2001), gli atti di micro-organizzazione, più propriamente afferenti alla gestione del rapporto di lavoro, la cui natura privatistica preclude la qualificazione in termini di interesse legittimo della posizione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio. In tale contesto, ove l'atto impugnato costituisca un atto di c.d. macro-organizzazione, la giurisdizione spetta al G.A. qualora il rapporto individuale di lavoro non costituisca l'effettivo oggetto del giudizio, quanto piuttosto lo sfondo qualificativo della prospettata posizione soggettiva del ricorrente, il quale risenta effetti pregiudizievoli già direttamente dall'atto organizzativo. La contrattualizzazione del rapporto di pubblico impiego e delle carriere costituisce una vicenda normativa che ha determinato la metamorfosi di una intera area, configurandosi in capo alle amministrazioni pubbliche poteri datoriali assimilabili a quelli del datore di lavoro privato, il cui esercizio coinvolge, ad oggi, questioni inerenti alla mera gestione del rapporto di lavoro, regolato su base contrattuale e soggetto alle rispettive obbligazioni delle parti che da tale rapporto originano e si evolvono. Si ha dunque che, in presenza di progressioni all'interno di ciascuna area professionale o categoria, secondo disposizioni di legge o di contratto collettivo, necessariamente ci si trova al di fuori dell'ambito delle attività amministrative autoritative e la procedura è retta dal diritto privato, con conseguente giurisdizione del G.O..
Tar Campania, Napoli, sezione V, 11 maggio 2022, n. 3191

MAFIA

Informazione antimafia – Discrezionalità della Pa - Limiti. (Dlgs 6 settembre 2011, n. 159, articoli 84, 91)

L’informazione antimafia – osserva il Tar Palermo - implica una valutazione discrezionale dell’Autorità prefettizia in merito al pericolo di infiltrazione da parte delle organizzazioni criminali, capace di condizionare le scelte e gli indirizzi dell’impresa. Tale pericolo deve essere valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipica dell’accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, e quindi fondato su prove, ma implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da far ritenere “più probabile che non”, appunto, il pericolo di infiltrazione mafiosa. Al contempo il pericolo dell’infiltrazione mafiosa non può sostanziarsi in un sospetto della P.A., o in una vaga intuizione del Giudice, ma deve ancorarsi a condotte sintomatiche e fondarsi su una serie di elementi fattuali, taluni dei quali tipizzati dal Legislatore (art. 84, IV, D.Lgs. n. 159/2011), mentre altri, “a condotta libera”, sono lasciati al prudente e motivato apprezzamento discrezionale dell’autorità amministrativa, che può desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa, ai sensi dell’art. 91, VI, D.Lgs. n. 159/2011, da provvedimenti di condanna non definitiva per reati strumentali all’attività delle organizzazioni criminali unitamente a concreti elementi da cui risulti che l’attività di impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata. La formulazione della fattispecie normativa a struttura aperta, propria dell’informazione interdittiva antimafia, consente alla P.A. e, ove insorga contestazione in sede giurisdizionale, al G.A. di apprezzare, in sede di sindacato sull’eccesso di potere, tutta una serie di elementi sintomatici dai quali evincere l’influenza, anche indiretta (art. 91, VI, cit.), delle organizzazioni mafiose sull’attività di impresa, nella duplice veste della c.d. contiguità soggiacente o della c.d. contiguità compiacente, elementi che sfuggono, invece, ad una rigorosa, tassativa, asfissiante tipizzazione di tipo casistico, che elenchi un numerus clausus di situazioni sintomatiche.
Tar Sicilia, Palermo, sezione I, 11 maggio 2022, n. 1542

SCUOLA E ISTRUZIONE

Sistema scolastico – Disciplina normativa – Titoli di studio – Valore legale. (Legge 13 luglio 2015, n. 107; legge 13 marzo 1997, n. 59, articolo 21; Dpr 22 giugno 2009, n. 122, articolo 4)
Osserva il Tar Roma come il riconoscimento e la realizzazione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche e dell'intero sistema formativo, affermate nelle molteplici riforme che hanno interessato il sistema scolastico nazionale (L. n. 107/2015), sullo sfondo lasciano comunque ferme le competenze dell’Amministrazione centrale in ordine a “i livelli unitari e nazionali di fruizione del diritto allo studio, nonché gli elementi comuni all'intero sistema scolastico pubblico in materia di gestione e programmazione” (art. 21, I, L. n. 59/1997). La disciplina normativa del sistema scolastico è così puntellata da molteplici disposizioni che ne affermano l’unitarietà, la quale è funzionale altresì a garantire la stessa unitarietà del valore legale dei titoli conseguiti all’esito di ciascun ciclo scolastico. Nell’ambito di un sistema volto, dunque, a contemperare unitarietà nazionale ed autonomia delle singole istituzioni scolastiche, oltre che sullo sfondo la libertà d’insegnamento, anche l’aspetto valutativo e di certificazione delle competenze non può che riflettere tale bilanciamento, posto che altrimenti ne risulterebbe mortificata, se non elusa, l’articolazione ordinamentale e curriculare dei diversi percorsi di studi e, da ultimo, il valore legale dei titoli di studio i quali certificano specifiche competenze acquisite nell’ambito di specifici percorsi di studio. In tale contesto, sottolinea ancora l’adito Collegio giudicante, come gli studenti del secondo ciclo che intendano modificare la loro scelta iniziale e proseguire gli studi frequentando un altro percorso, iscrivendosi alla classe corrispondente a quella per alla quale risultano ammessi, non può che avvenire previa la valutazione del possesso delle conoscenze minime (rectius obiettivi minimi di apprendimento) anche nelle discipline non previste nel corso di studi frequentato. Diversamente si arriverebbe al paradosso per il quale gli studenti che non mutano corso di studi per passare alla classe successiva devono conseguire in sede di scrutinio finale “una votazione non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline” (art. 4, V, D.P.R. n. 122/2009) e sostenere, nel caso di insufficienze in uno o più materie, un esame che accerti il recupero delle carenze formative, mentre per coloro che provengono da un diverso percorso di studi e che non sono mai stati valutati su specifiche materie perché non previste nel curriculo della scuola di provenienza, potrebbero accedervi direttamente.
Tar Lazio, Roma, sezione III bis, 11 maggio 2022, n. 5847

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©