Famiglia

Immagini di minori sui social: serve il consenso di entrambi i genitori

Nota a Tribunale di Trani, sez. civ., ordinanza 30 agosto 2021

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di Francesca Ferrandi*

L'inserimento di foto di minori sui social network costituisce comportamento potenzialmente pregiudizievole per essi in quanto determina la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone, conosciute e non, le quali possono essere malintenzionate ed avvicinarsi ai bambini dopo averli visti più volte in foto on-line. Il pregiudizio per il minore è, quindi, insito nella diffusione della sua immagine sui social network sicché l'ordine di inibitoria e di rimozione va impartito immediatamente.

Il caso. La vicenda trae origine dal reclamo, promosso da un padre, avverso l'ordinanza con cui il giudice monocratico del Tribunale di Trani, aveva dichiarato inammissibile il ricorso ex art. 700 c.p.c., dallo stesso proposto, per la condanna della ex coniuge alla rimozione dal social network TikTok ed inibizione di pubblicazione di immagini e video della figlia minore (di nove anni), in quanto pubblicati senza il suo consenso. In particolare, il Tribunale aveva fondato la decisione di inammissibilità sulla mancata indicazione del giudizio di merito che il ricorrente in primo grado avrebbe intrapreso in caso di accoglimento della domanda cautelare.

Secondo il reclamante, l'ordinanza impugnata sarebbe fondata sulla non corretta interpretazione della disciplina del provvedimento cautelare atipico e del contenuto del ricorso, da cui era possibile, al contrario, evincere l'instauranda azione di merito (condanna alla rimozione dei video e foto pubblicati sui profili social della madre e inibizione, per il futuro, alla pubblicazione di ulteriori contenuti simili senza il consenso del padre).

Chiedeva, pertanto, la revoca dell'ordinanza reclamata ed il conseguente accoglimento della domanda cautelare, il tutto con vittoria delle spese della doppia fase processuale.

La tutela del minore in rete: le fonti. L'ordinanza del Tribunale di Trani è l'occasione per affrontare la tematica relativa all'individuazione dei connotati del diritto alla riservatezza dei soggetti più vulnerabili e della loro tutela. Oggigiorno, infatti, essa si presenta sempre più problematica, a fronte del pregiudizio insito nella diffusione sui vari social network di immagini dei minori, per mano proprio dei loro stessi genitori.

In primo luogo, occorre ricordare che la debolezza del minore in rete e la sua prioritaria esigenza di tutela trova da tempo conforto in atti normativi di natura diversa, quali normative internazionali, comunitarie e leggi interne. Un primo passo decisivo verso la presa di consapevolezza della potenziale pericolosità dei media nella crescita e nello sviluppo dei minori d'età è stato segnato, nel 1989, dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Fanciulli (per un approfondimento v. C. FOCARELLI, La Convenzione di New York sui diritti del fanciullo e il concetto di "best interest of the child", in Riv. dir. int., 2010, 981). Successivamente, la figura del minore ha assunto importanza in altre fonti normative internazionali quali: la Convenzione Internazionale sui diritti dell'infanzia (art. 19), la Convenzione europea sull'esercizio dei diritti del minore del 1996 e la Carta di Nizza del 2000 (art. 24). Un altro importante riferimento normativo è, poi, rappresentato dal Codice in materia di protezione dei dati personali, d.lgs. n. 196/2003, (sul punto cfr. A. PINORI, Internet e responsabilità civile per il trattamento dei dati personali, in Contratto e Impresa, 2007, 6, 1565), oggi rimaneggiato a seguito dell'entrata in vigore del GDPR (General data protection regulation), per mano del Regolamento UE 2016/679, il quale ha manifestato, senza dubbio, una maggiore sensibilità nei confronti delle problematiche oggetto dell'ordinanza in commento (per un approfondimento v. E. TOSI, a cura di, Privacy digitale.

Riservatezza e protezione dei dati personali tra GDPR e nuovo codice della Privacy, Milano, 2019). Il Regolamento, infatti, all'art. 8, nell'affrontare la problematica dell'espressione del consenso digitale del minore, ha individuato due diversi regimi per quanto riguarda le condizioni applicabili in relazione ai suddetti servizi: a partire dal compimento del sedicesimo anno di età, il minore può prestare autonomamente il suo consenso informato al trattamento dei dati, mentre, al di sotto di tale soglia, o di quella fissata dai singoli Stati membri (ma in ogni caso non oltre i 13 anni), il trattamento è illecito, se il consenso non è prestato o autorizzato da parte del genitore o di chi esercita la responsabilità genitoriale.Al riguardo, la scelta del nostro legislatore è stata quella di fissare, all'interno del Codice della privacy adeguato (cfr. art. 2-quinquies, comma 2, Codice della privacy come adeguato da d.lgs. n. 101/ 2018), a 14 anni il limite di età per potere esprimere autonomamente il c.d. consenso digitale.

Sull'utilizzo della tutela cautelare. Come sappiamo, in merito alla vita personale dei minori, sui genitori incombe sia l'obbligo di fare in modo che essi non subiscano alcuna intrusione nella loro privacy all'interno del nucleo familiare o al di fuori di esso, sia quello di evitare qualsivoglia divulgazione dei loro dati personali a terze persone senza alcuna ragione giustificatrice. Tuttavia, il diritto alla riservatezza dei minori e la gestione dei loro dati personali pone diversi problemi, quali, tra gli altri, proprio quello della pubblicazione, da parte dei genitori, di immagini o informazioni riguardante i figli minori sui vari social network, senza il loro consenso o a loro insaputa o, più frequentemente, in assenza del consenso di entrambi i genitori, come nel caso di Trani.

Ebbene, in merito a siffatta problematica, ci si chiede se relativamente alla pubblicazione delle foto e/o video dei figli minori sui social, (nel caso di specie TikTok) sia o meno necessario il consenso di entrambi i genitori. La risposta che proviene dalle aule giudiziarie è di segno positivo, in quanto la giurisprudenza richiede, in assenza di norme specifiche al riguardo, che il consenso alla pubblicazione delle immagini relative ai minori sia espresso da entrambi i genitori esercenti la responsabilità genitoriale (ex multis, v. Trib. Rieti, 7 marzo 2019; Trib. Mantova, 19 settembre 2017 e Trib. Roma, 23 dicembre 2017).

Relativamente, poi, ai rimedi processualcivilistici esperibili al fine di garantire l'attuazione degli obblighi nascenti dalla responsabilità genitoriale, nella giurisprudenza di merito si registra l'utilizzo della tutela d'urgenza ex art. 700 c.p.c. (oltre che degli strumenti di cui agli artt. 614-bis e 709-ter c.p.c.)

In particolare, guardando alla tutela cautelare, negli arresti che si sono confrontati con la tematica oggetto dell'ordinanza in commento, con riferimento ai presupposti per l'applicazione della tutela d'urgenza, la giurisprudenza, quanto al fumus bonis iuris, ha concluso a favore della sua sussistenza in ragione della a-territorialità della rete la quale "consente agli utenti di entrare in contatto ovunque, con chiunque, spesso anche attraverso immagini e conversazioni simultanee, nonché la possibilità, insita nello strumento, di condividere dati con un pubblico indeterminato, per un tempo non circoscrivibile" (cit. Trib. di Trani, ord. 30 agosto 2021; in senso conf. Trib. Trani, 7 giugno 2021; Trib. Chieti, 21 luglio 2020 e Trib. Rieti, 7 marzo 2019).

Per quanto riguarda, invece, il requisito del periculum in mora, tale presupposto è stato ravvisato nella stessa attività di pubblicazione in rete di foto di minori, in quanto attività di per sé pregiudizievole, stante le caratteristiche proprie del web, che rende inefficaci forme di controllo sui flussi informativi soltanto ex post. La diffusione, infatti, delle immagini del minore fra un numero indeterminato di persone, conosciute e non, può comportare, da un lato, il pericolo che malintenzionati si avvicinino ai bambini dopo averli visti più volte in foto on-line, e, dall'altro, che alcuni soggetti, taggando le foto dei minori, attraverso procedimenti di fotomontaggio, ne traggano materiale pedopornografico da far circolare fra gli interessati.

Ne consegue, quindi, che il pregiudizio per il minore è insito nella stessa diffusione della sua immagine sui social network tanto che l'ordine di inibitoria e di rimozione va impartito immediatamente.

Conclusioni. Nel caso deciso dal Tribunale di Trani, non solo non vi era prova del consenso da parte del padre alla pubblicazione di tali video, ma nemmeno ha trovato accoglimento la tesi difensiva della madre secondo cui l'ex coniuge era a conoscenza della pubblicazione di tali contenuti, avendo egli accesso al profilo dalla stessa utilizzato.

Secondo i giudici, infatti, la possibilità di visionare un profilo social non può equivalere quale accettazione della pubblicazione di video e foto ritraenti la figlia minore; inoltre, la proposizione del ricorso cautelare, seppur a distanza di qualche mese dalla pubblicazione, è stata ritenuta espressione del dissenso (i.e. del mancato consenso del genitore).

Pertanto, la domanda cautelare proposta ha trovato accoglimento e la madre è stata condannata alla rimozione dai propri profili social delle immagini relative alla minore ed alla contestuale inibitoria dalla futura diffusione di tali immagini, in assenza del consenso di entrambi i genitori.

Ulteriore accoglimento ha trovato, infine, anche la richiesta di condanna ex art. 614-bis c.p.c., tenuto conto della necessità, nella vicenda in esame, di tutelare l'integrità della minore e l'interesse ad evitare la diffusione delle proprie immagini a mezzo web nonché, in quanto collegato a questo, l'interesse del genitore a cui spetta pretendere il rispetto degli obblighi di cui sopra.

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