Professione e Mercato

L'avvertimento all'avvocato vale come sanzione

Il Cnf chiarisce che l'avvertimento è una sanzione disciplinare e non una semplice misura correttiva, per cui la decisione che la irroga va regolarmente notificata ai fini della comunicazione formale del provvedimento e della decorrenza del termine di impugnazione

di Marina Crisafi

iL’avvertimento non è una semplice misura correttiva sfornita di carattere sanzionatorio ma una vera e propria sanzione disciplinare. Lo ha precisato il Consiglio nazionale forenze con sentenza n. 158/2022, in risposta al ricorso presentato da un avvocato avverso la decisione del Coa di Ascoli Piceno che gli aveva inflitto la sanzione disciplinare dell’avvertimento.

La vicenda

La vicenda originava da un esposto, in cui un ex cliente riferiva all’ordine di aver rivolto mandato a un legale al fine di ricevere assistenza in materia di sinistro stradale. Espletato il mandato, l’uomo si recava presso lo studio del legale per saldare le sue competenze, ivi reperendo un altro avvocato al quale consegnava il relativo assegno bancario. In seguito, tuttavia, l’esponente apprendeva che quest’ultimo aveva inserito arbitrariamente il proprio nominativo sull’assegno, benché il titolo fosse stato consegnato a pagamento di quanto dovuto al primo avvocato. Questi pretendeva le somme di sua spettanza e, nonostante l’uomo avesse corrisposto quanto richiesto, avviava azioni legali, provvedendo al pignoramento del quinto dello stipendio dell’esponente e all’instaurazione di un giudizio civile.

A seguito dell’esposto ricevuto, il Coa di Ascoli Piceno apriva un procedimento disciplinare contro l’avvocato, incolpato «per aver violato l’art. 6 del codice deontologico non mantenendo nell’attività professionale la lealtà e la correttezza ivi previste e l’art. 7 per aver posto in essere atti contrari all’interesse del proprio assistito».

Nel corso del dibattimento, l’avvocato avanzava le proprie difese, precisando di essersi sempre comportato in maniera corretta e dichiarandosi pronto a corrispondere all’esponente le somme che quest’ultimo riteneva di aver versato in eccesso rispetto a quanto dovuto.

Il Coa, rilevata la rilevanza deontologica del comportamento dell’incolpato, considerata l’assenza di precedenti e la disponibilità alla restituzione delle somme, irrogava nei confronti dell’incolpato la sanzione dell’avvertimento.

Il ricorso

Il legale, però, non ci stava e ricorreva al Cnf chiedendo la revoca della sanzione irrogata, ribadendo la correttezza del proprio operato e deducendo l’illegittimità della decisione del Coa, siccome priva di motivazione. Tale omissione, a suo dire, «incomprensibile, stante la gravità delle accuse mosse a suo carico - avrebbe impedito al ricorrente di difendersi opportunamente, non riuscendo egli a comprendere per quale motivo gli venivano contestate le predette violazioni».

Da ultimo, il ricorrente eccepiva l’estinzione dell’azione disciplinare per intervenuta prescrizione, come previsto dall’articolo 56 della legge 247/2012.

La decisione

Per il Cnf, «l’avvertimento costituisce una sanzione disciplinare e non una semplice misura correttiva sfornita di carattere sanzionatorio. Pertanto, la decisione che la irroga, come qualsiasi altra decisione disciplinare, deve essere notificata sia ai fini della comunicazione formale del provvedimento che per la decorrenza del termine di impugnazione».

Per cui ha ragione il legale a lamentare la mancata notifica del provvedimento nelle forme di legge e insistendo sulla tempestività della relativa impugnativa.

Tuttavia, l’esame del merito delle doglianze formulate risulta precluso, conclude il Consiglio, dall’intervenuta prescrizione dell’azione disciplinare (sebbene ex articolo 51 del Rd n. 1578/1933 e non ex articolo 56 della legge n. 247/2012 come dedotto dallo stesso avvocato), il cui accoglimento ha efficacia assorbente di tutte le altre questioni.

Da qui, l’estinzione dell’azione disciplinare e la contestuale inefficacia della sanzione dell’avvertimento.

 

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