Amministrativo

Alienazione cespiti di distribuzione gas naturale degli enti locali: dalla normativa al Ddl per la loro valorizzazione

Il dibattito giurisprudenziale verrà a breve presumibilmente meno, infatti nell'ambito del disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza del 2021 è prevista la regolazione puntuale della materia, disponendo che la vendita avvenga al valore di VIR. Nondimeno si ritiene utile ripercorrere la questione che ha posto molti interrogativi agli enti locali.

di Sergio Cesare Cereda*

È stata di recente emanata dal Tribunale Amministrativo Regionale di Venezia una sentenza (la n. 1054/2021) che ha definito il processo di primo grado conseguito all'impugnazione di una deliberazione consiliare, con la quale il comune di Venezia, prevedeva che, nell'esperenda gara avente ad oggetto la distribuzione del gas naturale nell'ATEM Venezia 1 , gli impianti e le reti di cui è proprietario fossero ceduti al gestore subentrante sulla base del loro valore industriale residuo (VIR) anziché del valore corrispondente alla RAB. La decisione ha dato torto all'ente locale prevedendo che i cespiti debbano essere alienati in base al secondo criterio.

La questione riveste un indubbio interesse, costituendo un precedente giurisprudenziale in ordine all'annosa questione avente ad oggetto la determinazione del criterio da utilizzare per definire il valore di reti ed impianti che gli enti pubblici intendono alienare in sede di gara (vale a dire l'adozione del VIR oppure della RAB). La questione ha, in molti casi, una notevole rilevanza economica infatti applicando l'una o l'altra metodologia di calcolo i risultai possono essere alquanto diversi. Ad esempio nel caso oggetto dell'attenzione del TAR di Venezia si passa da un valore di € 50.508.949,58 di VIR ad uno di RAB dell'importo di € 9.607.340,00.

Per il vero il dibattito giurisprudenziale verrà a breve presumibilmente meno, infatti nell'ambito del disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza del 2021 è prevista la regolazione puntuale della materia, disponendo che la vendita avvenga al valore di VIR. Nondimeno si ritiene utile ripercorrere la questione che ha posto molti interrogativi agli enti locali.

I. La carente regolazione normativa. L'interpretazione analogica.

1.1. Vediamo come la normativa, in particolare il D. Lgs n. 164/2000, regolando la materia di cessione delle reti, anzitutto prevede che in sede di prima applicazione i beni di proprietà del gestore uscente siano alienati al valore di VIR (art. 15 comma 5). Per contro prevede che a regime (vale a dire una volta esauriti rapporti istaurati in base alle prime gare indette in base alla stessa) la cessione avverrà al valore delle immobilizzazioni nette di località del servizio di distribuzione e misura calcolato secondo la metodologia della regolazione tariffaria vigente, vale a dire alla RAB (art. 14 comma 8).

A sua volta l'art. 8 comma 3 del D.M. n. 226/2011 regola l'ipotesi in cui gli enti locali ( 2 ) , siano proprietari di reti ed impianti e dispone che - a fronte della messa a disposizione delle stesse al gestore per l'esercizio del servizio - ricevano dal gestore la remunerazione del relativo capitale investito netto che l'Autorità riconosce ai fini tariffari: vale a dire una remunerazione basata sulla RAB. Quindi il diritto positivo regola la cessione di reti ed impianti di proprietà del gestore uscente nonché l'affitto di quelle di pertinenza degli enti locali.

1.2. Orbene, in relazione alle reti private la regolazione è senz'altro esaustiva in quanto da un lato dispone che queste debbano necessariamente essere alienate in sede di gara e dall'altro ne fissa le condizioni. Lo stesso non può dirsi per le reti pubbliche, ove è regolata solo la loro messa a disposizione ma non l'alienazione, pur essendo la stessa pacificamente ammessa, stante la loro qualifica di beni patrimoniali indisponibili.

Quindi - non essendo prevista l'alienazione - manca una qualsiasi regolazione in proposito, in particolare non sono indicate le condizioni economiche in base alle quali dovrà avvenire.

Ci si trova dunque di fronte ad una lacuna normativa che deve essere colmata, ed al riguardo pare che lo strumento idoneo sia l'interpretazione analogica, di cui all'art. 12 delle preleggi, in base al quale se una questione non può essere definita in base ad una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe ( 3 ).

1.3. Il punto è stabilire dove individuare gli elementi dell'analogia.

In particolare ci si trova di fronte ad una situazione nella quale l'interprete non è semplicemente chiamato a definire il rapporto tra una situazione non regolata e le norme che ne definiscono un'altra ad essa assimilabile, infatti ci si trova di fronte a ben due distinte normative astrattamente rapportabili al caso concreto non regolato. Quindi il suddetto interprete non si può limitare a verificare l'esistenza di un'analogia ma si deve definire quale sia quella in concreto applicabile.

In particolare da un lato può considerarsi l'applicazione in via analogica delle disposizioni dettate per l'acquisto delle reti e degli impianti del gestore privato in sede di prima applicazione della legge, vale dire la valorizzazione al VIR, in tal modo il vuoto normativo viene colmato superando la differenza soggettiva dei venditori parificando il pubblico al privato.

Al contrario può farsi riferimento alla disciplina dettata, (anche per i privati) in caso di cessione in occasione delle gare successive, ed applicabile sin da subito per la messa a disposizione delle reti pubbliche. Disciplina che, come visto, prevede la valorizzazione alla RAB.

1.4. Sul punto si tornerà in seguito (cfr. par. IV), ora concentriamoci su quanto indicato dalla sentenza, secondo la quale la mancanza di regolazione non costituisce una lacuna dell'ordinamento da colmare in via interpretativa, ma una consapevole scelta del legislatore (e delle Autorità regolatorie), volta a differenziare il regime applicabile ai beni del gestore privato dal regime applicabile ai beni di proprietà degli enti locali, prevedendo espressamente l'applicazione del VIR solo in relazione ai primi e quindi applicando agli altri il criterio remuneratorio basato sulla RAB.

A dire il vero non si concorda con la tesi, appare infatti evidente che ci si trovi di fronte di una lacuna regolatoria. Infatti, così come ha compiutamente regolato nei minimi aspetti l'alienazione dei beni dei gestori uscenti, il legislatore ha completamente ignorato la cessione di reti ed impianti degli enti locali ( 4 ) . In proposito si noti che la mancata regolazione non riguarda solo il criterio di valorizzazione dei beni ma addirittura il fatto stesso che possano essere alienati; tale facoltà è stata infatti riconosciuta alla luce di ragionamenti di carattere sistematico.

Quindi, al di là di come la questione sarà definita, è chiaro che un'attività interpretativa sia imprescindibile.

II. Il sistema normativo non prevede la remunerazione al VIR a titolo di risarcimento dei concessionari a fronte della minore durata dei rapporti.

2.1. Veniamo ora ad analizzare i ragionamenti sviluppati dalla sentenza per fondare la conclusione che la valorizzazione debba essere fatta in base alla RAB. Secondo la sentenza, a giustificazione del riconoscimento del VIR ai gestori uscenti, vi sarebbe la circostanza che la previsione del periodo transitorio di cui all'art. 15 comma 5 del D.lgs. n. 164/2000 va ad interferire con i rapporti concessori e contrattuali già in essere, che vengono a subire una cessazione anticipata; da qui l'esigenza di trovare adeguate forme di ristoro degli investimenti dei privati non ancora ammortizzati. In buona sostanza - secondo i giudici- i concessionari subiscono un danno dal venir meno anticipato del rapporto, danno che viene compensato attraverso il riconoscimento della remunerazione del VIR.

Per contro, mancando questa esigenza in capo ai comuni, non può trovare applicazione tale meccanismo tariffario.

A sostegno di tale assunto la sentenza richiama alcune pronunce del Consiglio di Stato (n. 4009 del 24 maggio 2021; n. 6315 del 23 settembre 2019). Ebbene dal loro esame non si traggono elementi in tal senso, si evince semmai un diverso principio. Queste erano chiamate a decidere sulla legittimità della modifica apportata al comma 5 dell'art. 15 del D.lgs. n. 164 del 2000 che regola i criteri per la determinazione del valore del rimborso spettante ai gestori le cui concessioni sono state dichiarate cessate in via anticipata ex lege.

In particolare la disciplina contestata, che opera in relazione ai punti non regolati in modo esaustivo dalle convenzioni, ha sostituito l'originaria norma che prevedeva l'applicazione dei criteri di cui alle lettere a) e b) dell'articolo 24 del r.d. n. 2578 del 1925 con l'attuale versione che fa invece riferimento alle Linee guida di cui al decreto ministeriale 22 maggio 2014, n. 74951.

L'oggetto del giudizio riguardava la legittimità dell'applicazione retroattiva dei criteri introdotti dalla modifica normativa, contestata da alcuni concessionari.

Le sentenze rispondono positivamente e, per quello che qui rileva, si noti come le stesse ricordano come la Corte Costituzionale ha più volte affermato che la legge può introdurre norme che modifichino in senso sfavorevole la disciplina di rapporti acquisiti, purché lo faccia in modo ragionevole ed in presenza di una causa giuridica idonea a giustificarne l'adozione.

Ragionevolezza che, nel caso di specie, è stata rinvenuta nell'opportunità di garantire un equilibrato passaggio da un regime pregresso - non conforme ai principi europei e nazionali di tutela della concorrenza - ad un regime che assicurasse il rispetto di tali principi.

2.2. Tornando alla nostra questione, dobbiamo osservare che le sentenze richiamate evidenziano come il riconoscimento del VIR ai gestori uscenti non si basi su riferimenti di carattere costituzionale ( 5 ) tali da vincolare - oltre alle scelte del legislatore - anche quelle dell'interprete che, applicando in via analogica una norma, non può giungere certo a conclusioni contrarie alla Costituzione. Per contro la regolazione si basa su una scelta discrezionale del legislatore, quindi non si rinvengono elementi di carattere sistematico che possano impedire l'applicazione in via analogica della previsione di vendita al VIR anche alle reti di proprietà comunale.

Le richiamate sentenze rilevano anche sotto un ulteriore profilo: infatti dal quadro delineato dal Consiglio di Stato non si ricava la volontà del legislatore di attribuire vantaggi e ristori ai gestori uscenti. Tali decisioni addirittura affermano che nel disporre l'applicazione delle linee guida, quale strumento idoneo a determinare il valore del rimborso, il legislatore ha operato al fine di facilitare lo svolgimento delle gare per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas e di ridurre i costi per gli enti locali e per le imprese. Non pare proprio evidenziarsi un intento riparatorio, così smentendo la costruzione logico giuridica elaborata dal TAR Veneto.

D'altro canto che quella non fosse la finalità della legge lo si ricava dall'esame di altri elementi. Anzitutto le stesse modalità di rimborso sono applicate anche alle concessioni che sono (o saranno) giunte alla loro scadenza contrattuale al momento del subentro del nuovo concessionario. È evidente che per queste l'esigenza riequilibratrice sopra evidenziata non può di certo sussistere. Si analizzi poi la versione originale dell'art. 15 comma 5 del D.Lgs. n. 164/ 2000 ( 6 ). Tale articolo dopo aver previsto, ai fini della determinazione del rimborso, l'applicazione dei criteri di cui alle lettere a e b dell'art. 24 del regio decreto n. 2578/1925 specificava che restava sempre esclusa la valutazione del mancato profitto derivante dalla conclusione anticipata del rapporto di gestione (vale a dire la voce indicata alla lettera c del suddetto articolo). Orbene appare strano che il sistema normativo, dopo aver esplicitamente escluso tale riconoscimento, provveda ad introdurlo in modo surrettizio con una generosa remunerazione attraverso il meccanismo del VIR.

III. L'applicazione del rimborso in base alla RAB non può essere giustificata dall'esigenza di non gravare sulle tariffe.

3.1. La sentenza del TAR individua un'ulteriore ragione che dovrebbe limitare l'applicazione del VIR alle reti dei privati. Al riguardo si evidenzia che l'art. 24 comma 3 del D.lgs. n. 93 del 2011 nella determinazione della tariffa riconosce al gestore entrante la differenza tra il corrispettivo da questi versato al gestore uscente quale "prezzo" per l'acquisto della proprietà dei suoi impianti (il VIR) e il corrispondente valore considerato a fini tariffari dei medesimi cespiti (la RAB), il c.d. delta VIR/RAB.

La maggiorazione tariffaria si ripercuote sugli utenti che vedranno così crescere l'importo della bolletta; ebbene secondo i giudici il mancato remunerando gli enti locali con la RAB evita questa conseguenza.

Nondimeno non si comprende per quale ragione un siffatto, per altro apprezzabile, risultato debba essere raggiunto esclusivamente a spese degli enti pubblici territoriali. La loro matrice pubblicistica non fa venire meno il diritto/dovere a sostenere la valorizzazione del loro patrimonio. Laddove gli Enti pubblici locali fossero tenuti ad alienare reti di loro proprietà al valore corrispondente alla RAB, riceverebbero un trattamento differente (e, quasi nella totalità dei casi, peggiorativo) rispetto ad un gestore privato, in netto contrasto con il principio di eguaglianza sostanziale e formale sancito all'art. 3 della Costituzione; infatti nella tutela del loro patrimonio i soggetti pubblici e privati si trovano in situazioni equiparabili. Si deve oltretutto osservare che il modo di raggiungere il risparmio tariffario indicato in sentenza appare quanto meno curioso, infatti viene applicato ad un numero di casi, che per quanto significativo, è comunque decisamente minoritario. Se il legislatore avesse inteso conseguire un risparmio avrebbe più efficacemente applicato il principio al trasferimento delle reti dei privati.

Inoltre ci si chiede, sotto il profilo sistematico, se una così rilevante conseguenza possa fondarsi su una delibera assunta da un Autorità indipendente laddove regola un diverso contesto quale quello tariffario. In altri il mancato riconoscimento in tariffa di un costo non può vincolare la valutazione in ordine al regime proprietario delle reti.

IV. Una proposta interpretativa.

4.1. Può dunque concludersi che le argomentazioni avanzate dalla sentenza non paiono condivisibili.

Ciò detto rimane aperta la questione oggetto del presente scritto, e quindi occorre tornare al punto di partenza ed individuare la normativa da applicare in sede di interpretazione analogica.

4.2. Un primo argomento posto a sostegno dell'applicazione della RAB nasce dal rilievo che la valorizzazione a VIR degli impianti dei gestori costituisce una previsione di carattere derogatorio delle regole applicabili a regime che fanno invece riferimento alla RAB e quindi, trattandosi di una previsione applicata in situazioni limitate, non possono essere oggetto di applicazione analogica. Nondimeno non può sfuggire che la questione qui affrontata riguarda la valorizzazione di reti ed impianti degli enti locali al momento del primo passaggio, essendo pacifico che - a regime - anche per questi troverà applicazione la RAB, coerentemente alle reti dei privati.

Non può d'altro canto ignorarsi che la valorizzazione al VIR (per i gestori uscenti) è prevista al momento del passaggio dal sistema attuale, costituito da rapporti formatisi in assenza di una regolazione specifica e quindi caratterizzati da una notevole varietà, a quello delineato in modo analitico dal Decreto Letta (e dalle successive disposizioni). Passaggio indubbiamente rilevante visto che al fine di renderlo realizzabile in tempi ristretti (quanto meno sotto il profilo formale) è stata introdotta la normativa del periodo transitorio.

In altri termini non si rinviene tanto il rapporto tra una regolazione che potremmo definire "normale" ed una di carattere eccezionale, ma si ha una cesura temporale riferita al drastico mutare del complessivo sistema regolatorio. Cesura che, in conseguenza, delinea anche una diversa regolamentazione della remunerazione dei cespiti. In altri termini l'elemento distintivo è dato dal periodo di riferimento: sino alla prima gara si applica il VIR, dopo la RAB. Laddove questa fosse la ratio, non si comprende perché non la si possa riferire anche ai cespiti degli enti locali.

Queste conclusioni non vengono superate dal rilievo che la messa a disposizione di reti ed impianti comunali è remunerata, ai sensi dell'art. 8 comma 3 del D.M. n. 226/2011, con un canone calcolato in base alla RAB; posto che, in questo caso, ci si trova ad operare nel periodo successivo all'effettuazione della prima gara e quindi, coerentemente a quanto sopra osservato, deve trovare applicazione la remunerazione basata sulla RAB.

4.3. Un'ulteriore conferma a questa conclusione si ha dall'esame del combinato disposto degli articoli 5 comma 14 e 7 del DM 226/2011, che regolano l'ipotesi in cui una convenzione che garantiva al comune il riscatto gratuito di reti ed impianti non giunga alla sua naturale scadenza a fronte dell'applicazione delle disposizioni che regolano il periodo transitorio. In questi casi il riscatto diviene per il comune oneroso in relazione agli anni non ammortizzati e questo potrà decidere che i cespiti siano alienati in sede di gara dividendosi le somme incassate col gestore in base alla durata residua non goduta con la valutazione effettuata al VIR.

Ebbene appare quanto meno curioso che in questi casi per le stesse reti pubbliche sia prevista una diversa remunerazione a seconda che il rapporto venga o meno a scadenza anticipatamente.

4.4. Alla luce di quanto scritto sopra parrebbe applicabile la valorizzazione al VIR anche ai cespiti di competenza dei comuni.

Va nondimeno considerato che spesso sono le convenzioni vigenti a prevedere le modalità di rimborso al valore industriale, di modo che il riconoscimento del VIR ai concessionari uscenti potrebbe risultare una soluzione necessitata, ove si consideri che altrimenti si sarebbero posti dei problemi di compatibilità con la tutela del diritto di proprietà e degli investimenti privati prevista dall'art. 41 della Costituzione ( 7 ).

Questa argomentazione può essere utilizzata per circoscrivere l'applicazione del VIR solo all'alienazione delle reti di proprietà dei concessionari uscenti ed escluderla invece ai cespiti di proprietà comunale (diciamo che rappresenta una tesi opposta a quella sopra evidenziata).

Nondimeno questo ragionamento varrebbe solo ove la valorizzazione al VIR fosse riferibile alla sola presenza di disposizioni convenzionali che lo prevedano. In realtà questa è prevista in via generale e quindi si riferisce anche alle ipotesi nelle quali manchi il riferimento ad accordi convenzionali. Va poi considerato che le convenzioni in molti casi si limitano a prevedere l'applicazione del valore industriale ma non indicano come lo stesso debba essere calcolato e - prima dell'entrata in vigore del DM 226/2011 e delle Linee Giuda - nemmeno la normativa indicava quali fossero in concreto i criteri di valorizzazione e, a dare la concreta misura del rimborso, sono state appunto tali ulteriori disposizioni; con ciò comprimendo la rilevanza degli accordi vigenti.

4.5. Infine si prospetta un ulteriore argomento di valutazione: la circostanza che gli enti locali non siano parte di convenzioni volte a definire le modalità di rimborso non esclude che in capo ad essi si siano formate delle aspettative meritevoli di tutela. Infatti tali cespiti nel tempo sono stati - a seconda dei casi – costruiti/acquistati/riscattati a fronte di valutazioni di carattere economico che partivano dal valore industriale, mancando altre modalità. In conclusione, seppur nel dubbio conseguente alla mancata regolazione della materia, la valorizzazione a VIR appare la soluzione più congrua.

V. La novità normativa.

5.1. Nell'ambito del disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza del 2021 all'articolo 4 è stata, possiamo dire finalmente, prevista la regolazione della materia oggetto dell'odierna attenzione. La normativa interviene occupandosi della vendita di reti ed impianti appartenenti agli enti locali così superando il silenzio che, come visto, ha caratterizzato la materia sino ad ora.

Lo fa anzitutto prevedendo che le disposizioni di cui all'articolo 14 comma 8 del D. Lgs. n.164/2000 si applicano anche al trasferimento di reti ed impianti appartenenti a detti enti ed il richiamo al comma 8 fa ritenere che la vendita avvenga a valore di RAB. La novella prevede poi che in occasione delle gare per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas la cessione potrà avvenire in base al VIR. L'articolato non spicca per chiarezza, ma ragionevolmente deve essere interpretato nel senso che - in sede di prima gara - si considera il valore al VIR (come specificato alla lettera b ( 8 ) ) mentre in quelle successive si applicherà la RAB (come indicato alla lettera a tramite il richiamo all'art. 14 comma 8).

5.2. Inoltre il fatto che la regolazione in ordine ai cespiti degli enti locali viene completamente assimilata a quella dei cespiti dei concessionari uscenti trova conferma anche nella previsione del disegno di legge in base alla quale ARERA riconosce in tariffa il delta VIR RAB al concessionario che acquisterà i cespiti dagli enti pubblici (art. 4 lettera c del disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021).

5.3. Il sopra menzionato disegno di legge prevede infine l'applicazione dell'articolo 15 comma 5 del D. Lgs. 164/2000 con riferimento alla verifica degli scostamenti del valore di rimborso da parte di ARERA prima della pubblicazione del bando di gara e alle eventuali osservazioni. In questo caso non sarà possibile determinare il valore in contraddittorio tra gestore e comune come accade per le reti di privati, in ogni caso la valorizzazione sarà assoggettata al controllo dell'ARERA ( 9 ) .

5.4. Un ultimo spunto di riflessione, la disposizione che prevede l'applicazione della valorizzazione al VIR è riferita alle gare per l'affidamento del servizio di distribuzione e pertanto permane il dubbio per il caso in cui tali cespiti siano ceduti al di fuori di queste.

VI. Riflessione Conclusiva.

6.1. Dal momento in cui la norma si trasformerà in legge la materia sarà finalmente delineata e le argomentazioni qui sviluppate diverranno il ricordo di una situazione pregressa. Nondimeno si ritiene utile analizzare la problematica, anche al fine di evidenziare che la novella in questione appare ragionevolmente inserita nel preesistente contesto normativo, definendo in modo formale una situazione comunque delineabile in base alle disposizioni vigenti. Circostanza che dovrebbe preservarla dalle critiche di legittimità costituzionale che spesso accompagnano l'introduzione di norme che possono avere un'importante ricaduta di carattere economico.

Note:

1 Gara di cui il comune stesso è stazione appaltante.

2 O le società patrimoniali delle reti.

3 A dire il vero, anche se si ritenesse applicabile l'interpretazione estensiva (in quanto la distinzione tra le due figure non è sempre evidente) i risultati del ragionamento non mutano.

4 Così come non ha considerato la sorte delle reti che non siano di proprietà né del gestore né degli enti locali.

5 O comunque di carattere sistemico.
6 Oltretutto in essere al momento dell'entrata in vigore del DM 226/2011 che ha regolato la remunerazione secondo il VIR

7 O comunque di carattere sistemico. Oltretutto in essere al momento dell'entrata in vigore del DM 226/2011 che ha regolato la remunerazione secondo il VIR

8 O comunque di carattere sistemico.

9 Oltretutto in essere al momento dell'entrata in vigore del DM 226/2011 che ha regolato la remunerazione secondo il VIR

*a cura dell' Avv. Sergio Cesare Cereda Partner dello Studio Legale Radice, Cereda e Associati, Milano.

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