Professione e Mercato

Avvocati protagonisti nell’attrattività degli investimenti esteri

di Elena Pasquini

Vantaggi competitivi, sostenibilità maggiorata, creazione di valore a lungo termine. Tre motivazioni alla base di una tendenza di mercato che utilizza logiche transnazionali per ottenere integrazione e internazionalizzazione. Un'opzione, quella di aprirsi agli investimenti esteri, che trova nel dato demografico dei capitani d'azienda italiani una delle sue motivazioni. Con qualche criticità in più, costituita dal coacervo di norme volte, alla trasparenza delle operazioni, introdotte nell'ultimo periodo.

«Un passaggio generazionale ordinato, ben calibrato e pianificato avviene senza traumi» chiarisce subito Luigi Belluzzo, presidente di STEP Italy (Society of Trust and Estate Practitioners): «Quando è orientato a mantenere il controllo alle generazioni successive lo spazio per gli investimenti stranieri è molto basso, nella mia esperienza: Molto meglio la leva finanziaria». «Diverso il caso dell'imprenditore che fa fatica a pensare un passaggio generazionale in continuità – continua - In questo momento c'è moltissima liquidità alla ricerca d'impiego: tantissimi fondi stanno aspettando di acquisire il controllo delle medie imprese italiane per svilupparle».

Investimenti stranieri - A dare i numeri su questo fenomeno ci pensa la ricerca commissionata da Hogan Lovells alla School of Management del Politecnico di Milano sugli investimenti internazionali in Italia nel triennio 2013-2016 nel segmento imprenditoriale con fatturato fra 50 e 500 milioni di euro.

«Le imprese italiane attraggono gli investitori stranieri e possono così beneficiare di capitali esteri per diversificare l'offerta di prodotti e servizi e per crescere oltreconfine» sottolinea l'analisi che ha messo sotto la lente d'ingrandimento 225 transazioni e altrettante aziende che hanno cambiato l'assetto societario con l'ingresso di almeno un investitore estero, per lo più proveniente da Usa, Regno Unito, Francia (da qui arriva l'84% del valore totale dei deal conclusi).

Il numero delle operazioni è passato da 42 nel 2013 a 70 nel 2016, escludendo le acquisizioni di società in dissesto finanziario o in amministrazioni straordinaria, ritenute poco significative a livello statistico. Nel quadriennio sono stati investiti 29 miliardi di euro, con un valore medio delle operazioni di circa 266 milioni di euro.
«Gli investimenti esteri portano un triplice beneficio - ha commentato Luca Picone, Country Managing Partner di Hogan Lovells Italia – Per i venditori, che di prassi vendono a valori importanti (con un multiplo medio di termini di EV/EBITDA ben superiore a quello per operazioni “domestiche”); per chi acquista, che può far leva sull'eccellenza italiana per diversificare e internazionalizzare; per la stessa società target, che, grazie ai nuovi capitali, agli investimenti, all'apertura a nuovi mercati e a volte anche grazie all'ingresso di un nuovo management, incrementa le opportunità di crescita e, quindi, il proprio valore».

Passaggio generazionale - L'incremento del numero di compravendite da parte di investitori esteri ha tra i motivi anche la questione generazionale. «Alcuni studi economici sulla realtà imprenditoriale italiana ci dicono che circa il 47% delle aziende italiane è guidato da una generazione di ultrasessantenni e questo ci porrà a breve dinanzi alla necessità di affrontare un cambio generazionale su un'importante quota del tessuto economico» ragiona Leah Dunlop, a capo del dipartimento Corporate M&A di Hogan Lovells Italia.
Il professionista legale deve saper allora indossare i panni del «business partner dell'investitore o della società, nell'individuare i rischi e le opportunità, gestendole opportunamente e velocemente», spiega l'avvocato Dunlop.

Una partnership - «L'avvocato nella fase di valutazione deve fare uno studio approfondito dei soggetti interessati al passaggio generazionale e dell'attività imprenditoriale svolta dalla società e/o dal gruppo di società oggetto della possibile operazione» le fa eco Giuseppe Lombardi, name partner di Lombardi Segni Associati che ha creato a maggio un team dedicato alla materia. «Occorre in particolare capire se, ed entro quali limiti, è possibile varare una soluzione che assicuri il passaggio generazionale senza compromettere la gestione dell'azienda e il suo sviluppo»
«La materia è complicata, bisogna entrare nella stanza dei bottoni; a volte, addirittura crearla» afferma Belluzzo sottolineando che nelle imprese questo tema di creazione della governance generazionale è sentito ed è oggetto di specifica richiesta consulenziale.

L'opzione cessione - «Qualora la soluzione accettata dall'imprenditore consista nell'aprirsi a investimenti esterni, occorre prioritariamente accertare se la società ha presidi di governance interni idonei e già organizzati o meno (internal audit, società di revisione, ecc.) e se e in che modo l'investitore esterno può portare un contributo significativo all'assetto organizzativo. Occorre poi distinguere, se cioè si tratta di investitore finanziario o industriale» continua Lombardi.
«Vi sono alcuni aspetti molto delicati e peculiari in queste operazioni di M&A» spiega l'avvocato Picone. In primo luogo di tipo “culturale”, legato a tematiche che possono risultare nuove all'imprenditore: «Tutto ciò implica un importante lavoro di “traduzione” e “semplificazione” di istituti giuridici; lavoro nel quale l'avvocato svolge un ruolo chiave». Va anche gestito il legame con l'azienda e con i dipendenti, a volte oggetto di «una visione quasi paternalistica», rispetto alla quale va trasmesso all'acquirente quelle «eventuali “attenzioni” e “protezioni” della forza lavoro, in risposta ad esigenze del venditore».

L'indicazione delle coordinate - «Essenziale la mappatura dei rischi e delle opportunità nel passaggio di gestione. La chiarezza delle informazioni, l'analisi dei rischi di tutta la catena produttiva e distributiva, le regolamentazioni dei diversi settori e Paesi, le norme antiriciclaggio sono solo alcuni degli aspetti che una società, e quindi il legale di riferimento, devono considerare ed esaminare. Dimostrare non solo di conoscere i rischi ma anche di saperli gestire in qualsiasi situazione è di fondamentale importanza per valutare come una società è gestita – spiega Leah Dunplop -. In questo scenario il CFO ricopre un ruolo chiave nella conoscenza della società sia a livello economico che gestionale».
Tutto questo conferma che «siamo di fronte a un cambio generazionale anche in chi fa questa professione e nei clienti che chiedono la nostra consulenza, perché temi come la reputazione oggi sono centrali», chiosa Luigi Belluzzo. «Le norme che sono state introdotte nell'ultimo periodo – dall'antiriciclaggio alla trasparenza alla normativa FACTA – hanno avuto il merito di eliminare dal mercato soggetti che non avevano “né arte né parte” ma hanno necessità di entrare a regime. Gli adempimenti che hanno introdotto spesso non sono percepibili dal cliente né per la loro quantità né per la qualità di anticipare la risoluzione di problemi futuri, soprattutto nell'ottica dei passaggi generazionali di patrimoni articolati».

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