Giustizia

Un decreto urgente per attuare il Codice dei crimini di guerra

di Patrizia Maciocchi

Una corsa contro il tempo per un decreto legge che renda operativo il nuovo Codice dei crimini internazionali (si veda il Sole 24 Ore del 22 giugno 2022) in modo da poter raccogliere le testimonianze dei profughi ucraini in Italia sui crimini ai quali hanno assistito in patria.

Il governo Draghi sta valutando un provvedimento d’urgenza proposto da tre ministri, Di Maio, Cartabia e Guerini, per superare l’attuale impossibilità giuridica per procure e forze di polizia di ascoltare i racconti di chi è fuggito dalla guerra, con il rischio di perdere fonti di prova preziose per la Corte penale internazionale.

Il Consiglio europeo ed Eurojust hanno chiesto alle procure di tutti gli Stati di collaborare alle indagini ma l’Italia non può farlo, unico fra i grandi Paesi. È questo a rendere così urgente l'intervento del Governo, auspicabile prima dello stop estivo, ancora più che il ritardo venticinquennale dell’Italia, paradossale perché proprio a Roma fu sottoscritto lo Statuto che ha istituito la Corte. Convinto dell’urgenza anche Fausto Pocar, ex presidente del tribunale per l’ex Jugoslavia che, con il professor Francesco Palazzo, ha presieduto il pool di super esperti che ha redatto il Codice voluto dalla ministra Cartabia. «Una rapida entrata in vigore del Codice è essenziale per permettere ai giudici italiani di perseguire i crimini previsti dallo Statuto della Corte.

Così potrà funzionare correttamente il principio di complementarità, che prevede la priorità delle giurisdizioni nazionali rispetto a quella della Corte stessa».

In attesa di un semaforo verde, è di mercoledì scorso il via libera alla mozione del Senato - chiesta con forza dalle senatrici Valeria Fedeli ed Emma Bonino - che impegna il Governo a sostenere la Corte penale internazionale su quattro punti. Ad iniziare dal riconoscimento dello stupro come atto genocidiario. Ma su questo il Codice ha fatto di più perché punisce come genocidio la costrizione ad atti sessuali che offendono la libertà e la dignità delle vittime al fine di distruggere un gruppo protetto. Come promesso dal presidente Draghi alla Corte dell’Aja presto saranno distaccati investigatori, poliziotti, carabinieri, militari e polizia penitenziaria. Dopo dal ministero della Giustizia potrebbero arrivare dei giuristi per sostenere il lavoro dei giudici. Lieviteranno anche i contributi finanziari, già aumentati lo scorso anno grazie all’impegno della Farnesina e dell’Ambasciata italiana all’Aja. L’Italia è già il quinto paese contributore. Ma a mettere il Paese all’avanguardia sarà l’introduzione nel Codice del crimine di genocidio culturale per punire le condotte - detenzioni, deportazioni, sorveglianze di massa, divieti di professare il proprio credo o usare la propria lingua - finalizzate a cancellare violentemente i caratteri culturali delle minoranze in modo da assimilarle forzatamente ai gruppi dominanti. La tutela più avanzata al mondo dei diritti e delle diversità.

Alla Corte penale internazionale sono oggi in corso 17 indagini, la più recente sui crimini di guerra, contro l’umanità e genocidio commessi da ogni parte in territorio Ucraino dal 2014. Un procedimento difficilissimo aperto il 2 marzo scorso su richiesta di 43 Stati, Italia compresa. Segnala l’imprescindibilità del Codice Rosario Aitala, che alla Corte presiede il collegio istruttorio e fa parte della Commissione che si è occupata della stesura: «Il Codice ha un significato pratico ma anche un valore simbolico – afferma il Giudice – è uno strumento di pace e giustizia che esprime valori radicati nella storia e nella coscienza collettiva del Paese».

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